La caduta di braccia, braghe e …

Nell’aula del Senato, giovedì 29 ottobre, il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha reso un’informativa sui decreti, recanti ulteriori misure per contrastare l’epidemia da COVID-19 e i cosiddetti ristori per i soggetti colpiti dalle restrizioni imposte dal governo. Ho seguito la diretta Rai del successivo dibattito, che ha visto l’intervento di parecchi esponenti politici.

Sono partito con un certo, colpevole ma comprensibile, scetticismo, superato ben presto dal tenore dei pur brevi discorsi: la diffidenza si è trasformato in attenzione e via via addirittura in emozione per non dire commozione. Ero solo, ma sussurravo: checché se ne dica, questa è la democrazia. Queste signore e signori sono i miei rappresentanti ed io li devo ascoltare.

Penso che anche i senatori intervenuti fossero piuttosto emozionati a giudicare dal tono della voce e dalla partecipazione emotiva: tutti si sforzavano di entrare nel merito superando i rigidi schematismi di partito e la contrapposizione tra maggioranza e opposizione. Aleggiava in tutti un senso di sofferta critica piuttosto centrata e abbastanza costruttiva. La maggior parte erano donne, che onoravano il loro genere e che, soprattutto, dimostravano una notevole sensibilità. Dalle fila della maggioranza non venivano risparmiate critiche fino al punto di chiedere al presidente del Consiglio una verifica sull’adeguatezza dei ministri rispetto ai gravosi ed impegnativi compiti loro affidati. Dai banchi dell’opposizione piovevano dure censure all’operato del governo, però condite da una qualche voglia di dialogare e collaborare per il bene del Paese.

Ero sinceramente e positivamente sorpreso dal dibattito: gli oratori, probabilmente influenzati dalla diretta televisiva, cercavano finalmente di uscire dagli atteggiamenti di adesione acritica e di opposizione preconcetta, che purtroppo caratterizzano la dialettica politica e parlamentare. L’argomento a maggior ragione lo richiedeva: ho ascoltato argomentazioni serie e piuttosto coinvolgenti. Un ottimo segnale politico in un momento in cui c’è estremo bisogno di serietà e di equilibrio.

Purtroppo l’atmosfera, se non proprio collaborativa almeno rispettosa, ad un certo punto è stata letteralmente rovinata dall’intervento del solito guastafeste leghista, vale a  dire di Matteo Salvini, il quale ha cominciato a sparare cavolate a più non posso, scaricando responsabilità sui governanti, dimenticando che tra i governanti ci sono anche suoi amici politici a livello di molte importantissime regioni, superando bellamente clamorose incongruenze e incoerenze rispetto a suoi precedenti sproloqui, chiedendo dimissioni a tizio e caio, scordando di essere stato ministro degli Interni poco tempo fa e di non aver combinato niente di buono, anzi di avere scombinato parecchie situazioni inerenti la sicurezza e l’ordine pubblico e di avere fatto promesse mai mantenute.

Rovinato tutto, come diceva un mio carissimo e bravissimo insegnante, quando un allievo si inseriva maldestramente in certi discorsi avviati proficuamente. Sì, perché immediatamente gli esponenti della maggioranza si sono chiusi a riccio in difesa dell’operato del governo e quelli dell’opposizione non hanno resistito al fascino della polemica fine e se stessa innescata dall’illustre (?) collega leghista. A volte basta un granello di polvere per inceppare certi meccanismi virtuosi, immaginiamoci cosa può succedere se qualcuno butta un macigno tra le delicate rotelle del dibattito parlamentare.

Un vero peccato, un’occasione sprecata, una caduta di stile, un ritorno alla solita recita. Complimenti al senatore Salvini, molto capace di dare aria ai denti, di criticare a vanvera, di vomitare accuse. La gente se ne sta un po’ rendendo conto, ma il danno arrecato alle istituzioni è incalcolabile. “A m’ son caschè i bras”, diceva un mio collega poco avvezzo al dialetto parmigiano. Si dice: “A m’é caschè i bras”. Sempre lo stesso amico a volte esclamava: “A m’ son caschè i calsón”. Si dice: “A m’è caschè il bräghi”. Non cambia molto: ascoltando Salvini cadono le braccia, le braghe e…anche qualcosa d’altro…