L’unico fuoriclasse in panchina

Non mi sono accontentato dei soliti sbrigativi resoconti giornalistici, né dei commentatori a caccia di argomenti appetitosi, né delle esercitazioni dietrologiche più o meno strumentali. Ho voluto ascoltare integralmente e con molta attenzione l’intervento che Mario Draghi ha svolto al meeting di Rimini.

Non è stata una lezione e nemmeno una provocazione: si è trattato di una completa ricognizione sulla situazione socio-economica con la lucida individuazione di linee di intervento per il breve, medio e lungo termine. Consiglio a tutti di riascoltarla, ne vale la pena.

Non credo che dietro ci sia una candidatura o una disponibilità a ricoprire qualche ruolo politico: qualcuno ha cominciato a lavorare di fantasia per auspicarla o per esorcizzarla.    C’è molto di più. La dimostrazione, se mai ce ne fosse stata ulteriore necessità, che Mario Draghi rappresenta una risorsa per il Paese. Non è sempre detto che le risorse vadano immediatamente impiegate col rischio di sprecarle. Bisogna però riflettere: in un momento così grave e difficile diventa superficiale tenere nel cassetto una carta simile, aspettando tempi più adatti per paura di rovinare questa opportunità.

L’ammalato è grave, abbiamo un potenziale medico in grado di diagnosticare il male in tutte le sue componenti e di impostare un’adeguate terapia. Lo teniamo in panchina, facendo la fine di Ferruccio Valcareggi ai mondiali del 1970 quando non mise in campo Gianni Rivera nella partita di finale contro il Brasile? Avremmo forse comunque perso, ma perché non provare. Il problema è che Draghi è indubbiamente un fuoriclasse, ma non esisterebbe la possibilità di schierare attorno a lui una squadra di governo adeguata.

Nel famoso fiasco di Traviata al teatro Regio non bastò l’intervento del baritono Renato Bruson a salvare lo spettacolo: il soprano steccava, il tenore stonava, il direttore batteva la solfa. Anche Bruson, suo malgrado, venne coinvolto in una disfatta perniciosa. Le similitudini reggono fino a mezzogiorno, ma le ho introdotte per rendere l’idea della necessità di utilizzare al meglio certe notevolissime competenze, esperienze e sensibilità. Si potrebbe dire: ora o mai più. Sarebbe un’iniezione di fiducia efficacissima per tutto il sistema a livello nazionale, europeo ed internazionale. I leader scarseggiano, sono quasi inesistenti, ne abbiamo uno da spendere e non ce la sentiamo di metterlo in campo?

Certo non possiamo pretendere da lui che faccia il kamikaze, rimanendo prigioniero delle asfittiche logiche politiche e dei calcoli di bassa lega (il termine ha volutamente un doppio senso). Non voglio insegnare il mestiere al presidente della Repubblica, ma un serio e seppur cauto tentativo di costruire un governo attorno a Draghi varrebbe la pena di essere effettuato, pur con tutta la riservatezza e la diplomazia di cui Mattarella è capacissimo.

“Se non ora quando” è il titolo di un libro di Primo Levi: vuole significare che è inutile aspettare che le cose si sistemino da sole, e rinviare l’inevitabile. Le cose non si risistemano da sole: la vita è una sola, ed è tua, e bisogna ricostruirsela ora e solo ora, nonostante tutto. Sono arciconvinto che i due personaggi in grado di guidare l’Italia in questa drammatica fase storica siano due: Sergio Mattarella e Mario Draghi. Il primo deve rimanere a fare il capo dello Stato per molti anni ancora, il secondo dovrebbe impegnarsi in prima persona assumendo l’incarico di presidente del Consiglio. Gli si dia carta bianca per la scelta dei componenti del governo, da concordare e nominare con il presidente della Repubblica e poi…voglio proprio vedere chi in Parlamento avrà il coraggio di votare contro, anche perché sono sicuro che una simile coraggiosa iniziativa avrebbe l’appoggio dei cittadini mettendoli di fronte alle proprie responsabilità.

La competenza è la ricetta giusta in questo momento.  Nella mia modesta carriera (?) mi capitò di avere l’incarico di sindaco in un importante ente politico: esordii sfoderando tutta la competenza professionale su cui potevo contare. Il direttore, personaggio politico di primo piano, si alzò è venne a stringermi la mano soddisfatto di avere finalmente un interlocutore competente nel delicato ruolo che ero chiamato a svolgere. Iniziai e continuai così e ottenni grosse soddisfazioni e diedi il mio contributo alla vita di quell’ente. Chiedo scusa per avere fatto questo riferimento personale: solo per fare un esempio di vita vissuta. La competenza e la professionalità dovrebbero pagare sempre, figuriamoci in frangenti come quelli attuali in cui regnano sovrane la confusione e l’incertezza.