Uccisori e guardiani di Willy

Willy Monteiro Duarte, 21 anni, è stato aggredito e preso a calci e pugni perché ha cercato di proteggere un amico coinvolto in una rissa. Per la sua morte sono stati arrestati quattro giovani dediti alla violenza. Una notte di inaudita violenza costata la vita al ragazzo di 21 anni di origine capoverdiana e residente nella vicina Paliano, morto dopo essere stato picchiato a sangue dal branco mentre tentava di placare una rissa. Inutile l’intervento dei sanitari del 118, Willy è giunto in ospedale senza vita.

Secondo una prima ricostruzione, Willy e l’amico sarebbero rimasti coinvolti in una rissa in un locale e quando il branco ha aggredito l’amico, Duarte sarebbe intervenuto invitando gli aggressori a smetterla. Ma i quattro si sono accaniti sul ragazzo massacrandolo di botte. E scappando subito dopo a bordo di un’auto di grossa cilindrata. Un pestaggio opera di un gruppo di coetanei, già noti alle forze dell’ordine.

Willy, figlio di una coppia di capoverdiani trasferitasi molti anni fa a Paliano e impegnata in una locale azienda agricola, era cresciuto nel piccolo centro della provincia di Frosinone ed era perfettamente inserito nel paese, dove giocava nella locale squadra di calcio e dove aveva anche partecipato alla sfilata in abiti storici per la rievocazione del Palio. Aveva una sorella più piccola, frequentava l’istituto alberghiero di Fiuggi e lavorava come aiuto cuoco all’Hotel degli Amici di Artena.

Di fronte a un simile fattaccio, non voglio sembrare integralista cattolico, anche perché non lo sono, ma mi affido alle voci provenienti dalla Chiesa, l’unica istituzione autorevole e credibile in grado di dare un’interpretazione nel senso dell’autocritica personale e comunitaria e del riscatto individuale e sociale. Faccio riferimento ai resoconti pubblicati dal quotidiano Avvenire.

“Siamo tutti corresponsabili”, “seduti su una polveriera che può esplodere” da un momento all’altro. È la denuncia del vescovo di Velletri, mons. Vincenzo Apicella, dopo la morte di Willy Monteiro. “L’ennesimo atto di feroce e assurda violenza, cui non possiamo rassegnarci – dice il presule – ucciso a calci e pugni da quattro coetanei, nostri condiocesani, durante una rissa di cui non conosciamo i motivi e a cui era molto probabilmente estraneo”. “Tutti siamo corresponsabili – denuncia il vescovo -. Da dove provengono i virus della prepotenza, della violenza, della vigliaccheria, del disprezzo della vita, della stupidità che generano queste tragedie e gettano nella disperazione intere famiglie e comunità? Siamo quotidianamente seduti su una polveriera, che può esplodere improvvisamente e di cui non abbiamo consapevolezza”. Apicella si rivolge alle famiglie, alla Chiesa, alla scuola, alle istituzioni “perché siano partecipi “di quella fondamentale e indispensabile opera di civiltà che si chiama educazione e che va rivolta a tutti, anche agli adulti”. E chiede ai parroci di diffondere il messaggio nella prossima messa domenicale.

“Barbarie pura” quella che ha portato a massacrare a morte il giovane Willy Monteiro da parte di un gruppo di coetanei. Don Luciano, parroco di Colleferro, parlando con l’Adnkronos dell’atroce pestaggio, va oltre la denuncia. Per cercare di capire il perché di tanta “follia”. “Dietro questi ragazzi c’è il vuoto, un vuoto di valori, di famiglie scardinate, latitanti. Oggi sono i social a educare… Ma anche la Chiesa – ammette il sacerdote che ieri sera ha incontrato i famigliari di Willy insieme al sindaco – non riesce più ad incidere, a fare quello che faceva prima. Davanti abbiamo un muro: il muro dei facili guadagni, di una economia che rischia di prevalere sull’uomo, dei social, della droga”. Il parroco di Colleferro parla avendo negli occhi il teatro del pestaggio: “In quel boschetto, dopo la mezzanotte, inizia la ‘vita’: droga e prostituzione. Ci si prostituisce per 10/15 euro per potere comprare droga. Quel parchetto è un tappeto di preservativi la mattina. Ho pure suggerito alle forze dell’ordine di mandare uomini in borghese ma ho l’impressione che si lasci correre. Che ci si sia arresi”. Don Luciano torna alla notte del pestaggio: “E dire che quel ragazzo, Willy, era lì per mettere pace dopo avere terminato la sua giornata di lavoro come aiuto cuoco. Colleferro non c’entra nemmeno molto visto che questi sono barbari di Artena. Siamo alla pura follia, ma la verità è che raccogliamo i frutti amari della mancanza di valori condivisi. Non solo non vale più il principio di amare il prossimo, si è smarrito il senso della ragione. In balia della ‘cultura’ dei Superman, della forza, della violenza cieca e gratuita”.

Non ho niente da aggiungere, mi sento solo in obbligo di riflettere: anch’io ho certamente la mia parte di responsabilità per questa deriva valoriale che ci sta distruggendo. Non mi sento di criminalizzare nessuno. È vero che non bisogna confondere le vittime con i carnefici, ma chi sono le vittime e chi sono i carnefici. Non siamo forse tutti vittime e carnefici? Il Signore mi dice: “Dov’è Willy, tuo fratello?”. E io rispondo: “Non lo so. Son forse il guardiano di mio fratello Willy?”.