Evviva la “squola”

La storica impossibilità di riformare la scuola italiana mi ha sempre innervosito, irritato e indispettito: tutti i tentativi operati sono regolarmente andati a vuoto, anche quelli proposti da fior di ministri. I motivi, al di là delle obiettive difficoltà di mettere mano ad un mondo articolato e complesso, ci dovranno pur essere. La ministra dell’istruzione Lucia Azzolina, anziché mettere il dito nelle pieghe, o per meglio dire piaghe, della sua incompetenza e inadeguatezza, ha pensato che la miglior difesa sia l’attacco ed è partita in contropiede all’assalto del sindacato: «Le scuole riapriranno dal 1° settembre nonostante sia in atto un sabotaggio da parte di chi non vuole che ripartano».

Questo l’attacco in un’intervista al quotidiano La Repubblica. Azzolina ha fatto aperto riferimento ai sindacati scuola e ad un vero e proprio loro sabotaggio per impedire la riapertura delle scuole. In particolare non vorrebbero il concorso aperto a tutti. “Ho collaborato io stessa con un sindacato della scuola fino al 2017. Non c’è dubbio però che in questo ruolo mi sia trovata di fronte a una resistenza strenua al rinnovamento”, afferma la ministra, che poi spiega la sua posizione: “Non è un mistero che i sindacati siano contrari al concorso con prova selettiva: vorrebbero stabilizzare i precari, immissione in ruolo per soli titoli». Le critiche lasciano intendere che il sindacato mantenga una storica posizione conservativa dello status quo e uno strenuo atteggiamento corporativamente volto alla difesa degli interessi dei lavoratori della scuola.

Secondo un retroscena, pubblicato sempre da Repubblica, le parole della ministra Azzolina troverebbero un antefatto in una riunione a Palazzo Chigi, durante la quale il presidente del Consiglio Giuseppe Conte avrebbe parlato in modo esplicito di “ricatto del sindacato”. Secondo il virgolettato contenuto in un articolo del suddetto giornale, Conte avrebbe detto: «Siamo di fronte ad un ricatto inaccettabile da parte del sindacato. Ci stanno dicendo: se fate fare il concorso noi non facciamo ripartire la scuola. Immaginano una ratifica della situazione esistente: immettere in ruolo i precari ope legis. Ma i concorsi sono indispensabili, come è chiaro, a garantire trasparenza ed equità. Nel rispetto dei diritti acquisiti da ciascuno, i concorsi valutano i candidati per titoli e merito: non possiamo chiudere la porta a centinaia di migliaia di giovani proprio mentre chiediamo nuove competenze, digitalizzazione, modernità. I sindacati stanno chiedendo ai propri iscritti di mettersi in aspettativa, sollecitando l’invio in massa di diffide preventive ai dirigenti scolastici, sollevando per via burocratica questioni che bloccano di fatto la possibilità di ripartire». L’incontro si sarebbe concluso con una forte dichiarazione del premier: «I sindacati hanno svolto e svolgono un’azione fondamentale, da parte di questo governo c’è il massimo ascolto e rispetto di tutte le legittime istanze, che sono davvero tante: purché i sacrosanti diritti di chi lavora non si trasformino in rendita di posizione di chi li rappresenta. Ogni trattativa è aperta, ogni ricatto è da respingere».

Naturalmente la reazione dei sindacati non si è fatta attendere. Il segretario della Cgil, Maurizio Landini, ha definito inaccettabili le accuse provenienti dal ministro, ha dichiarato di difendere i lavoratori senza nascondersi dietro ricorsi e diffide, ha sottolineato i ritardi nell’avvio della messa in sicurezza delle scuole e nel processo di regolarizzazione del personale precario, ha ribadito che il sindacato ha l’ambizione di rappresentare tutti, vale a dire le persone che lavorano nella scuola, i lavoratori che mandano i propri figli a scuola e gli studenti, ha concluso impegnando il sindacato verso l’interesse generale del buon funzionamento del sistema di istruzione con l’obiettivo comune che la didattica riparta in presenza e in sicurezza per tutti.

Non ho la capacità e la possibilità di entrare nel merito dello scontro in atto, registro le posizioni in campo ed esprimo gravi preoccupazioni sul futuro della scuola a breve, medio e lungo termine. Non posso però esimermi dal tornare al punto dell’incipit di questo commento. Se “ecclesia semper reformanda est” come afferma il protestantesimo in riferimento appunto alla Chiesa, si potrebbe dire che “schola numquam reformanda est”. Spero di non avere “maccheronizzato” il latino. Voglio cioè dire che la politica e il sindacato hanno entrambi storicamente delle gravi responsabilità nella gestione del sistema scolastico, basti pensare alle titubanze sul discorso del tempo pieno, che, a mio giudizio, è un punto irrinunciabile per una scuola veramente impegnata e impegnativa. Se il sindacato si è spesso e troppo nascosto dietro la mera difesa degli insegnanti, la politica però non ha scherzato e purtroppo dimostra ancora una volta la sua pochezza di visuale e di convinzione. Proprio in questi giorni ho esaltato quanto la scuola mi abbia dato in termini di conoscenza e di formazione: merito soprattutto degli insegnanti che ho avuto. Sì, perché la scuola non la fanno i ministri e i sindacati, ma gli insegnanti. E allora, mettiamoli una buona volta in condizione di lavorare molto e bene, di guadagnare il giusto, di aggiornarsi continuamente, di dialogare con gli studenti e le loro famiglie. Il sindacato non li difenda e rappresenti a prescindere dal loro valore e dal loro impegno, i governi non li trattino come pezze da piedi, gli studenti non li considerino come avversari e le famiglie come comodi bersagli per il loro scaricabarile. Che il covid ci costringa ad essere seri e ad evitare insulse e dannose polemiche: ognuno si prenda le sue storiche ed attuali responsabilità e la smetta di pensare e scrivere la scuola con la “q” del qualunquismo corporativo, della quiete conservatrice e della quaresima perpetua.