Maccheroniche procedure, molto burocratiche e poco democratiche

Il fascicolo sanitario elettronico dovrebbe essere una modalità sbrigativa di interlocuzione in merito ai rapporti con le Aziende sanitarie locali e allo svolgimento delle pratiche burocratiche relative. Ecco di seguito le istruzioni per attivarlo direttamente da casa tramite il Sistema pubblico di identità digitale.

Per farlo va effettuata la registrazione on line, caricando i documenti richiesti (scansione fronte/retro del documento di identità e della tessera sanitaria in corso di validità) ed effettuando la validazione di numero di telefono e indirizzo mail dichiarati. Va poi chiesto il riconoscimento via web-cam prenotando una sessione audio/video a cui accedere, una volta programmato, tramite link di Google Meet. Con l’identità Spid si può attivare il fascicolo sanitario elettronico.

Dopo aver letto queste “maccheroniche” e, per me, incomprensibili istruzioni, mi è passata la voglia del fascicolo elettronico, che qualcuno mi aveva consigliato di aprire. La burocrazia è troppo forte, vince sempre, anche contro l’informatica, anzi con quest’ultima va di pari passo per complicare le cose. Sono consapevole di essere un vecchio ed ingauribile retrogrado, ma se questa è semplificazione…

Come ho già più volte ricordato – il ripetersi è un altro inequivocabile sintomo di vecchiaia – molto tempo fa il ministro della riforma burocratica Massimo Severo Giannini, dopo qualche tentativo andato a vuoto, vista la difficoltà al limite dell’impossibilità di cambiare le cose, diede le dimissioni preannunciando di voler emigrare negli Usa. Giustamente l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini lo rimproverò aspramente. Avevano ragione entrambi?! Il primo si arrendeva di fronte alla forza delle procedure e degli apparati burocratici, il secondo strigliava la politica incapace di superare gli apparati.

Sul fatto di fuggire negli Usa abbiamo proprio in questi giorni la conferma che comunque, anche oltreoceano, la politica rischia di impantanarsi di fronte alla burocrazia, anche quella del voto. Gerard Pomper, professore emerito di Scienze Politiche alla Rutgers University del New Jersey, uno dei maggiori esperti di politica americana, è convinto che Joe Biden vincerà il voto popolare con un margine significativo e avrà una maggioranza decisiva anche nel Collegio elettorale, ma le procedure di voto complicheranno e allungheranno la conoscenza ufficiale dell’esito della consultazione creando i presupposti per una battaglia legale in cui probabilmente si rifugerà Donald Trump, deciso a vendere cara la pelle.

Dice Pomper: “Il voto di persona è semplice, la verifica richiede una firma veloce, basta premere pochi (sic!) pulsanti e il conteggio viene automaticamente registrato ed effettuato; il voto per posta invece comporta molti più passaggi, ciascuno soggetto a errori umani e meccanici. Nella maggior parte degli Stati ogni scheda deve essere richiesta, inviata, ricevuta, completata, restituita ai funzionari elettorali, contata e infine inclusa nel conteggio”. Dal momento che il ricorso al voto per posta è assai praticato, ci possiamo preparare alla ripetizione di quanto successe dopo lo scontro elettorale tra Bush e Gore nel 2000 che portò al riconteggio in Florida e alla decisione finale della Corte Suprema, con il dubbio residuo che quelle elezioni le avesse vinte Gore, il quale si dichiarò perdente per carità di patria.

Quindi la fuga negli Usa non risolve affatto il problema della invadenza burocratica nella politica e nella vita dei cittadini, anzi la rende ancor più clamorosa e devastante. Da una parte il sistema è elettoralmente schiavo della burocrazia, dall’altra parte la mancanza di burocrazia ha il prezzo dell’assenza di diritti. In tutto il mondo assistiamo ad elezioni truccate: la burocrazia è sempre una grande chance per chi vuole annacquare a monte ed a valle la volontà popolare, riducendo la democrazia a mera ritualità farcita oltre tutto dal peloso strapotere informatico.

Durante il lungo conclave del 1958  per l’elezione del papa che sfociò nell’elezione di Roncalli quale Giovanni XXlll, in caffè dal televisore si poteva assistere al susseguirsi di fumate nere e qualche furbetto non trovò di meglio che chiedere provocatoriamente a mio padre, di cui era noto il legame, parentale e non, con il mondo clericale (un cognato sacerdote, una cognata suora, amici e conoscenti preti etc….): “Ti ch’a te t’n’ intend s’in gh’la cävon miga a mèttros d’acordi cme vala a fnir “.  Ci sarebbe stato da rispondere con un trattato di diritto canonico, ma mio padre molto astutamente preferì rispondere alla sua maniera: “I fan cme in Russia, igh dan la scheda dal sì e basta! “.

Oggi a guerra fredda ultimata, a democrazia fintamente diffusa, a tecnocrazia imperante, a burocrazia incallita, a informatica scodellata, in mezzo a moduli, procedure, brogli, cliccamenti vari, potrebbe anche ricredersi ed ammettere sconsolatamente ed amaramente che “forsi saris mej fär cme i favon in Russia ‘na volta, parchè adésa ànca lôr i fan fénta d’ésor democratic”.