Dall’indecifrabile libro del piccolo profeta Gioele

É stato Pino Lo Bello, carabiniere in pensione che stava partecipando alle ricerche, a trovare i resti del piccolo Gioele, il bambino di 4 anni scomparso il 3 agosto insieme con la madre Viviana Parisi, poi trovata morta. Le squadre che partecipano alle operazioni si sono dirette sul posto per un sopralluogo, insieme al Procuratore di Patti Angelo Cavallo che coordina le indagini. Il luogo si trova a circa 200 metri dall’autostrada Messina-Palermo dove la mamma e il figlioletto sono stati visti per l’ultima da un testimone, dopo un lieve incidente.  Il carabiniere protagonista del ritrovamento ha dichiarato: “Mi sono infilato in posti dove altri non arrivavano”.

A questa ammirevole persona che si è volontariamente impegnata, dopo essermi doverosamente complimentato per l’esito del suo lavoro, vorrei raccontare un piccolo episodio tratto dal libro dei miei ricordi paterni: davanti al video, vale a dire una delle solite vuote interviste propinate ai fanatici del pallone. Parla il nuovo allenatore di una squadra, non ricordo e non ha importanza quale, che ottiene subito una vittoria ribaltando i risultati fin lì raggiunti. L’intervistatore chiede il segreto di questo repentino e positivo cambiamento e l’allenatore risponde: “Sa, negli spogliatoi ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti che dovevamo vincere”. Non ci voleva altro per scatenare la furia ironica di mio padre che, scoppiando a ridere, soggiunse: “A s’ capìssa, l’alenadór äd prìmma, inveci, ai zugadór al ghe dzäva äd perdor”. A buon intenditor poche parole: il pizzico di esibizionismo presente nel volontariato rischia di togliere genuinità al pur meraviglioso fenomeno.

“Cinque ore di lavoro di un volontario rispetto a 15 giorni di 70 uomini esperti mi fanno sorgere dei dubbi oggettivi sui metodi adottati per le ricerche. La mia non vuole essere una polemica, ma la semplice considerazione di un marito e padre distrutto per la perdita della propria famiglia”. Lo afferma Daniele Mondello, papà di Gioele e marito di Viviana Parisi, sul proprio profilo Facebook. “Nonostante il dramma che mi ha travolto – scrive – trovo doveroso ringraziare quanti mi hanno aiutato. Dedico un ringraziamento particolare al Signore che ha trovato mio figlio. Se non ci foste stati voi, chissà se e quando lo avremmo ritrovato”. “Viviana e Gioele – conclude Daniele Mondello – vi ringraziano ed io vi mando un abbraccio enorme, siete stati grandi!”.

Con tutto il rispetto possibile e immaginabile per una persona così tragicamente colpita nei suoi affetti, forse non sarebbe male se Daniele Mondello ai dubbi sui metodi adottati per le ricerche (sinceramente non saprei cosa altro avrebbero dovuto fare) ne aggiungesse qualcuno sulla sua vita di coppia e di famiglia: comunque siano andate le cose (infatti forse non si saprà mai), qualcosa non è andato per il verso giusto e, senza volere colpevolizzare alcuno, maggiori affiatamento e interessamento preventivi non avrebbero guastato. Sono vicende impossibili da capire e da valutare dal punto di vista umano e giudiziario, ma chi ne è stato direttamente o indirettamente protagonista dovrebbe farsi un po’ di esame di coscienza, anziché scaricare immediatamente le colpe sugli altri, magari proprio su coloro che si son dati da fare nel compimento delle loro funzioni istituzionali e professionali.

Anche la società, anziché rifugiarsi nell’evento, vivendone con sadica curiosità i vari aspetti, dovrebbe interrogarsi sul come e perché questi drammi possano succedere nel disinteresse e nell’indifferenza generale. È inutile commuoversi, piangere, imprecare, analizzare l’accaduto, cercare spiegazioni pseudo-scientifiche. Quando un dramma si verifica al di là della porta accanto, forse qualcuno poteva rendersene conto e fare qualcosa prima che succedesse il fattaccio. “Chi l’ha visto” è il titolo di una trasmissione televisiva, che mantiene, nonostante gli anni, tutta la sua verve mediatica. Si cerca chi ha visto i buoi dopo che sono scappati dalla stalla. Sarebbe molto meglio provare a vedere cosa succede nelle nostre stalle, nel rispetto della privacy, ma anche in ossequio a quel minimo di solidarietà che dovrebbe connotare i nostri rapporti.