L’elefante pentastellato nella cristalleria costituzionale

Dopo mesi di attesa a causa del lockdown, si avvicina la data del referendum sul taglio delle poltrone in parlamento: si andrà alle urne il 20 e il 21 settembre 2020, in una sorta di election day che accorpa amministrative e regionali. In autunno gli elettori saranno chiamati a votare per confermare o respingere la legge – cavallo di battaglia di M5S – che modifica la composizione delle Camere con il taglio di 345 poltrone: 115 in Senato e 230 alla Camera.

Il quesito referendario è pronto da un pezzo ed è il seguente: approvate il testo della legge costituzionale concernente “Modifiche degli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana – Serie generale – n. 240 del 12 ottobre 2019?

Quello che andremo a votare è un referendum confermativo, disciplinato dall’articolo 138 della Costituzione, per il quale non è previsto il raggiungimento di nessun quorum particolare. Quindi se i sì superano i no il taglio dei parlamentari verrà confermato e 345 poltrone eliminate.

Scusi lei è favorevole o contrario? Mi viene in mente come reagì ad una simile domanda il mio indimenticabile professore di italiano. Erano i tempi del referendum sul divorzio e rispose all’incolpevole intervistatore: «Tu sei un cretino!». Per poi aggiungere davanti al microfono dello sbigottito sondaggista: «Amo mia moglie e quindi sono personalmente contrario al divorzio. Ma l’introduzione di questo istituto risponde ad esigenze civili e come tale deve essere giudicato…». Ben detto non c’è che dire.

Provo ad attualizzare, personalizzare e parafrasare l’episodio di cui sopra. In via Cavour, in pieno centro storico parmense, mi ferma un patetico intervistatore e mi chiede: “Scusi, lei è favorevole o contrario al taglio dei parlamentari?”. Non esiterei a rispondere: “Con tutto il rispetto per il tuo inutile e stressante lavoro, di politica non capisci un cazzo, studia, ragiona e riferisci a chi ti manda in giro a perdere e far perdere tempo che la politica è una cosa complicata e delicata e non si risolve con una sforbiciata di qua e una di là, con un sì o con un no…”.

Ricorro per l’ennesima volta agli insegnamenti di mio padre. Non era fatto per il gioco di squadra, non accettava schemi precostruiti, non era un militante. Temeva (aveva quasi un complesso al riguardo) i fanatismi, forse perché ne aveva visti troppi, e quindi riteneva di non rischiare e non si inquadrava. Questo non gli impediva di elaborare le proprie scelte, di esprimere le proprie idee e di partecipare al voto, cosa che aveva fatto con coraggio anche con gli addomesticati referendum del regime fascista, votando regolarmente “no”.

Il referendum è uno strumento di democrazia diretta molto delicato, che si presta a facili manipolazioni populiste: non a caso tutti i regimi lo hanno utilizzato e lo utilizzano per portare acqua al loro mulino. Dipende da quale domanda è oggetto del referendum e da come è posta. Il taglio dei parlamentari, se lo si mette in relazione all’affarismo ed alla inconcludenza della politica, può diventare una sferzata   responsabilizzante ed una cura dimagrante benefica; se lo si inserisce nell’impianto della Costituzione, può rappresentare un attentato alla democrazia e alla rappresentatività del Parlamento.

La nostra Costituzione è l’esempio ineguagliabile di compromesso politico ai livelli più alti ed è quindi una costruzione estremamente delicata e difficile da cambiare: lo dimostrano i numerosi tentativi andati a vuoto anche al di là delle più nobili intenzioni. Figuriamoci se si può procedere con sforbiciate da elefante nel negozio di cristalleria allestito dai costituenti.

Ho quindi due motivi per sentirmi estraneo al referendum sul taglio dei parlamentari: uno di metodo e uno di merito. Voterò per il no al taglio. La tentazione di schierarmi a favore della riduzione è forte, pensando a tutte le volte che vedo le aule parlamentari semivuote, a tutte le volte che assisto ad autentiche cagnare propagandistiche a Montecitorio o a Palazzo Madama, a tutte le volte che ascolto dibattiti parlamentari penosamente superficiali e  strumentalmente polemici, a tutte le volte che…Poi, però, penso che la democrazia sia il bene supremo da difendere a tutti i costi e che non mi sembra il caso di scherzare con il bisturi in mano, perché ne va della sopravvivenza del malato. Non vorrei che l’indomani del referendum si dovesse dire: l’operazione chirurgica è riuscita, ma il paziente è morto.