La politica senza pensiero è come un albero senza radici

Mia sorella aveva un debole per le persone intelligenti. Affermava convintamente che quando una persona è intelligente è più che alla metà dell’opera, perché questa sua qualità, cascasse il mondo, non viene mai meno. Personalmente vado anche oltre, mescolando qualità mentali ed etiche: preferisco infatti avere a che fare con un cattivo intelligente piuttosto che con un buono stupido.

Per Ciriaco De Mita sono passati gli anni, forse ha sbagliato a rimanere abbarbicato alla politica, che peraltro rappresenta una passione presente nel sangue e quindi irrinunciabile ed inevitabile, forse incarna un po’ troppo la vocazione al notabilato, forse mantiene intatta nel tempo una certa fastidiosa presunzione, tuttavia a livello di intelligenza politica non dimostra affatto i suoi novantadue anni, ben portati da tutti i punti di vista e che gli danno un surplus di esperienza e di schiettezza.

Ritengo giusto ripercorrere brevemente la sua vita politica. Ciriaco De Mita è un politico a tutto tondo, ex Presidente del Consiglio, più volte ministro e dal 2014 sindaco di Nusco, sua città natale. Raggiunse l’apice del potere politico negli anni ottanta quando fu Presidente del Consiglio dei Ministri. È stato inoltre segretario nazionale e poi presidente della Democrazia Cristiana e quattro volte ministro. Deputato dal 1963 al 1994 e dal 1996 al 2008 ed europarlamentare dal 1999 al 2004 (contemporaneamente deputato ed eurodeputato) e, dopo la DC, ha fatto parte del Partito Popolare Italiano, della Margherita e dell’Unione di Centro.

Ha inizialmente aderito al progetto del Partito Democratico. Non ricandidato alle elezioni politiche del 2008 per via dello statuto del PD che puntava a un rinnovo della classe politica, ha aderito all’Unione di Centro. Ultimo importante incarico ricoperto è stato quello di presidente della seconda Bicamerale per le riforme costituzionali tra il 1993 e il 1994. Fu soprannominato ironicamente il padrino della DC (per le sue origini meridionali, difese con orgoglio: non è colpa mia se non ho un nonno di Abbiategrasso) e l’uomo del doppio incarico (segretario della DC e presidente del Consiglio con tanto di querelle sulla famosa staffetta con Bettino Craxi).

Tra i principali esponenti della cosiddetta Prima Repubblica, ha avuto indirettamente una forte influenza su tutta la vita politica degli anni successivi. Fu De Mita a nominare Romano Prodi suo consigliere economico e poi presidente dell’IRI, dando inizio alla sua carriera politica. Sempre a De Mita si deve l’impegno in politica di Sergio Mattarella. Fu inoltre un antesignano del dialogo col PCI con la sua teoria del patto costituzionale, per certi versi anticamera del compromesso storico.

Con un simile curriculum non mi stupisce che elargisca sferzanti giudizi sull’attuale classe politica. Salvini “non ha un pensiero” e il Pd “è niente”. Lo ha detto nel corso della presentazione della lista dei Popolari alle elezioni regionali in Campania. Secondo l’ex presidente del Consiglio “siamo in un periodo in cui il pensiero dei popoli è scomparso e resta la stupidità di quelli che parlano. Mi dispiace fare un solo nome – ha aggiunto – ma basta fare quello di Salvini: se avete notato non ha mai un pensiero da esprimere ma solo un accenno da introdurre, è una parola a metà”. De Mita ha usato parole dure anche per il Partito democratico: “E’ niente, è senza pensiero. Io questa cosa l’ho intuita ed è stata elemento di rottura. L’ultimo congresso del Pd si è chiuso senza pensiero, è stata la prevalenza di un gruppo rispetto all’altro gruppo, come se le persone fossero candidate al governo e non alla realizzazione di obiettivi”.

Ai tempi in cui militavo nella DC, De Mita non era il mio leader, ma rappresentava un punto di riferimento per quella sinistra democristiana in cui mi collocavo convintamente. La fine della sua segreteria, pur piena di contraddizioni tra idealità e pragmatismo, rappresentò per me l’occasione per uscire alla chetichella dal partito nonostante le insistenze di parecchi carissimi amici. A posteriori sono orgoglioso di avere purtroppo intravisto la successiva deriva della segreteria di Arnaldo Forlani e la degenerazione del potere nel CAF (accordo politico-governativo tra Craxi, Andreotti e Forlani).

A distanza di tanto tempo mi ritrovo perfettamente d’accordo con De Mita per quanto concerne la sua breve e lapidaria analisi socio-politica di cui sopra. Ha messo il dito nelle due piaghe: la generale e totale mancanza di pensiero politico, pur con diverse gradazioni fra destra e sinistra e all’interno dei due schieramenti, e la debolezza culturale prima che politica del partito democratico. L’intelligenza non gli è mai mancata (pur attualmente espressa con il dente avvelenato) e lo dimostra, anche se non basta. Se gli attuali esponenti politici di grido ne avessero almeno un pochettino… Purtroppo però l’intelligenza c’è o non c’è, non sono ammesse misure di ripiego, come nella barzelletta, che amava raccontare Enzo Biagi: quella madre un po’ troppo buona e comprensiva, che giustificava la trasgressiva gravidanza della giovanissima figlia, affermando che la ragazza era sì incinta, ma solo un pochettino.