Un parroco, un vescovo e…un cardinale

Un mio rigorosissimo amico, cattolico osservante e praticante, mi raccontò di essersi fatto scrupolo di partecipare alle nozze di un suo amico celebrate con rito civile e di avere chiesto al riguardo consiglio al suo confessore, che gli consigliò di presenziare tranquillamente alla cerimonia: “Questi tuoi amici almeno si sposano…”, lasciando intendere che…ben venga qualsiasi celebrazione dell’amore fra due persone.

Credo che abbia fatto questo ragionamento, anche se portato alle estreme conseguenze, il parroco che nei giorni scorsi ha indossato la fascia di ufficiale civile e ha presieduto l’unione civile di due donne. Se non ché don Emanuele Moscatelli, parroco di sant’Orazio in provincia di Roma, ha dovuto “dimettersi spontaneamente” e farà un periodo “di riflessione e verifica. L’asciutta ed ufficiale cronaca del quotidiano Avvenire ci informa (?) che il sacerdote ha “capito l’inopportunità”: lo ha spiegato all’AdnKronos il vescovo di Civita Castellana, monsignor Romano Rossi, che fa sapere che da domenica prossima i parrocchiani avranno un nuovo parroco. Il vescovo ha parlato a lungo con don Emanuele: “Abbiamo dialogato, non si è trattato di una decisione di autorità – assicura -. Non è in corso in nessuna censura, ha deciso che era opportuno dimettersi”. “Il parroco – spiega il vescovo Rossi – è un libero cittadino, ma c’è un canone che impedisce ai sacerdoti di officiare cerimonie civili. Ma si dialoga nella Chiesa e così ho fatto con don Emanuele”. Dopo il periodo di riflessione, spiega ancora il vescovo, “non potrà fare il parroco a sant’Oreste, ma, una volta chiarite certe cose, potrà fare tutto, quando sarà il momento”.

L’unione civile è stata ratificata l’11 luglio a Sant’Oreste, comune della provincia di Roma con poco più di 3.600 abitanti. Pochi giorni prima della celebrazione, il parroco di San Lorenzo Martire, era andato dalla prima cittadina per chiedere di potere presiedere all’atto. Il sindaco Valentina Pini, primo cittadino di Sant’Oreste dal giugno 2016 eletta con una lista civica, ha accettato e ha ceduto la fascia tricolore al sacerdote.

A questo punto, dopo aver sottolineato il vomitevole approccio burocratico, che nasconde l’ostilità preconcetta verso le unioni omosessuali, cedo la parola, perché correrei il rischio di spararne delle grosse contro la gerarchia cattolica e i suoi metodi militareschi di fare rispettare quelle che dovrebbero essere regole, ma che, a mio giudizio, sono i fardelli farisaici di cui parlava sarcasticamente Gesù.

Mi rifaccio direttamente e indirettamente al pensiero ed allo stile del cardinale Carlo Maria Martini, che diceva: «Non è male che due omosessuali abbiano una certa stabilità di rapporto e quindi in questo senso lo Stato potrebbe anche favorirli. Non condivido le posizioni di chi, nella Chiesa, se la prende con le unioni civili».

Voglio richiamare però anche il breve, ma esauriente, profilo che del cardinale Martini tracciò il mio carissimo amico don Luciano Scaccaglia: «Grande studioso della Bibbia, pastore e profeta. Sulle orme di Gesù, partendo dalla giustizia quale conseguenza della fede, era aperto alle persone, non facendosi mai imprigionare dagli e negli schemi,  con una grande attenzione ai non credenti, ai poveri, ai malati, agli indigenti, agli stranieri, agli omosessuali, alle coppie di fatto, ai divorziati risposati, ai detenuti, financo ai terroristi; affrontava serenamente il dialogo con le altre religioni, si poneva, a cuore aperto, davanti alle problematiche sessuali, alla bioetica, all’eutanasia, all’aborto, all’accanimento terapeutico, all’uso del preservativo, al sacerdozio femminile, al celibato sacerdotale. Sempre pronto all’incontro con gli “altri”, con tutti».

In cauda venenum: prescindendo dal merito della questione, che giudico un’autentica e pretestuosa “bega da frati”, facendo riferimento al cartellino giallo sventolato sotto il naso di don Moscatelli, desidererei che uguale tempestività e rigore disciplinare fossero riservati dalla gerarchia cattolica ai preti in odore di pedofilia e a quelli in odore di affarismo. Coraggio, papa Francesco, perché la convalescenza è molto lontana…