La manciniana corazzata Potëmkin: una cagata pazzesca

Tra le tante cose fatte più male che bene, nella mia ormai lunga vita ci sono le lezioni, meglio dire ripetizioni, che davo a un simpatico ragazzino, poco portato allo studio: era faticoso ficcargli in testa certe nozioni. Un giorno eravamo alle prese con la storia degli uomini primitivi e bisognava capire quale fosse stato il loro primo bisogno che cercavano di soddisfare: si trattava del bisogno di nutrirsi, di mangiare, di sopravvivere. Non c’era verso di cavargli di bocca questa deduzione molto elementare. Provai ad aiutarlo facendo un po’ di scena: gli facevo gesti e movimenti che potessero evocare la ricerca di energia, di nutrimento, di forza. Mi guardava con aria dubbiosa, poi ad un certo punto, come improvvisamente illuminato, sparò la risposta: lo sport! Risi a crepapelle. Anche lui rideva, ma non troppo. Probabilmente si chiedeva cosa avesse detto di così ridicolo ed assurdo da suscitare la mia ilarità. Infatti, se da una parte poteva essere ed era una cavolata buttata a vanvera, dall’altra rappresentava una corrente seppure distorta mentalità: un bisogno secondario diventava primario, addirittura l’incipit esistenziale assoluto. Lo sport che riempie la vita.

Ebbene, il commissario tecnico della nazionale di calcio ha chiosato le parole del ministro della salute sulla priorità dell’apertura delle scuole rispetto agli stadi: “Lo sport è praticato da milioni di italiani, è una parte importante della società. Gli impianti riaprano in percentuale, come altrove”. Durante una delle tante stucchevoli conferenze stampa, fatte per riempire il tempo in vista delle prove della squadra nazionale e per giustificare lo stipendio di un pletorico staff dirigenziale e di vere e proprie frotte di giornalisti sportivi abituati a (non) lavorare sul nulla, Mancini ha risposto in modo penoso alle recenti dichiarazioni del ministro della Salute, Roberto Speranza, il quale aveva detto testualmente: “Dobbiamo puntare le nostre energie sulle cose essenziali. La priorità sono le scuole, non gli stadi. Non possiamo correre rischi per riportare migliaia di persone negli stadi”.

Sollecitato da una domanda, Roberto Mancini ha commentato: “Si dovrebbe pensare, prima di parlare. Lo sport è un diritto di tutti esattamente come la scuola. É una parte importante della società, come l’istruzione e il lavoro. Lo sport è praticato da milioni di italiani. Resto della mia idea, non sono condizionabile. Sono a favore della riapertura degli stadi in percentuale, come avvenuto in tanta parte d’Europa. In Polonia troveremo 25.000 spettatori, forse di più e io sono solo contento”. La Gazzetta dello sport, tanto per stare dalla parte del manico, ci vede una diversità di vedute, ma probabilmente anche l’insofferenza per un atteggiamento pregiudiziale, riduttivo dello sport e del calcio in particolare, venuto a galla più volte, fin dall’inizio della pandemia; una sottovalutazione dell’impatto economico e sociale del calcio professionistico che muove un indotto enorme e, a cascata, alimenta lo sport di base. Che ha una sua essenzialità”.

A quel punto mi sono chiesto: ma cosa sta dicendo? Il c.t. è impazzito? E dire che sembrava una persona seria ed equilibrata. Ha fatto un tiro mancino e ha detto una cagata pazzesca! Il bello è che prima di spararla ha fatto una premessa, vale a dire che prima di parlare si dovrebbe pensare. Lo sport secondo la Costituzione manciniana è un diritto di tutti esattamente come la scuola: siccome si tratterebbe di una riforma costituzionale, proporrei un referendum confermativo. Sono sicuro che vincerebbero i “sì”, tanta è l’alienazione mentale che provoca il calcio nella testa di chi lo segue.

I commentatori di Rai sport, palesemente imbarazzati, hanno fatto i salti mortali dialettici per dargli ragione, ma soprattutto per difendere il loro posto di lavoro. In Italia c’è il diritto di esprimere in assoluta libertà le proprie opinioni. Mancini lo ha fatto e ora, nel mio piccolo, lo faccio anch’io e mi sciacquo la bocca. Lo sport, quello calcistico in particolare, può contare su un vomitevole assetto pseudo-professionistico e di puro mercato, ed è quindi un’attività economica come tante altre, meno trasparente di altre e soggetta come le altre al rischio d’impresa. La scuola non c’entra niente col calcio e il ministro Speranza ha detto la pura e sacrosanta verità: mancherebbe altro che si mettessero sullo stesso piano la pubblica istruzione e la privata, seppure consistente, passione (si dovrebbe definirla in modo assai più spregiativo) calcistica.

Si dice che il popolo italiano sia composto da circa sessanta milioni di commissari tecnici, cioè di tifosi candidati a guidare la nazionale. Temo che a differenza delle scelte tecniche che vedono l’allenatore sistematicamente sul banco degli imputati, questa volta forse il popolo sarà d’accordo con lui. Dopo le cazzate di Mancini, so di andare contro corrente, ci sarebbero gli estremi per uno sciopero del tifo, ma a quello purtroppo ci ha già pensato il coronavirus.

Quel simpatico ragazzino, a cui impartivo lezioni private e che nel frattempo sarà diventato un adulto ed oggi sarà un anziano simpatizzante del pallone, avrà forse letto o addirittura ascoltato le porcherie di Mancini e si sarà chiesto: “Cosa aveva da ridere quel cretino che mi voleva insegnare la storia? Avevo risposto giusto e lui faceva il furbo. Il tempo è galantuomo…”.