Bose senza pose

Il caso Bose/Bianchi continua a tenere banco mediatico nonostante le secchiate gelide di Avvenire. Il 21 agosto è riesploso il “caso nel Monastero di Bose”, con il delegato del Vaticano (Padre Amedeo Cencini) che ha rilevato come Enzo Bianchi ancora non abbia lasciato Bose nonostante il provvedimento dello scorso giugno sull’allontanamento del fondatore dalla sua “creatura”. Notizia prontamente smentita dall’interessato. Dopo alcuni giorni è stata la volta di Massimo Recalcati su La repubblica ad intervenire con un pezzo dal titolo molto ben centrato: “Vaticano non tocchi Enzo Bianchi, quale pietas nel cacciarlo da Bose?” ed a prendere le difese di Padre Bianchi attaccando duramente il Vaticano.

«Era proprio necessario allontanare Enzo Bianchi e altri fratelli e una sorella dalla Comunità che ha fondato con un decreto vaticano inappellabile?», si chiede Recalcati dopo aver ricordato come Enzo Bianchi abbia fondato praticamente da solo il Monastero di Bose alla fine del 1965, incarnandone questa inizialmente «folle e solitaria comunità spirituale». Nel tempo è divenuto un vero e proprio Monastero “multireligioso” che ospita fratelli e sorelle di diverse confessioni cristiane, con la difficoltà sorta nel momento in cui si è cercato di trovare un “sostituto” al “priore” e fondatore: «Ogni fondatore vive il rischio di confondere la responsabilità del suo atto di fondazione con un diritto illimitato di proprietà sulla sua creatura», ammette Recalcati che però contesta il decreto del Vaticano, accusandolo di «sapore medioevale» invece che avviare un lavoro di dialogo e riconciliazione con l’intera Bose.

Sempre secondo Recalcati l’effetto del decreto vaticano è senza appello: «smascherare Bose, mostrare che sotto sotto tutto è rivalità invidiosa, conflitto insanabile, impossibilità della fratellanza, assenza di Vangelo. Questo ha significato colpire al cuore non tanto il fondatore ma la sua creatura e un intero popolo che in essa credeva. Possibile che questo effetto non sia stato contemplato dagli estensori del Decreto?». In maniera sibillina però Recalcati pone l’accento sulla possibilità che possa invece essere stato proprio questo l’intento voluto dalla Santa Sede. Lo psicanalista attacca poi direttamente Padre Cencini sulla scelta di allontanare Bianchi anche in questi ultimi giorni: «egli non sa che fratello Enzo oggi è un uomo anziano, con problemi di salute e bisognoso di assistenza? Sfuggono al delegato vaticano, psicoterapeuta, la vulnerabilità e la fragilità di fratello Enzo? C’è davvero qualcosa di cristiano nel suo atteggiamento?». Secondo Recalcati, Enzo Bianchi ha il diritto di restare fino alla fine della sua esistenza nel posto che ha fondato, per di più in epoca di Covid come questa: «vuole spegnere per riportare tutti i fratelli e le sorelle ad una normalizzazione senza desiderio, alla negazione del carisma, alla neutralizzazione del fuoco del Vangelo. Padre Cencini obbedisce al Decreto vaticano mentre contraddice la legge del Vangelo e la fiducia che lo stesso papa Francesco gli ha assegnato», attacca ancora Recalcati non prima di lanciare pieno sostegno all’anziano priore piemontese. «Quale pietas, non solo cristiana ma anche solamente laica, si rivela nell’imporre ad un anziano con gravi problemi di salute di abbandonare la sua casa e lasciare i luoghi che ama? Forse pensa lo psicologo Cencini che questo sia il solo modo per spegnere la forza del transfert e il carisma di Enzo Bianchi al fine di riportare la normalità a Bose? Ma il cristianesimo non è forse l’esperienza di un’eccedenza, di una “follia”, come diceva Paolo di Tarso, della eccedenza e della follia del desiderio?».

E il Papa? Non so che dire. Probabilmente sta adottando la politica del pietoso silenzio, quella del “laissez faire, laissez passer”, che non gli impedisce tuttavia di andare avanti per la sua strada, ma rischia di lasciare intatte certe posizioni clericali e gerarchiche. Forse ritiene opportuno non prendere di petto certe opinioni e situazioni per non acuire i contrasti e scatenare polemiche ulteriori. Sono un po’ perplesso, ma bisognerebbe essere al suo posto per giudicare.

Mi basta al riguardo riportare di seguito testualmente quanto scrive Paolo Rodari su La Repubblica. “Si chiama La costa del Limay. È un ‘condominio sociale protetto per donne trans’, costruito nel quartiere Confluencia di Neuquén, la città più popolosa della Patagonia. È stato inaugurato lo scorso 10 agosto grazie all’impegno di una suora di clausura, la carmelitana Mónica Astorga Cremona, che da anni accoglie le trans che vivono in condizioni di disagio, spesso in fuga dalla prostituzione e bisognose di occupazione: dodici miniappartamenti con un salone comune. Secondo quanto riporta l’agenzia Telam, l’inaugurazione è stata salutata anche da papa Francesco, il quale, nonostante sia a conoscenza dell’ostilità di parte della Chiesa locale per il lavoro della religiosa, ha voluto scriverle queste parole: «Cara Mónica, Dio che non è andato al seminario, né ha studiato teologia, ti ripagherà abbondantemente. Prego per te e per le tue ragazze. Non dimenticare di pregare per me. Gesù ti benedica e la Santa Vergine ti assista. Fraternamente, Francesco»”