La minestra bossiana e la finestra salviniana

È veramente cosa cattiva e ingiusta delineare il quadro politico italiano tenendo conto delle strategie (?) di Matteo Salvini: mi sento quasi umiliato, ma è perfettamente inutile e dannoso negare l’evidenza, salendo su una sorta di Aventino più culturale che politico. In Italia bisogna fare i conti con Salvini! E proviamo a farli.

In questo momento fortunatamente sembra che i conti non quadrino: i consensi sono in calo, i processi incombono, il sorpasso della Meloni è dietro l’angolo, i contrasti interni sono crescenti, le tattiche si aggrovigliano. L’ultima uscita di Salvini sembra effettivamente poco azzeccata: sta regalando le tessere del vecchio partito “Lega Nord Padania” o meglio sta tentando di scambiarle con quelle del suo nuovo partito “Lega Salvini”. Nel 2018 infatti è nata la “Lega per Salvini premier” e a fine 2019 è partito il doppio tesseramento, senonché quella che doveva essere una sorta di riserva a cui attingere per dare l’idea di una certa continuità di linea politica si sta rivelando una spina nel fianco di Salvini da parte dei nordisti irriducibili che vorrebbero scompigliare i giochi usando il vecchio logo alle elezioni amministrative a Mantova e nei comuni emiliani. E allora è partito un tentativo di svuotare la scatola impolverata trasferendone il contenuto in un’altra pronta all’uso.

Il capofila dei nordisti, Gianni Fava, attualmente defilato, prende le distanze in modo piuttosto netto e si fa portavoce del sospetto che Salvini vogli utilizzare la Lega Nord come semplice deposito per poi trasferire nome e simbolo al suo nuovo partito Lega per Salvini. Di fronte a queste menate quelle della cosiddetta prima repubblica impallidiscono. Può darsi finisca tutto in tribunale a suon di carte bollate. Al di là di questa guerricciola fratricida ci sta però un vero e proprio contrasto a livello di linea politica. Dice Fava in una intervista rilasciata a le Repubblica: «Se competi con Meloni sullo stesso campo, la gente preferisce la destra populista originale, non la tua imitazione. Detto questo, quelli sono voti che noi leghisti del Nord non avremmo mai voluto. Eravamo e restiamo post ideologici, aperti, democratici, di certo antifascisti. L’appiattimento sulla destra europea populista è errore gravissimo che Salvini pagherà».

La Lega ha due punti di forza: il forte radicamento territoriale e una dignitosa classe dirigente impegnata a livello amministrativo. Sembra che questi legami si stiano allentando se non addirittura strappando. La base del Nord, come detto, è in subbuglio e i vari Zaia, Giorgetti e c. non perdono occasione per prendere le distanze da Salvini, che imperterrito continua la sua solitaria guerra mediatica. Lo slogan, ai tempi di Umberto Bossi, era: padroni a casa nostra. I leghisti duri e puri sono rimasti lì ed a loro non interessa fingere di spadroneggiare a Roma e Bruxelles con alleanze spurie e castranti.

C’è però un elettorato leghista allargato al quale è difficile prendere le misure: va dal no agli immigrati, che, tutto sommato gira e rigira, resta l’opzione di fondo, all’euroscetticismo di stampo populista, dall’ordine e sicurezza intesi in senso meramente protezionista all’opposizione di maniera ai poteri forti. La gente che ha in testa questa scala di (dis)valori cosa aspetterà ad aprire gli occhi? Le nostalgie nordiste filobossiane  non hanno una grande presa sul nuovo elettorato salviniano. Ci vorrà tempo per svegliarsi. Il centro-sinistra non sembra in grado di riassorbire l’emorragia, il centro destra praticamente non esiste. Al momento   accontentiamoci del buon senso (?) nordista: è quanto passa il convento. Siamo messi proprio male.