Un tono alto per una musica debole

La situazione politica si sta sempre più ingarbugliando e drammatizzando, a difficoltà si sovrappone difficoltà, le crisi si susseguono, le emergenze rientrano ormai tragicamente nella normalità. A questa obiettiva crescente, oserei dire straripante, problematicità fa riscontro una fastidiosa debolezza dei governanti che brancolano nel buio. Vale più o meno per tutti i Paesi, ma ciò non dà consolazione al nostro.

Non intendo personalizzare troppo la questione, ma l’azione del presidente Draghi e del suo governo comincia a mostrare la corda. In questi giorni l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) ha bacchettato la Ue (Italia inclusa) per le misure anti contagio tolte troppo presto. Sotto la lente l’effetto che si osserva “in quei Paesi che stanno allentando le restrizioni in maniera brutale. Da troppo a troppo poco”. Fra i Paesi in cui si registra un aumento ci sono “l’Italia, il Regno Unito, la Francia e la Germania”. Il Dg Oms Europa Kluge: “Quello che vediamo è che 18 Paesi su 53 della nostra Regione europea hanno visto un aumento di Covid-19 nella scorsa settimana, mentre la mortalità sta ancora diminuendo”.

Non torno su questo argomento: anche un cieco (non era necessario scomodare l’Oms) ha visto che si stanno facendo errori per spianare la strada alla ripresa economica col rischio di tornare indietro e di dover reintrodurre limitazioni (il che sarebbe oltre modo grave ed al limite dell’impossibile). Troppo semplicistica ed economicistica la visione draghiana del post (?) pandemia, che non tiene conto del contesto generale in cui viviamo e di tutti i rischi che corriamo.

Vado invece sul discorso dell’invasione dell’Ucraina. Il nostro premier sta esagerando, qualcuno arriva a sostenere che sia più filo-ucraino e anti-russo di Zelensky: è la maliziosa ed un tantino esagerata osservazione fatta da alcuni, mettendo a confronto gli interventi di Zelensky e dello stesso Draghi durante la medesima seduta parlamentare. Sono andato a rileggermi i testi integrali di questi discorsi. Quello di Zelensky è stato probabilmente e preventivamente sciacquato dagli ambasciatori e dai diplomatici; qualcuno pensa addirittura ai miti consigli di papa Francesco al telefono con lui prima della performance in video conferenza al Parlamento. Non ho trovato svarioni da parte del nostro premier (pensiamo alle avance berlusconiane verso Putin, ai riconoscimenti salviniani nei confronti del leader del Cremlino e altre robe imbarazzanti del passato), ma una certa imprudenza. Troppo spinta e prematura la promessa di sostenere l’ingresso dell’Ucraina nella Ue, troppo insistente e impegnativo l’impegno a fornire aiuti militari, troppo debole l’impegno diplomatico. Al di là dei contenuti è il tono che sorprende e va oltre il comune sentire dei cittadini italiani ai quali preme aiutare gli ucraini, ma preme anche puntare sulla strada di accordi di pace o almeno di cessate il fuoco (le due cose non sono peraltro in contrasto). Mi sono chiesto perché Draghi si sbilanci tanto: lo fa per conquistare e/o consolidare  all’Italia e a se stesso un ruolo da protagonista in Europa, lo fa per ragioni squisitamente umanitarie (fino a un certo punto, perché il papa, volenti o nolenti, lo ha bacchettato al riguardo), lo fa per mancanza di senso politico e di visione strategica (carenza che lo porta ad essere stranamente imprudente), lo fa per rafforzare la sua leadership a livello nazionale mettendo così a tacere dubbi e perplessità a livello dei partiti e della pubblica opinione? Sarei curioso di sapere cosa pensi al riguardo Sergio Mattarella, che mi appare piuttosto appannato e defilato anche se culturalmente e politicamente assai più attrezzato di Draghi (hanno voluto ripescarlo nonostante la sua motivata ritrosia…).

Anche sulle ripercussioni economico-sociale delle sanzioni e della chiusura dei canali commerciali con la Russia Draghi sconta una pur comprensibile genericità, accompagnata dalla mancanza di seri impegni a sostegno di un’economia che sta facendo il bis delle difficoltà (sta diluviando sul bagnato e l’ombrello draghiano deve aprirsi). In questo campo egli dovrebbe giocare in casa, ma lo vedo molto sfuggente e credo che così cominci a percepirlo anche parecchia gente, soprattutto gli operatori economici e i lavoratori che rischiano le proprie aziende e il proprio posto di lavoro.

Finora è stato (quasi) vietato criticare Mario Draghi: troppo grande il timore che se ne potesse andare, troppo grande il desiderio di legare l’asino dove vuole il pur autorevole e competente padrone. L’aria sta cambiando di fronte al venticello delle manchevolezze del premier a livello politico. In un suo recente intervento in Parlamento ha fatto riferimento alla figura di Alcide De Gasperi: forse era meglio che non lo facesse, perché immediatamente ne è scaturito un confronto per lui impietoso.

Mi auguro si tratti più di sensazioni che di elementi concreti, anche perché tanta fiducia avevo riposto nella sua discesa in campo. Sono onesto: forse pretendo troppo, forse sono frastornato dai media, forse sono preoccupato al limite della disperazione. Mentre Angela Merkel se ne sta fuori dalla mischia, Draghi è fin troppo immischiato. È anche molto solo, pur avendo finora usufruito della benevolenza dei media e della gente. A volte mi chiedo cosa succederebbe se certi errori draghiani li commettesse un altro personaggio della politica italiana: li avrebbe tutti addosso a picchiare duro. Non confondiamo la fiducia con gli sconti. “La fiducia è una cosa seria e si dà alle cose serie”, diceva un noto messaggio pubblicitario del passato. Vale per le cose ed ancor più per le persone. Draghi indubbiamente la merita. Quanto agli sconti, sappia che in politica non si fanno e lui, volenti o nolenti è un politico e oltre tutto da lui ci si aspetta molto e quindi non si è portati all’indulgenza.