Siamo europei o caporali?

“Non un centesimo per gli italiani”. È il cartello con cui il parlamentare d’opposizione olandese, Geert Wilders, leader del Partito per la libertà e alleato di Matteo Salvini in Europa, ha accolto il premier Conte, in visita da Mark Rutte. La contestazione è andata in scena davanti al Palazzo Binnenhof, sede del bilaterale Italia-Olanda. “Se sono questi gli alleati di Salvini la Lega cambi slogan: “Prima gli olandesi!” ha commentato il segretario del Pd Nicola Zingaretti. Zingaretti ha condiviso la foto di Wilders insieme a Salvini, con la scritta: “Ecco chi sono i suoi alleati”.

Non mi interessa in sé e per sé la polemichetta contro Salvini: non aspetta altro per mantenere viva la sua immagine mediatica. Il fatto mi sollecita invece una riflessione un po’più profonda. Siamo o non siamo in grado di ragionare di politica in termini europei? Parecchi anni fa un mio amico non si faceva scrupolo di tifare, calcisticamente parlando, per il Real Madrid. A chi se ne stupiva rispondeva per le rime: non siamo in Europa e allora…

La metafora calcistica è pertinente in quanto il nostro atteggiamento verso la Ue è più o meno quello di un tifoso, che accetta la partita, ma vuole a tutti i costi che la sua squadra nazionale vinca o, a volte, desidera ancor più ardentemente che perda soprattutto il suo antipatico competitor.

Le istituzioni europee dovrebbero aiutare a superare queste assurde ed anacronistiche contrapposizioni, invece purtroppo le ripropongono alla grande. Il Parlamento europeo dovrebbe essere la stanza di decantazione di questi sentimenti nazionalistici: i gruppi dovrebbero costituirsi ed operare in chiave politico-programmatica avendo a riferimento l’intero contesto europeo. Non succede e i rapporti finiscono nell’intersecazione dei fili della conflittualità politica (popolari, socialisti, verdi, liberali, etc.) con quelli della geo-politica (europeisti, euroscettici, nazionalisti, sovranisti, etc.).

Poi naturalmente arrivano i cortocircuiti: gente che a casa propria si allea in un certo modo, diverso da quello adottato in sede europea; gente che si ritrova come avversario il potenziale alleato (quando c’è da dare addosso all’Europa, si può andare d’amore e d’accordo, quando si parla di soldi, il discorso cambia e le alleanze saltano come birilli).

Ricordo un paradossale episodio capitatomi in una sede politica. Partecipavo ad un convegno e, seduto accanto a me, c’era un amico piuttosto insofferente e polemico, che mi manifestava la sua contrarietà rispetto alle tesi che venivano esposte dai relatori. Lo spinsi ad intervenire nel dibattito e a perorare con veemenza le sue cause, che pensavo, tutto sommato, fossero anche le mie. Prese la parola, andò sul palco e cominciò una requisitoria pazzesca contro tutto e tutti. All’inizio ero assai divertito e orgoglioso di aver innescato la polemica, ma ad un certo punto la valanga mi venne addosso al punto che mi ritrovai in piedi, rosso in viso, a contestare apertamente e violentemente il mio alleato, il quale mi guardava, non capiva cosa stesse succedendo e si ritrovava isolato a sparare le sue cartucce.

Ho la netta impressione che a livello europeo sia in atto un vero e proprio gioco delle parti, che ha ben poco da spartire con la politica e finisce col cristallizzare certi rapporti di forza in netta controtendenza rispetto ai processi di integrazione. In troppi parlano, in senso politico, due lingue e finiscono col non capirsi in mezzo al conseguente casino. Quando si elegge il Parlamento europeo si resta ancorati ai criteri di scelta di carattere nazionale. Non faccio per vantarmi, ma per più volte ho tentato di liberarmi da questi lacci nazionalistici. Una volta ho votato un missionario cattolico candidato nelle liste di “democrazia proletaria”, pensando che almeno avrebbe reagito in modo forte al clima affaristico della Ue. Altre volte ho votato i Verdi, l’unico partito veramente europeista, orientato su un concetto di Europa pulito da tutti i punti di vista. Ho lasciato perdere gli schemi tradizionali, che, come diceva mia sorella, a livello europeo servono a coprire una sostanziale e generalizzata conservazione o addirittura un’opzione pseudo-fascista.