Il mattarello di Mattarella

In mezzo alla puzza di velleitarie sciocchezze governatoriali, di crescenti debolezze e incertezze governative, di latenti conflitti istituzionali, ad un certo punto ho sentito profumo di politica con la “p” maiuscola, ho provato a verificarne l’origine seguendo il mio olfatto, al momento non ancora intaccato dal covid, e sono arrivato al Quirinale: tutto tranquillo, anche se l’odore si intensificava e allora ho capito (quasi) tutto.

Sì, Mattarella si è stufato alla sua maniera e, probabilmente senza alzare la voce, ha costretto le regioni a più miti consigli, ha dato la sveglia al governo appisolato tra un decreto e l’altro, ha fatto magari una telefonatina ad Angela Merkel per capire come si stava comportando alle prese con problematiche simili, ha fatto una preghierina allo Spirito Santo perché illumini tutti (anche gli americani che stanno votando) e poi ha guardato di nascosto l’effetto che tutto ciò poteva fare.

In effetti l’effetto sembra esserci stato. I governatori hanno smesso di blaterare, Giuseppe Conte ha finalmente presentato una pur vaga linea di comportamento, in Parlamento le opposizioni si sono astenute sulle linee di programma anti covid presentate dal governo e sostenute dalla maggioranza, il clima si è leggermente rasserenato e la situazione sembra essere tornata, seppure assai precariamente, sotto controllo.

Per mio padre dopo l’operazione chirurgica per l’asportazione di ben tre ulcere al duodeno cominciarono le grandi manovre di sgombero intestinale. Non avevano successo e le cose si stavano decisamente complicando. Ad un certo punto rifiutò categoricamente che il clistere gli venisse praticato da un infermiere da lui conosciuto e ritenuto incapace: «Ti al cristéri at m’al fè pù. Putost a m’al fag fär da la sóra» (allora nei reparti ospedalieri vi era la presenza delle suore). L’infermiere se ne andò via scuotendo il capo e fortunatamente ne arrivò un altro dotato di una certa professionalità ed esperienza. «Agh pens mi, Mora, stat miga preocupär…». Glielo eseguì a regola d’arte al punto da scatenare finalmente un’autentica liberazione facilmente immaginabile, con tanto di preventiva installazione di barriere ambientali protettive. La similitudine un po’ triviale, rispolverata anche per alzare il morale,  mi sembra comunque abbastanza eloquente del clima emergenziale esistente e dell’intervento non risolutivo, ma efficace, operato da Mattarella.

Non credo che il presidente della Repubblica sia entrato nel merito dei provvedimenti da adottare, avrà al riguardo dato solo qualche utile consiglio attenendosi scrupolosamente, come è solito fare, alle sue prerogative costituzionali, ma sicuramente avrà affrontato di petto i nodi istituzionali che si stanno sempre più ingarbugliando, richiamando tutti per l’ennesima volta al senso di responsabilità, probabilmente minacciando anche qualche iniziativa imbarazzante.

Sì, perché cosi non si può andare avanti: o si ritrova, da parte di tutti, un minimo senso collaborativo e costruttivo o la situazione può veramente precipitare nel caos delle piazze, degli ospedali e delle terapie intensive. Non so se sia farina del sacco di Mattarella l’individuazione oggettiva delle tre fasce di rischio regionale con relativa previsione di provvedimenti graduati a seconda dell’entità del rischio stesso: non mi sembra tuttavia l’uovo di Colombo né il solito compromessone all’italiana, mi pare una buona intuizione da concretizzare in tempi brevissimi e da attuare con grande correttezza da parte dei protagonisti (cittadini compresi).

“La politica è l’arte del possibile, la scienza del relativo”: così diceva Otto Von Bismark. Più le situazioni sono difficili e complesse e più bisogna esercitarsi seriamente in questa arte. In questo tragico momento, ad esempio, devono tacere le trombe regionali e devono suonare le campane dell’unità nazionale; in questa contingenza drammatica deve ridimensionarsi lo scontro parlamentare tra maggioranza ed opposizione; in questa spaventosa confusione le parole devono essere pensate, calibrate e ricondotte nell’alveo delle sedi istituzionali; in questa incertezza e precarietà il rapporto tra politica e scienza deve trovare adeguate soluzioni al servizio del bene comune; in questo clima di preoccupazione e paura occorre sforzarsi di coniugare al meglio la difesa del diritto alla vita ed alla salute con la considerazione degli altri diritti di libertà economica e sociale.

Il presidente Mattarella, non solo da oggi, sta lavorando in questo senso e dobbiamo essergli grati e seguirlo: non ha la bacchetta magica, ma accettiamo con disciplina e senso del dovere le sue opportunissime bacchettate. Ben venga che Mattarella sfoderi il mattarello. Qualcuno fa lo spiritoso definendolo il parroco del Quirinale: ben venga il parroco. Ne ho conosciuto uno che non stava in sagrestia, ma veniva addirittura coinvolto nel sedare le liti a livello famigliare, condominiale e stradale. Ben venga anche lo spirito cristiano che connota la vita e l’impegno politico ed istituzionale di Mattarella: ricordiamoci che papa Paolo VI amava ricordare che “la politica è la più alta forma di carità”, dove carità vuol dire amore per l’altro, a prescindere dalla religione professata, dalla propria cultura, dal partito di appartenenza, dal ruolo ricoperto, dal colore della pelle, dalla lingua con cui si esprime.