I telefoni azzurri dell’omertà europea

É più che scontato che mio padre amasse la buona compagnia, assai meno scontato è il fatto che esigesse una concreta ospitalità irridendo clamorosamente alle tavole spoglie: “Atenti a strabucher i bicer.”  Quando mia madre educatamente osava rifiutare col solito manierato “non si disturbi”, da provocatore nato la correggeva immediatamente: “No, no, ch’al s’disturba pur” (lascio immaginare i rimproveri che a freddo si buscava dalla moglie, ma quel che aveva detto non si poteva più ritirare).

Chissà perché di questo strano galateo paterno mi è sovvenuto leggendo i contenuti della telefonata segreta (?) tra Conte e Putin con il relativo giro d’orizzonte sugli eventi che caratterizzano o dovrebbero caratterizzare i rapporti tra Russia ed Unione Europea: soprattutto la crisi bielorussa e il caso del blogger avvelenato Alexey Navalny. Da giorni, il Cremlino ha intensificato i suoi contatti con i maggiori Paesi europei: è partito da una telefonata con la cancelliera Angela Merkel, poi è stato il turno del presidente francese Emmanuel Macron, del presidente del Consiglio europeo Charles Michel, e poi, per oltre un’ora, ha conversato con il premier italiano Giuseppe Conte. Faccio di seguito riferimento al chiaro resoconto di Francesca Sforza su La stampa.

In testa all’agenda del colloquio, i fatti di Minsk, cruciali per il futuro delle relazioni tra Russia e Ue, oltre che per la martoriata popolazione bielorussa. Il premier Conte ha fatto presente che di fronte a manifestazioni e proteste di queste dimensioni non è pensabile girarsi dall’altra parte, e pur consapevole del fatto che non ci può essere una soluzione della crisi in Bielorussia senza il consenso (e diciamo pure l’approvazione) di Mosca, ha sollevato l’importanza di una mediazione internazionale affidata all’Osce. Il problema però, come confermano anche fonti russe, è che quello che gli europei considerano «un tentativo di mediazione» è visto dai russi come «un’interferenza». «Durante lo scambio di opinioni sulla situazione in Bielorussia dopo le elezioni presidenziali – si legge nella nota del Cremlino diffusa da Gazeta.ru – la parte russa ha sottolineato quanto controproducente possa essere ogni tentativo di interferire negli affari interni della Repubblica». Ma se Lukashenko perdesse il controllo della situazione, chi si farebbe carico della gestione del Paese, ha chiesto l’Italia di fronte alla fermezza con cui Mosca rifiuta eventuali interventi di mediazione europea. Putin ha fatto capire che una perdita di controllo da parte di Lukashenko sarebbe un disastro per tutti, e che per questo avrebbe consigliato lui stesso, a Lukashenko, di incontrare gli altri ex candidati alla Presidenza per cercare di trovare una soluzione di compromesso. Per quanto riguarda un possibile sostegno militare al dittatore, Putin ha ricordato che in base al Trattato di Sicurezza Collettiva, la Russia, qualora fosse avanzata la richiesta, sarebbe «obbligata» a offrire il proprio aiuto. E ha anche detto che Lukashenko quella richiesta l’ha già avanzata, ma la Russia non ritiene che ci siano al momento le condizioni per un intervento. «Se però la situazione dovesse precipitare, e si dovessero verificare attacchi a palazzi delle istituzioni – ha detto Putin – allora la valutazione sarà diversa».

Ho capito: il fattivo interesse europeo si chiama “interferenza”, mentre l’eventuale aiuto russo sarebbe una risposta obbligata alla richiesta di aiuto. Non siamo molto lontani dalla teoria della “sovranità limitata” di sovietica memoria. Mentre la Russia si erge a Paese amico della Bielorussia per tenerla al guinzaglio a costo di soffocare le rivolte popolari contro il regime di Lukashenko, l’Europa dovrebbe stare a guardare fidandosi ciecamente della mafia putiniana. È finita la guerra fredda? Ma fatemi il piacere: dalla padella della rigida spartizione delle aree siamo passati alla brace della subdola consultazione sugli interventi. Dalla guerra fredda alla pace dei sepolcri più o meno imbiancati!  Se proprio devo essere sincero preferivo i comunistoni sovietici e il loro barbaro regime burocratico allo schifoso populismo di Putin, il quale non a caso era a capo dei servizi segreti sovietici e penso abbia sulla coscienza tali e tanti misfatti da far impallidire Hitler. Siamo nella perfetta continuità. Il discorso vale a Est e purtroppo anche per l’omertà occidentale. Il garbo e la discrezione con cui operano gli Europei non è abile diplomazia, ma vomitevole e pilatesco atteggiamento. Così va il mondo…

Sono in molti gli analisti che vedono una stretta correlazione tra le rivolte in Bielorussia e il ruolo di oppositore portato avanti da Alexey Navalny, e certo le circostanze temporali tra i disordini a Minsk e l’avvelenamento a Tomsk facilitano loro questo genere di congetture. Ma il premier Conte, in linea con i partner europei, si è limitato a valutare i contorni «preoccupanti» che circondano l’intera vicenda. Il presidente russo gli ha detto di essere anche lui interessato all’accertamento della verità, tanto da voler istituire una commissione d’inchiesta per far luce sull’accaduto. Allo stesso tempo, Putin ha fatto notare come sia importante, in questa fase, una grande condivisione dei risultati scientifici con la parte tedesca. «Al momento – ha detto – non pare risultino tracce della sostanza incriminata nell’organismo della persona colpita (il nome di Navalny non è stato mai pronunciato dal presidente nel corso di tutta la telefonata), ma soltanto gli effetti che questa avrebbe avuto nel medesimo organismo». Difficile quindi, secondo, i russi, far derivare direttamente la presenza dell’agente Novichok nel corpo del blogger. Indizi, ma non prove, e per questo «senza condivisione delle informazioni sarà difficile capire cosa è accaduto».

Le acrobazie russe non sono lontane da quelle fasciste dopo la morte di Giacomo Matteotti. E noi facciamo finta di ascoltare le false elucubrazioni di Putin: la prima gallina che canta e che continua a fare uova avvelenate. In politica estera la prudenza e la cautela sono importanti, ma non devono sfociare nella fuga dalle proprie responsabilità etiche e politiche. Possibile che l’Unione Europea non possa fare qualcosa di più rispetto alle ridicole telefonate di cui sopra? Se l’anelito democratico, che sta serpeggiando in Bielorussia, aspetta un riscontro europeo, penso dovrà riavvolgere frettolosamente le bandiere o bagnarle nel sangue. Dei Bielorussi, diciamola tutta, all’Europa non può fregare più di tanto: avremo il coraggio di alzare la voce solo se Putin ci verrà a toccare nel vivo. Non so come e non so quando. Nel frattempo leghisti e pentastellati lo ammirano e lo considerano un punto di riferimento diretto o indiretto. E questa sarebbe la seconda o la terza repubblica italiana (ho perso il conto!)? Ogni giorno che passa rimpiango la prima, laddove la politica estera aveva una sua dignitosa e coerente dimensione. Acqua passata macina solo nei miei ricordi… Mio padre esigeva che gli amici si disturbassero nell’ospitalità, io esigerei che almeno si esprimessero chiaramente nella solidarietà.