La società a doppio binario (morto)

Il sistema binario è un sistema numerico posizionale in base 2. Esso utilizza solo due simboli, di solito indicati con 0 e 1, invece delle dieci cifre utilizzate dal sistema numerico decimale. Ciascuno dei numeri espressi nel sistema numerico binario è definito “numero binario”.

I computer, se non erro, viaggiano in base a questo sistema. Anche la nostra società funziona su una sorta di sistema binario. Nei giorni scorsi ho provato ad applicarlo alla politica. Riprendo il concetto: la politica italiana viaggia sul doppio binario, quello della ipercriticità gratuita e faziosa e quello delle sclerotiche reazioni allergiche alle critiche: la discussione ridotta a costante duello fra chi ha tutte le ragioni e chi ha tutti i torti.

Dal punto di vista sociale viviamo nel mare magnum della burocrazia e, giustamente, ce ne lamentiamo ad ogni piè sospinto. Tutto sembra paralizzarsi di fronte al dominio o all’eccessivo potere della pubblica amministrazione, con l’improduttiva pedanteria delle consuetudini, delle forme, delle gerarchie; purtroppo succede anche nelle amministrazioni e organizzazioni non pubbliche, che ne ricalcano gli aspetti e, soprattutto, i difetti.

Dall’altra parte scatta una reazione uguale e contraria nei comportamenti individuali e collettivi: ognuno fa quel cavolo che crede, se ne fotte delle regole, viaggia sull’altro binario, vale a dire quello della strafottente noncuranza nei confronti dei propri doveri e/o dei diritti altrui. Un tempo la trasgressione era tale in quanto rappresentava l’eccezione alla regola, oggi c’è in atto lo stravolgimento in base al quale chi trasgredisce è in regola e chi cerca disperatamente di stare in regola viene emarginato e considerato lo scemo del villaggio e/o il brontolone di turno.

Qualcuno sostiene che la trasgressione sia la conseguente reazione alla burocrazia imperante, da cui ci si può difendere solo facendo i cazzi propri. Non so se sia nata prima la gallina burocratica o l’uovo del “chissenefrega”, fatto sta che la nostra società rischia una doppia paralisi: una da eccessiva staticità e l’altra da deformante dinamicità.

Mi viene spontaneo fare l’esempio del sistema fiscale: una pazzesca pletora di regole e di relative sanzioni porta acqua al mulino dell’evasione. Nella enorme confusione normativa chi intende farla franca e non pagare le tasse va a nozze, perché ha in tasca una polizza inattaccabile contro il rischio dell’evasione. I controlli finiscono col prendersela con i pochi che capitano sotto le grinfie dell’erario, spesso si tratta di quei pochi che magari hanno cercato di rispettare le regole e si vedono “becchi e bastonati” sotto le contestazioni globali del “dalli all’evasore”. Gli evasori, quelli veri, se la ridono nascondendosi dietro il dito della loro irrintracciabilità. D’altra parte già molti anni fa, un caro e bravo collega, esperto di fiscalità, teorizzava sarcasticamente come forse basterebbe inviare all’agenzia delle entrate un consistente numero fasullo di dichiarazioni dei redditi per mandare in tilt tutto il sistema.

Quando ci si pone il problema di riformare il sistema amministrativo, si pone immediatamente il dubbio amletico del “semplificare o non semplificare”: nel primo caso si teme di aprire un’autostrada (peraltro già aperta) ai trasgressori; nel secondo si teme di perpetuare l’inefficienza del sistema imprigionandolo in una pletora di regole (peraltro già esistente).

Poi escono anche i soliti pro e contro rispetto ai condoni: servono all’emersione del nero o all’immersione del bianco? Sono un premio ai trasgressori e un invito alla trasgressione, sono una piccola tassa che legittima la violazione delle regole o, perso per perso, un modo per portare all’erario un po’ di soldi? Forse i condoni rappresentano lo sposalizio tra l’inerte burocrazia e la furba egolatria.

Anche la lotta al coronavirus è rimasta invischiata nel sistema binario: per un po’ ha funzionato la estrema, e per certi versi inevitabile, burocratizzazione del lock down, poi, quando è subentrata la paralisi, via con la ripartenza, vissuta purtroppo da molta gente come un “liberi tutti” e “a chi tocca leva”. E tocca, come sempre, a chi cerca di comportarsi con serietà e buonsenso.

Tra i paragoni impossibili, varati dal grande attore dialettale Bruno Lanfranchi, ce n’era uno che diceva: “L’era un òmm tant timmid e impresiónabil c’al gäva paura d’un binäri mòrt”. Non è poi tanto impossibile avere paura del binario morto, se si tratta di quello che ho cercato di spiegare come un tarlo esistente nella nostra società.