Elogio (graduale) della follia

Il grande Enzo Biagi citava spesso un aneddoto in cui una madre premurosa e perbenista, di fronte alla giovanissima e nubile figlia incinta, ammette con la gente: “Sì, è incinta, ma solo un pochettino…”.

Ebbene il governo italiano aumenterà le spese militari, ma con gradualità: l’obiettivo del 2% del Pil è stato rinviato di quattro anni al 2028. Draghi recupera la fiducia del M5S sulla base dello slittamento della scadenza proposto dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini.

L’esecutivo cominciava a scricchiolare, “non intendiamo fare passi indietro” sul no all’aumento delle spese militari entro il 2024, prometteva Giuseppe Conte. Alla fine il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, sia per conto del Pd che per quello del governo, si fa carico di indicare una mediazione. L’aumento concordato nel 2014 con la Nato, arrivando cioè al 2 per cento del Pil, slitterà al 2028. La folle corsa agli armamenti viene solo diluita nel tempo.

Il solito compromesso all’italiana con una mediazione ai livelli più bassi. Si dirà: meglio di niente. Non sono d’accordo. Su un argomento di tale portata ognuno si doveva prendere le proprie responsabilità a costo di mettere in discussione, non necessariamente in crisi, il governo. Andare in crisi su un simile argomento mi sembra quasi doveroso, una crisi di coscienza prima che politica. Invece proseguirà l’equivoco: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Sì, ma intanto prepara le armi per fare la guerra. Difensiva? Vai a capire quando una guerra è difensiva…

Tutto il male etico non viene per nuocere: si sono infatti scoperti gli altarini della querelle politica. Il M5S, con il suo improvvisato leader Giuseppe Conte, ha fatto la faccia dura solo ed esclusivamente per recuperare un po’ di credibilità nei confronti di un elettorato ormai piuttosto gracile e disorientato ed anche per trovare un minimo di unità all’interno della propria armata Brancaleone. È bastata una piccolissima minaccia di Draghi a far rientrare tutto.

Il partito democratico è ormai smidollato (“guardate la faccia di Enrico Letta”, direbbe il grande Indro Montanelli) e appiattito sullo status quo: ha solo ed esclusivamente la preoccupazione di salvare Draghi e il suo governo, anche se facesse cose dell’altro mondo. Il M5S è un partito (?) di lotta e di governo e, come tale, sbanda in continuazione; il Pd è un partito di governo e chissenefrega della lotta, della piazza, della gente, delle spese militari, della pace etc. etc. Gli altri attori politici non meritano nemmeno di essere presi in considerazione, salvo qualche rara eccezione che conferma la regola.

Una drammatica occasione sprecata per arrivare a quei contenuti, che tutti dicono di voler privilegiare. Sono tutti rimasti inchiodati al pur onorevole e rispettabile nastro di partenza draghiano. Di questa corsa tuttavia non si vede il traguardo.

Era la volta buona per essere veramente europeisti e non solo filo-atlantici, per puntare ad un concetto di difesa europea, che dovrebbe fare risparmiare risorse e non richiederne delle nuove, per guardare ad un esercito europeo che desse una bella sforbiciata agli eserciti nazionali, alle loro inefficienze ed ai loro sperperi.

Per l’ennesima volta dell’Europa non frega niente a nessuno: tutti, più o meno, hanno preoccupazioni elettorali e fanno credere di avere il controllo della situazione con le armi. In fin dei conti dell’Ucraina e di eventuali future Ucraine non frega niente a nessuno. Non c’è nessun esponente politico che abbia un minimo di visione a lungo termine. Nessun statista! Meglio ripiegare su statisti al telefono. È una pena! Non so sinceramente se essere più addolorato per il disastro umano dell’Ucraina o per il disastro politico interno ed internazionale. Non sono mai stato un integralista cattolico, ma in questo momento mi attacco alla candida veste di papa Francesco.