Le ciabatte “grillate”

«Loro fanno due legislature e vanno a casa. Questa è una guerra: o vinciamo noi o andiamo a casa, questo è il mio parere». Era il febbraio del 2014 quando Beppe Grillo diceva queste parole durante una conferenza stampa alla Camera dei Deputati dopo le brevi consultazioni con Renzi. Sempre nella stessa sede aveva detto: «Non c’è la mediazione o la transizione, fare le coalizioni. È finito questo mondo». Nel 2014 Beppe Grillo si esprimeva pubblicamente e categoricamente così. Sembra passato un secolo, invece è passata di moda l’antipolitica.

Con la recente consultazione on line gli iscritti al M5S hanno infatti rivisto le regole per la reiterazione dei mandati elettivi, dando sostanzialmente il via libera alla ricandidatura di Virginia Raggi a sindaco di Roma, e si sono dichiarati possibilisti sull’eventualità di alleanze con gli altri partiti. Il massimalismo grillino è andato a farsi benedire e i cinque stelle sono rientrati nella normalità della politica. Da una parte mi fa piacere, dall’altra resto piuttosto sconcertato di fronte a questi continui giri di valzer concettuali e progettuali.

Non sono uno storico, ma credo che piroette come quella di passare nel giro di pochi mesi dal contratto con la Lega all’accordo col Pd non abbiano precedenti altrettanto clamorosi e radicali. È vero che i grillini hanno sempre sostenuto come destra e sinistra siano ormai categorie politiche superate ed equivoche e che quindi destra e sinistra vadano trattate come era solito fare il duca di Mantova con le donne (“questa o quella per me pari sono”), ma cerchiamo di essere seri…

Enrico Mattei è stato un grande imprenditore, partigiano, politico e dirigente pubblico, che ha segnato indelebilmente e positivamente la vita del nostro Paese. Diceva in modo spregiudicato: «Uso i partiti allo stesso modo di come uso i taxi: salgo, pago la corsa e scendo». Se Grillo intendesse mai emularlo non esiterei a dirgli: “Cala Tèlo”. Cioè vola basso, perché a certi personaggi non sei degno nemmeno di sciogliere i legacci delle scarpe, in dialetto “net ghe port adrè gnanca il savati”. Mio padre, in merito alle somiglianze, di me diceva: «Al m’ somilia da chi in zo!» segnando la cintola dei pantaloni. Credo si possa tranquillamente applicare questa piccante similitudine a Beppe Grillo, ed ancor più ai suoi delfini, rispetto alla caratura etica, culturale e politica di un Enrico Mattei.

Quindi è cambiato tutto rispetto alle velleità iniziali movimentiste del grillismo: niente più limiti rigidi alle candidature, niente più pregiudiziali per le alleanze. D’altra parte hanno preso atto che improvvisare continuamente i propri rappresentanti è un rischio grosso: incallirsi nella improvvisazione e nella impreparazione è semplicemente irrazionale. Partire dalla presunzione assoluta di fare da soli è l’anticamera della “idiozia” o, come in parte è successo, della “farfanteria” (termine usato da Andrea Camilleri, che sta più o meno per menzogna). “Chi fa da sé fa per tre” e poi “l’unione fa la forza”. Mio padre non si rassegnava e si chiedeva con insistenza: «E alóra cme la mètemia?».

E allora caro Grillo come la mettiamo? Stai diventando un politico a tutto tondo o un opportunista a tutto spiano? Forse da tempo ti è sfuggita di mano la situazione, forse vedi che il tuo movimento è alla frutta e cerchi disperatamente un pezzo di torta per finire dignitosamente l’avventura. Non credo però che la torta ideale sia quella di Virginia Raggi, ma, come si dice a Parma, “la bòtta la dà al vén c’la ga”.