C’era un tale che, fra il serio ed il faceto, sosteneva: “Par mi lavorär l’é un detersìv”. Con un simpatico strafalcione intendeva dire che il lavoro non gli pesava più di tanto, era quasi un diversivo, vai a capire se il perché fosse dovuto alla leggerezza quantitativa e qualitativa della sua professione oppure alla sua forte tempra esistenziale.
Ed eccoci alle prese con un altolocato “diversivo” parlamentare. Come scrive Carlo Bertini su La Stampa, si è venuto a creare un corto circuito in materia di legge elettorale. “Il centrodestra (ovvero Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia) non vuole rischiare un cambio della legge elettorale in senso proporzionale prima di vedere come andranno a finire le elezioni amministrative di fine maggio. Quindi tutto fermo fino a nuovo ordine e possibilmente anche dopo. Questa è l’aria dopo un voto in commissione su una norma per uniformare le circoscrizioni di Camera e Senato passata solo con i voti giallorossi. «Una riforma che non avvantaggia nessuno», si infervora il relatore Federico Fornaro di Leu. «E che non prelude a nulla, anche se loro si sono intestarditi che potrebbe preludere al proporzionale», gli fa eco il costituzionalista dem, Stefano Ceccanti.
Ma prima di vedere i numeri che usciranno dalle urne di primavera, il blocco dei partiti di destra non vuole innescare un percorso verso un sistema proporzionale, che consenta ad ognuno di correre per conto suo. Rinunciando al vantaggio delle coalizioni forzate indotte dal sistema attuale, il rosatellum, che favorirebbe la vittoria di candidati del centrodestra in un terzo dei collegi.
Lo stop ad una nuova legge elettorale è infatti l’esito del voto in commissione Affari Costituzionali della Camera su una riforma per evitare maggioranze diverse nelle due Camere. Passata con i voti di Pd, 5stelle, Leu e Iv, ma senza quelli di Lega, Fdi, Fi e Ci. Un obiettivo semplice e chiaro, su cui dovrebbero essere tutti d’accordo, visto che da vent’anni si governa con larghe maggioranze alla Camera e si balla sulle uova a Palazzo Madama. Berlusconi ebbe questo problema, così come Prodi, che cadde nel 2008 per un pugno di voti al Senato, grazie ai cambi di casacca di pochi transfughi passati nelle fila della destra. Idem avviene oggi, dove al Senato ai tempi del Conte 2 la ex maggioranza giallorossa si reggeva sulle stampelle, così come la maggioranza gialloverde del Conte 1 con Salvini e Di Maio vicepremier.
Ma questa riforma non garba a tutti. Eccola: il primo comma dell’articolo 57 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Il Senato della Repubblica è eletto su base circoscrizionale». Quindi non più regionale, per evitare, come spesso avvenuto, maggioranze diverse nei due rami del Parlamento. Una modifica concordata dai giallorossi ai tempi del governo Conte due, per bilanciare gli effetti del taglio dei parlamentari.
Questa spaccatura destra-sinistra, che si ricostituirà in aula, bloccherà il percorso di una riforma che richiede quattro letture in Parlamento e una maggioranza di due terzi per evitare un referendum confermativo. Già i renziani si sfilano: “Sulle riforme costituzionali bisogna superare il metodo degli interventi singoli e chirurgici”, dice Marco di Maio. “Serve una visione d’insieme, che deve costruire prioritariamente la maggioranza politica che sostiene Draghi”.
La sinistra però contesta la lettura secondo cui rendere uniformi i collegi delle due camere induce una riforma in senso proporzionale. «E’ una norma pensata per consentire di avere una legge simile tra Camera e Senato – spiega Fornaro – anche alla luce del fatto che ora l’elettorato attivo è uguale, potendo votare i 18 anni anche per il Senato». Quindi, anche se passasse questa norma, il Parlamento potrebbe poi approvare anche una legge elettorale con soglia di sbarramento nazionale, con un eventuale premio nazionale e con un recupero dei resti a livello nazionale. «Il che non favorisce destra o sinistra ma può consentire di porre fine a un problema sistemico, ovvero che gli elettori, esprimendosi nello stesso giorno per Camera e Senato, in una producono una maggioranza e nell’altro ramo no»”.
Ho forse abbondato nella citazione, ma ho così inteso rendere ancor meglio l’idea di una vicenda che rischia di retrocedere i rappresentanti del popolo ad una schiera di azzeccagarbugli impegnati a difendere i loro posti e gli spazi dei loro partiti.
Come più volte scritto, non ho grande attenzione e considerazione per i meccanismi ed i tecnicismi elettorali: mi sono sempre sembrati comodo rifugio per l’incapacità politica dei partiti alla ricerca di combinazioni avulse dal loro effettivo consenso popolare. Ancor più oggi con le arie che tirano. Scontrarsi sulla nuova legge elettorale col rischio magari di spaccare la maggioranza che sostiene l’attuale governo e di mettere in crisi il governo stesso mi sembra decisamente una fuga dalla realtà per cavalcare una questione minore rispetto alla gravità dei problemi che il Paese e il mondo intero stanno vivendo.
Ho la netta impressione che si stia parlando del “sesso elettorale” di Camera e Senato, mentre i Russi stanno per espugnare l’Ucraina. Riprendo la battuta da cui sono partito. Forse per i parlamentari legiferare è un diversivo, o ancor meglio un detersivo per lavare le loro inadeguatezze politiche? Pensate un po’ cosa fregherà agli italiani di “rosatellum”, di base circoscrizionale o regionale su cui eleggere il Senato, di sistema elettorale proporzionale o maggioritario in un momento storico in cui il mondo traballa sotto i colpi della pandemia e della guerra.
So benissimo che la legge elettorale può avere un rilievo democratico e un’importanza per la ricerca degli equilibri politici da cui una democrazia seria non può prescindere, ma a tutto c’è un limite dettato dal buonsenso. Sarebbe come se nel bel mezzo di una bufera che rischia di buttare all’aria la casa ci si mettese a discutere se sia il caso di cambiare i serramenti e/o i sanitari. Possibile che i parlamentari non capiscano che così facendo si allontanano sempre più dall’umore e dalla sensibilità della gente? Evidentemente non è bastata la pagliacciata in funzione quirinalizia a farli ravvedere. Ci sarà bisogno di un bagno rigenerativo col timore che da questo lavaggio con detersivi piuttosto aggressivi possa uscire malridotta la democrazia assieme ai suoi rappresentanti in Parlamento. Speriamo di non doverlo ribattezzare “pirlamento”, come ho sentito dire a margine di una lucida e spietata analisi politica formulata da una simpatica anziana signora.