I virus aggiuntivi

Sento spesso, in questi giorni confusi e convulsi, accusare il governo italiano di non ristorare a sufficienza gli operatori economici ed i cittadini in genere, danneggiati dalle misure del distanziamento adottate per far fronte alla seconda ondata della pandemia da covid 19. Si azzardano al riguardo anche confronti con altri Paesi europei ed extra europei, assai più virtuosi del nostro.

È inutile nasconderci che l’Italia ha gravi ulteriori e storici problemi con cui fare i conti, problemi che complicano ulteriormente e maledettamente la situazione e rendono ancor più drammatica l’azione di contenimento del coronavirus. All’alto tasso di litigiosità tra le forze politiche che sta raggiungendo livelli indegni di un Paese civile, allo scontro tra le Istituzioni che rischia di inficiare l’equilibrio delineato esemplarmente dalla nostra Costituzione, si aggiungono quattro storici handicap che ci rovinano l’esistenza.

Parto dal fenomeno dell’evasione fiscale che ha impoverito le casse dello Stato costringendolo spesso ad operare tagli nella finanza pubblica che ora si rivelano deleteri: si pensi alla sanità ed ai trasporti, due campi in cui emerge in modo particolare la nostra debolezza nella guerra contro il virus. Mio padre non era un economista, non era un sociologo, non era un uomo erudito e colto. Politicamente parlando aderiva al partito del buon senso, rifuggiva da ogni e qualsiasi faziosità, amava ragionare con la propria testa, sapeva ascoltare ma non rinunciava alle proprie profonde convinzioni mentre rispettava quelle altrui. Volete una estrema sintesi di tutto cio? Eccola! Rifletteva ad alta voce di fronte alle furbizie varie contro le casse pubbliche: «Se tutti i paghison e i fisson col ch’l’è giust, as podriss där d’al polastor aj gat…».

C’è un secondo tarlo che rovina la nostra società nei rapporti tra politica ed affari ed è la corruzione. Questo rovinoso asset ha conosciuto un crescendo rossiniano fino a deflagrare nella fine della cosiddetta prima repubblica. Non è bastato lo scoppio di tangentopoli a frenare il fenomeno, che è addirittura progredito affinando le proprie caratteristiche fino al punto di far diventare l’Italia il Paese con il più alto livello di corruzione in Europa. Almeno in termini assoluti e non in percentuale al Pil. Ogni anno perdiamo infatti 236,8 miliardi di ricchezza, circa il 13 per cento del prodotto interno lordo, pari a 3.903 euro per abitante. La cifra della corruzione, già impressionante di per sé, è due volte più alta di quella della Francia, pari a 120 miliardi di euro e al 6 per cento del Pil e di quella della Germania, dove la corruzione costa 104 miliardi di euro (il 4 per cento del Pil). Questi sono i numeri contenuti in uno studio pubblicato dal gruppo dei Verdi europei basato sulle analisi condotte dalla ong americana RAND per il parlamento europeo, relatrice la deputata 5 Stelle Laura Ferrara. Mio padre dava una interpretazione colorita e semplice delle situazioni aggrovigliate al limite della legalità. Diceva infatti con malcelato sarcasmo: «Bizoggna butär in tazér parchè a s’ris’cia ‘d mandär in galera dal comèss fin al sìndich, tutti invisciè…». Se volete, una sorta di versione da osteria della visione affaristico-massonica della nostra società.

Ai due punti negativi di cui sopra si aggiunge il peso di una burocrazia pesante, costosa e frenante, tale da neutralizzare anche le migliori intenzioni contenute nei provvedimenti legislativi e governativi. È un vero e proprio contro potere in grado di scombussolare la società rendendola impermeabile alla politica e paralizzandola nei suoi meccanismi istituzionali ed evolutivi. La burocrazia è stata sempre tollerata o addirittura subita dai pubblici poteri, foraggiata e “clientelarizzata” dai partiti politici, difesa e protetta dai corporativismi pseudo-sindacali. Di fronte ad essa chinano il capo i governanti e soffrono i cittadini. Anche il decentramento regionale non ha snellito le procedure, ma ha finito con l’aggiungere alla tradizionale burocrazia centrale una ulteriore burocrazia periferica, peraltro assai meno preparata, competente ed esperta.

Dulcis in fundo abbiamo la delinquenza organizzata: una sorta di quinto potere o potere parallelo. La mafia, secondo la commissione parlamentare antimafia (presidente Giuseppe Pisanu), avrebbe un fatturato, cioè ricavi pari a 150 miliardi di euro all’anno. C’è chi sostiene che il fatturato sarebbe più basso. Prendendo per buone queste stime, si può affermare che con i suoi 150 miliardi Mafia Spa, una ipotetica holding sotto la quale ci sarebbero tutte le attività delle organizzazioni criminali, sarebbe di gran lunga la prima società italiana per il giro d’affari: avrebbe 40 miliardi di ricavi in più rispetto al primo gruppo italiano, Exor, che ha 111 miliardi di fatturato.

Con queste palle al piede non è facile governare e diventa (quasi) impossibile farlo in situazioni di emergenza come quella che stiamo vivendo. Purtroppo, mentre la battaglia contro il coronavirus ha tempi strettissimi, quella contro i virus dell’evasione fiscale, della corruzione, della burocrazia e delle mafie ha tempi biblici. Marciamo col freno a mano tirato e non serve accelerare e serve poco discutere sul percorso da fare. Rendiamocene conto, altrimenti rischiamo di dare tutte le colpe al conducente attuale, che arriva a babbo morto.