I cavilli che diventano cavalli

Disturbo del metabolismo e del trasporto dei carboidrati. È questo il nome della malattia rara da cui è affetta una bambina calabrese di dieci anni. Una patologia importante e delicata che la porta a bruciare subito gli zuccheri e ad andare in ipoglicemia. Il rischio è il coma. Dopo anni a combattere per capire che cosa la piccola potesse avere, dal Bambin Gesù arriva la diagnosi e il piano terapeutico da seguire fatto, tra l’altro, da integratori che costano centinaia di euro al mese, ma possono rallentare il metabolismo degli zuccheri.

L’Asp di Catanzaro ha trovato un cavillo dopo l’altro, richiedendo addirittura che venisse cambiata l’intestazione del piano redatto su carta dell’Asp laziale. Ogni volta che un nodo veniva sciolto ne spuntava un altro. Il tutto mentre da Roma assistono sbigottiti e la piccola vive precariamente. La bambina deve, infatti, cibarsi di frequente, notte compresa, per ostacolare l’abbassamento dei livelli glicemici. Non sono ammesse distrazioni, l’organismo brucia velocemente gli zuccheri e il rischio del coma non è lontano. Tra l’altro la piccola non reagisce ad un farmaco salvavita utilizzato di solito in queste evenienze.

Ad un certo punto si deve riunire una commissione per decidere se la piccola abbia diritto o meno al piano terapeutico. «Non chiedo una pensione di invalidità, ma di potere curare mia figlia», dice il papà della bambina. Nel frattempo la vicenda è approdata in Procura, il padre esasperato ha scelto la strada della magistratura: «Chiedo semplicemente di avere accesso al piano terapeutico. È un nostro diritto», dice. Non ne sono sicuro, ma mi pare, dalle scarse notizie trapelate, che alla fine la vicenda si sia sbloccata, dopo un tira e molla a dir poco vergognoso.

Una sessione “ad hoc”. È una delle accuse formulate nell’ordinanza firmata dal capo della procura della Repubblica di Perugia, Raffaele Cantone, che ha portato ai cinque indagati dell’Università per stranieri. In pratica, un esame fatto apposta per consentire a Luis Suarez di ottenere il famoso livello B1 propedeutico alla cittadinanza italiana, in quel momento necessaria per giocare nella Juve (invece l’uruguaiano è passato poi all’Atletico Madrid). Per sostenere l’esame, il calciatore trentatreenne, era volato da Barcellona su un aereo privato, per approdare all’ateneo perugino e uscirne appena mezz’ora dopo. Prova superata, ma per la Procura solo grazie al trucco di domande e risposte concordate preventivamente e quindi in maniera illecita, con un punteggio stabilito ancora prima che l’esame iniziasse.

Al di là delle responsabilità che verranno accertate da chi ne ha il compito, emergono clamorosamente due pesi e due misure: la burocrazia tremenda e spietata per una bambina che rischia la vita, rapida e compiacente per un ricco calciatore che intende accasarsi in una nuova squadra a suon di milioni di euro. È lo specchio fedele di una società assurda, che funziona ad uso e consumo dei forti e rischia di scartare i deboli. Storia vecchia, si dirà. Fa però sempre un certo effetto apprendere che l’ingiustizia è dietro l’angolo. Sarà solo questione di burocrazia pesante, pedante, parziale e discriminatoria o ci sarà qualcosa di più? Fossi ministro della salute o della funzione pubblica proverei a chiedermelo. Da sessantottino incallito casco regolarmente nel tranello di buttarla in politica. Lo so, ma non mi convincono l’alzata di spalle, lo scuotimento del capo, l’allargamento delle braccia, il rassegnato inchino alla burocrazia criminalmente plenipotenziaria. Forse si potrebbe fare qualcosa. Forse si dovrebbe fare qualcosa!