Il bugiardino liturgico

Mentre inizia una vana discussione sulla Messa natalizia di mezzanotte anticipata alle ore 21,00 al fine di rispettare l’orario del coprifuoco anti Covid, preferisco, da cristiano, interessarmi seriamente della Messa quale evento liturgico fondamentale per la vita cristiana. L’importante infatti non è il quando, ma il come della celebrazione liturgica.

Il cardinale Gualtiero Bassetti (mi compiaccio per la sua guarigione e auguro un completo ristabilimento), nel presentare il nuovo Messale Romano, che potrà già essere utilizzato nel periodo liturgico dell’imminente Avvento e che diventerà obbligatorio dalla prossima Pasqua, vale a dire dal 04 aprile 2021, afferma testualmente: “Il libro è anche segno di «unità della Chiesa orante». Quindi, ammonisce la Conferenza episcopale, il sacerdote non deve «togliere o aggiungere alcunché di propria iniziativa». E avverte: la «superficiale propensione a costruirsi una liturgia a propria misura» non solo «pregiudica la verità della celebrazione ma arreca anche una ferita alla comunione ecclesiale». Poi ricorda le parole pronunciate da Paolo VI alla vigilia dell’entrata in vigore del Messale Romano riformato dal Concilio: no a tendenze che possano «costituire una fuga, una rottura; e perciò uno scandalo, una rovina». Tuttavia la Cei consente «opportune e brevi monizioni», ossia spiegazioni durante il rito. Con un’accortezza però: la «parola umana non soffochi l’efficacia della Parola di Dio e del gesto liturgico». Insomma, non bisogna esagerare. Perché tutto ciò mina la «nobile semplicità» della liturgia che deve essere «insieme seria» e «bella»”. 

Nel mio commento ai fatti del giorno postato lo scorso 15 ottobre (repetita iuvant, almeno lo spero per me) scrivevo: “Ho volutamente passato in rapida rassegna le novità per dimostrare, a contrariis, che purtroppo non serviranno a sgessare o sgelare le assemblee liturgiche: più che di revisione di frasi, parole e formule ci sarebbe bisogno di fare spazio alla spontaneità, alla fantasia, al coraggio di fondere il sacro con la vita”. Mi fermo qui perché in quella sede battevo la lingua sul dente dolente della fantasia affaristica mettendola in sarcastica contrapposizione con la monotonia liturgica. Ebbene, non mi ero assolutamente sbagliato, il timore si è fatto certezza: nessuna possibilità di aggiungere un po’ di spontaneità alla Messa. Tutto deve rimanere rigorosamente fisso e legato ai testi predisposti a cui si è data peraltro una spolveratina piuttosto insignificante.

La reazione ironica, forse l’unica cosa seria da fare di fronte alla testardaggine conservatrice della gerarchia, riguarda un amico sacerdote, vivo e vegeto ancorché ormai piuttosto anziano, alle prese da sempre con qualche problema di balbuzie, superato intelligentemente e brillantemente cambiando le parole su cui è più facile incagliarsi. Si comporta così anche nella celebrazione eucaristica. Vuoi vedere che anche quelle messe arrecano rovinoso pregiudizio alla verità della celebrazione e arrecano anche una ferita alla comunione ecclesiale? Attento caro don … a non farti scomunicare e d’ora in poi rassegnati a sottoporti fino in fondo alla tortura della balbuzie! (qualcuno dice che fosse la spina nel fianco di san Paolo).

Le profetiche novità ben più consistenti, che il mio amico don Luciano Scaccaglia, tanto osteggiato ed emarginato dalla Chiesa ufficiale, introduceva a livello liturgico e pastorale, hanno trovato un riscontro nei nuovi indirizzi del pontificato francescano: qualcuno disse e scrisse che nel 2013 (il pretaccio era ancora in vita) don Scaccaglia era diventato papa o meglio “papaccio”. Le cose purtroppo non sono andate proprio così, il tira e molla della Chiesa è sempre in vigore. Quella del nuovo messale mi sembra una brutta e anacronistica tirata di freno.

Tutti assistiamo in televisione ai riti celebrati in Vaticano, in S. Pietro a Roma (ultima in ordine di tempo la Messa concelebrata dal Papa con i neocardinali), e ne cogliamo la pesante spettacolarizzazione, abbiamo la sensazione di assistere ad assurde messe in scena degne del miglior Franco Zeffirelli. Papa Francesco ha trovato il coraggio di mandare a casa il cardinale Becciu, un impareggiabile fantasista dell’affarismo vaticano, a quando il licenziamento dell’insopportabile ed impettito maestro di cerimonie, protagonista instancabile di un marcamento a uomo del pontefice ovunque celebri una messa? Poi entriamo in certe chiese periferiche e torniamo a terra, per constatare la routinaria pochezza di liturgie sbrigativamente ed anonimamente finalizzate solo al tagliando di adempimento del precetto festivo. Da una estremità all’altra: dalla vuota enfasi rituale alla banalizzazione precettistica. Il nuovo messale, ma soprattutto le istruzioni per il suo uso con cui viene lanciato, ci riportano alla triste realtà di una Chiesa per la quale la più importante delle novità è quella di escludere le novità.