La ciambella evangelica nel naufragio trumpiano

Non sono un appassionato cultore delle religioni.  Ammetto di nutrire da sempre un certo scetticismo riguardo alle prospettive di unificazione, o per lo meno di dialogo, fra le diverse confessioni cristiane: mantengo intatta, nonostante i tentativi anche sinceri, l’impressione che si tratti di divisioni dottrinali molto influenzate da questioni di potere. Gesù, pur non essendo un prete dell’epoca, conosceva molto bene i “suoi polli” e, pur aborrendole con nettezza, le commistioni tra religioni e potere: in fin dei conti la sua morte può essere fatta risalire proprio al timore, da parte dei capi religiosi, di perdere il controllo della situazione. Per questo pregò con intensità ed insistenza affinché i suoi discepoli potessero rimanere uniti nel suo nome, senza cadere nella tentazione del frazionismo o del settarismo al fine di difendere i loro “orticelli clericaloidi”.

Di quanto sopra ho la riprova nell’atteggiamento dei cristiani evangelici americani di fronte alla presidenza di Donald Trump. Li osservo a distanza e leggo con stupore la loro prevalente adesione a questo strambo personaggio. Ho sempre avuto, seppure superficialmente, un occhio di riguardo per le questioni sollevate, in estremo dissenso rispetto al cattolicesimo, da Martin Lutero: l’essenzialità del vivere la fede in Cristo, il rifiuto di un certo insistente ritualismo, l’opposizione alla gerarchizzazione e clericalizzazione dei rapporti ecclesiali, etc. etc. Proprio per queste ragioni resto a bocca aperta quando sento e leggo che negli Usa gli evangelici hanno sostenuto e, cosa ancor più strana, continuano a sostenere Donald Trump, il quale si aggrappa sempre più all’appoggio religioso per uscire da una situazione di estrema difficoltà nella raccolta dei consensi.

Evidentemente agli evangelici non sono bastati questi quattro anni di “cazzate” per capire i profondi e insanabili contrasti fra la politica trumpiana e la fede evangelica. I legami, da quanto mi è dato capire, sono di carattere squisitamente doroteo, vale a dire questioni di potere: la religione che non cerca di ispirare la politica proponendo i propri valori con la testimonianza e con l’impegno, ma che si accontenta dei succosi piatti di lenticchie consistenti nella salvaguardia di spazi di potere e di aree di influenza. La democrazia americana mostra sempre più la corda del lobbismo su cui è costantemente in bilico e nell’asfissiante gioco lobbistico i cristiani evangelici svolgono un ruolo notevole.

Ricordo come un mio carissimo collega sostenesse che un credente, a qualsiasi religione appartenesse, non avrebbe potuto che essere politicamente di destra. Ragionamento apparentemente brutale e fazioso, ma non destituito di ogni fondamento. Se infatti mettiamo in primo piano gli interessi strutturali della religione finiamo per forza di cosa in braccio al potere, meglio se esercitato in senso reazionario o conservatore, senza correre alcun rischio di conflitto valoriale; se invece facciamo riferimento al dettato evangelico, non possiamo che essere laicamente lontani dal potere e a fianco di chi dal potere viene emarginato, discriminato, torturato e maltrattato in tutti i modi. La storia è tutta lì a dimostrarlo.

Tornando agli Usa sinceramente, pur concedendo a tutti la buona fede, non riesco a capire come un credente in Cristo possa votare per Donald Trump: le sue politiche sono la sistematica contro-rivoluzione cristiana, dal populismo al sovranismo, dal protezionismo al razzismo, dall’affarismo al clientelismo. È pur vero che in politica due più due non fa quattro, che non c’è limite al peggio, che i democratici non brillano certo per apertura agli ideali cristiani. È pur vero che non è facile essere e stare nel mondo senza essere del mondo. È pur vero che la fede non deve cercare riscontri obiettivi nella politica. Tutto quello che volete, ma che un seguace di Cristo appoggi Donald Trump mi fa letteralmente schifo. Così come mi fa schifo l’ostilità di tanti cattolici americani nei confronti di papa Francesco. Forse cattolici ed evangelici statunitensi hanno trovato una convergenza di fatto nella conservazione del potere religioso e laico. D’altra parte, come detto all’inizio, le divisioni fra cristiani avevano e hanno tuttora un bruttissimo sottofondo proprio nelle questioni di potere.