La raccolta dei “bricioloni” putiniani

Il 24 febbraio scorso su alcuni organi di stampa è apparsa una notizia che al sottoscritto è passata (colpevolmente) inosservata. Tento di correre ai ripari riportando integralmente quanto scritto su La Repubblica.

“Matteo Renzi ha abbandonato il consiglio di Delimobil, azienda russa di car sharing fondata dall’imprenditore italiano Vincenzo Trani. Lo ha riferito per primo il quotidiano economico inglese Financial Times. La notizia è poi stata confermata dallo staff dell’ex primo ministro. Renzi era entrato a far parte della dirigenza l’anno scorso, in vista di una quotazione di Delimobil sul mercato americano, poi congelata a causa delle tensioni fra Mosca e Washington. La società ha 7,4 milioni di utenti registrati e opera in 11 città della Russia.

La scelta di Renzi è stata presa in risposta all’invasione russa dell’Ucraina. Il senatore leader di Italia Viva, prosegue il giornale britannico, ha inviato una mail ai direttori di Delimobil per comunicare le sue dimissioni con effetto immediato. Trani è il direttore della Camera di commercio italo-russa. 

La stessa mossa è stata fatta dall’ex primo ministro finlandese Esko Aho, che ha abbandonato il board della più grande banca russa, Sberbank. Aho era membro del consiglio di supervisione dell’istituto. “Oggi ho intrapreso le misure necessarie per abbandonare il board” ha confermato ai media del suo paese. 

Fra gli altri leader europei che occupano posizioni di rilievo nelle società russe c’è Gerhard Schröder, ex cancelliere tedesco, che è membro del board della compagnia petrolifera di stato Rosneft ed è stato scelto per entrare in quello di Gazprom. François Fillon, ex primo ministro francese, siede nel consiglio del gruppo petrolchimico Sibur. L’italiano Ernesto Ferlenghi, rappresentante di Eni in Russia, fa parte del board di Federal Grid, gestore della rete elettrica russa”.

Non intendo fare dello scandalismo anche perché ormai affari e politica sono normalmente intrecciati e quindi non sorprendono le notizie al riguardo. Non penso nemmeno sia il caso di fare del moralismo più o meno spicciolo: non sono infatti un moralista verso me stesso e verso gli altri, politici compresi. Il ragionamento che voglio impostare è un altro.

Mi chiedo quale credibilità abbia l’Occidente nello stracciarsi le vesti di fronte all’invasione dell’Ucraina da parte di un personaggio del quale non si è esitato a recarsi alla corte? Le storiche malefatte di Putin erano arcinote, ciononostante lo si considerava un interlocutore a livello statuale e personale. Si sapeva benissimo che il suo impero economico era di carattere mafioso, ciononostante si era pronti a raccogliere qualche “briciolone” che cadeva dalla tavola del ricco epulone.

Mi si dirà che tutto rientra nella realpolitik e che il tempismo perfetto con cui ci si è ritirati salva tutto. Non ne sono convinto e soprattutto chi tira le fila della realpolitik deve essere all’altezza della situazione ed essere dotato di un’abilità “diabolica” per sottrarsi ai pericoli del coinvolgimento in una delinquenziale tela del ragno russo.

Ecco perché non mi commuovono e coinvolgono più di tanto le strumentali filippiche del giorno dopo. Improvvisamente Putin è diventato inaffidabile. Qualcuno sostiene che sia impazzito. Mio padre non poteva concepire la pazzia in soggetti razionalmente esecutori di delitti: usano il coltello con lama ben affilata, inscenano strane vicende per crearsi un alibi, hanno una freddezza incredibile. Concedeva la follia soltanto a quel tale che aveva divorato il contenuto di dieci scatole di lucido da scarpe. «Col l’è mat dabón» diceva con assoluta convinzione.  Ebbene non mi risulta che Putin abbia un simile approccio col lucido da scarpe.

Per il futuro sarà bene stare un po’ più attenti nei rapporti internazionali, per il passato sarà necessario fare un esame di coscienza, per il presente occorrerà riparare i danni che nel frattempo sono diventati irreparabili. Non vorrei, come ho già scritto tra il serio ed il faceto, che questi comportamenti spregiudicati del passato diventassero armi di ricatto nelle mani putiniane. Sarebbe ancor più difficile prendere decisioni oculate e serie in politica estera. Forse è tardi, anche se non è mai troppo tardi.