Il diavolo fa le pentole e i coperchi

Due sconvolgenti fatti di cronaca mi inducono a riflessioni originali e personali. Due fidanzati vengono uccisi a coltellate da un loro conoscente che ha premeditato e pianificato il delitto: «Erano troppo felici e li ho uccisi per invidia». Un movente troppo assurdo per essere plausibile, troppo plausibile per essere assurdo.

Un ragazzo di 11 anni è morto lanciandosi dal balcone di casa, all’undicesimo piano, nel cuore della notte. Polizia e Procura, che stanno indagando sull’accaduto, ipotizzano il reato di «istigazione al suicidio». Il ragazzo, prima di scavalcare la ringhiera, avrebbe scritto un bigliettino nel quale chiede scusa alla mamma e fa riferimento a uno stato di paura vissuto, secondo quanto si apprende, alle ultime ore di vita: «Mamma, papà vi amo ma devo seguire l’uomo col cappuccio». L’undicenne allude, in particolare, a un uomo nero, e gli inquirenti non escludono possa essere stato vittima dei cosiddetti «challenge dell’orrore», del tipo «blue whale», un gioco che si svolge totalmente on-line, che comprende atti di autolesionismo fino al suicidio. Secondo quanto emerso finora, sembra che il ragazzo fosse sano e felice, praticasse sport e fosse perfettamente integrato.

Siamo di fronte a morti inspiegabili: o sfugge qualche elemento tale da giustificare simili vicende oppure siamo in presenza del male fine a se stesso, il male per il male. “È vero che la vendetta non risolve il problema, ma per pochi istanti ti senti soddisfatto”: così ha scritto l’omicida sul proprio profilo facebook. Nel secondo caso forse siamo addirittura alla morte procurata per gioco.

Chiedo scusa a psicologi, criminologi e sociologi: le loro analisi e le loro motivazioni non mi convincono affatto. Mi rifugio nel confronto assai poco scientifico, ma tanto umanamente palpitante, tra i miei genitori. Mia madre così come era rigorosa ed implacabile con se stessa era portata a giustificare chi delinqueva, commentando laconicamente: “Jén dil tésti mati”. Mio padre invece, con arguta ironia non credeva alle assurde giustificazioni riconducibili alla follia di un momento, alla patologia criminale, al delirio psicologico e, in un simpatico gioco delle parti, ricopriva il ruolo di intransigente accusatore: “J én miga mat, parchè primma äd där ‘na cortläda i guärdon se ‘l cortél al taja.  Sät chi è mat? Col che l’ ätor di l’ à magnè dez scatli äd lustor. Col l’ é mat!”.

Non mi sento neanche di buttare la croce addosso alle famiglie, alla scuola, alla società in genere: sono stanco di questo datato scaricabarile sociologico. Certo, le crisi possono creare il brodo di coltura, ma ci vorrà pure qualcuno che metta in pentola il crimine. Come ho già scritto altre volte, non mi ritengo un fanatico che vede il diavolo aggirarsi nelle nostre strade, ma qualche dubbio atroce mi coglie. Mi risulta che papa Paolo VI, dopo avere dialogato con il professor Vittorino Andreoli, noto criminologo e famoso psichiatra, lo abbia accompagnato cortesemente all’uscita, suggellando in modo inquietante lo scambio di opinioni che avevano avuto: «Si ricordi professore che il diavolo esiste!».

Cos’è che dà un carattere demoniaco a questi episodi. Ce ne sono tante di vicende malefiche, ce ne sono sempre state…Che evoca una presenza demoniaca attiva è la strada senza uscita, una sorta di inevitabile baratro a cui certi fatti conducono. La psicologia, la sociologia, l’antropologia, la criminologia, la medicina, persino la letteratura, ammutoliscono.  Quando il male viene commesso per il gusto di fare male, senza nessuna motivazione, senza ogni e qualsiasi ragione insana e/o patologica, devo arrendermi all’evidenza: ci puzza di zolfo. Il demonio va accanto a chi si mette in condizione di ospitarlo, ma sa giocare anche in proprio.

Non mi sembra una fuga dalle responsabilità umane ed etiche, ma l’ammissione di una debolezza davanti a cui le forze del male vanno a nozze. Il miglior esorcismo credo sia essere coerenti con la propria fede per chi ce l’ha, essere fino in fondo creature umane per chi crede comunque che non siamo su questa terra per fare una folle scampagnata in compagnia dei nostri istinti satanici.