Le cinque candele del “Dibba”

“Così facendo si andrà verso una direzione di indebolimento del Movimento 5 Stelle e si diventerà un partito come l’Udeur, buono forse più per la gestione di poltrone e di carriere. Non è quello per il quale ho combattuto”. Queste le parole di Alessandro Di Battista nell’intervista andata in onda nel corso della trasmissione ‘Piazzapulita’. Ha inoltre definito l’alleanza strutturale con il Pd “la morte nera”. Poi, l’accusa più dura: “Ci sono persone – dice – che spingono per la leadership collegiale perché c’è il pericolo che il capo diventi io, la verità è questa”.

Gli consiglierei innanzitutto di dare una ripassatina alla storia anche se a rinfrescargli la memoria ci ha pensato tempestivamente Clemente Mastella, fondatore nel 1999 dell’Udeur, un partito politico italiano legato ai valori del cristianesimo democratico, un’anima in pena alla ricerca di uno spazio autonomo tra il centro-destra caratterizzato dal berlusconismo imperante da una parte e dall’altra parte il centro-sinistra frastagliato e alla ricerca di un minimo di identità unitaria.

Mastella non ha risposto in punta di forchetta ed è andato giù durissimo: “Questo Robespierre dei miei stivali manifesta l’intenzione di prendersela con i suoi e chiama in causa il mio Udeur. Che era una cosa molto seria a differenza di questo gruppo di “personaggetti” senza cultura, insignificanti e loro sì davvero legati al potere”. E dunque, non prima di aver ricordato che lui con l’Udeur aveva il peso di determinare il destino dei governi e di aver ottenere per questo risultati politici importanti, si è tolto il macigno che si portava nei mocassini da più di un decennio: “A lui potrei dire soltanto una cosa: vaffa. Come voi dicevate a me quando, con Beppe Grillo e gli altri vi divertivate a Bologna. Ora mi diverto io. Vaffa, carissimo Di Battista: sei un grande leader mondiale dell’idiozia politica”.

In secondo luogo sarebbe più che opportuno per Di Battista un bel bagno di umiltà. Solo lui è così pieno di sé da non capire che il M5S senza Beppe Grillo non sarebbe mai nato, non avrebbe avuto i trascorsi successi elettorali e non avrebbe alcun futuro dopo i reiterati tracolli dei consensi? Si considera il salvatore del movimento? Finora non si è capito cosa voglia e cosa faccia e forse non lo sa neppure lui. Non pensavo che Grillo avesse tanta pazienza da sopportare queste nullità che osano autoconsiderarsi interpreti autentici del grillismo.

La morte nera non è l’alleanza strutturale col Pd, ma la deriva spontaneista e piazzaiola di un partito che è nelle istituzioni, che è al governo e che pensa di tenere i piedi in due paia di scarpe, se non addirittura in tre: al governo col Pd, semmai al governo con la Lega e forse, ancor di più, fuori dagli schemi a soffiare sul fuoco dell’antipolitica. Gli italiani hanno aperto gli occhi e non sarà certo Di Battista a richiuderli o a foderarli con il prosciutto vetero-grillista stagionato nel salumificio “Dibba”.

Silvio Berlusconi voleva mandare i grillini a pulire i cessi di mediaset: non si è sbagliato di molto, c’è voluto un po’ di tempo, ma sono in vista delle latrine di Camera e Senato, anche se hanno voluto ridimensionarle. Clemente Mastella li definisce personaggetti senza cultura: non si sbaglia di molto, sono dietro la lavagna a scrivere le aste e i puntini della politica. Beppe Grillo ha capito tutto, sta cercando di salvare il salvabile e li lascia dire non so fino a quando. Se li sento parlare di Stati Generali, mi viene da ridere. Siccome Mastella una certa cultura ce l’ha, ha colto nel segno definendo Di Battista un Robespierre da baraccone.

Mia madre di fronte a certe cavolate messe in atto dalla Chiesa si rifugiava in una battuta laconica e spassosa: “Za il cézi j én mezi vódi, se j a vólon vudär dal tutt, chi fagon pur!”. Io provo a girare il ragionamento sul M5S e Alessandro Di Battista: “Za i urni j én mezi vódi, se j a vólon vudär dal tutt, chi fagon pur, chi metton segretäri Di Battista e acsì il sincov stéli i se zmorson cme sincov candéli!”.