La pizza alla dalemoni

Sono talmente nauseato delle sciocche dispute politiche a sinistra e destra, da prendere in considerazione uno scenario che taglierebbe la testa al toro. In questo periodo sto soffrendo parecchi disturbi gastro-intestinali al punto da perdere l’appetito: mi viene la tentazione di provare quotidianamente a vivere di pizza (un giorno ai formaggi, un giorno ai funghi, un giorno al tonno, etc. etc.) per stuzzicare l’appetito e per collaudare finalmente la tenuta del mio apparato digestivo. Non so come, ma forse ne uscirei in qualche modo, abbandonando le diete e chiarendo finalmente di che morte devo morire.

In cosa consisterebbe, politicamente parlando, la cura delle pizze a go-go. Ho persino vergogna a dirlo, ma andrei a rimettere in pista due pizzaioli abbastanza defilati: a sinistra Massimo D’Alema, a destra Silvio Berlusconi. Sono sicuro che troverebbero un accordo non certo ai massimi livelli, ma per sopravvivere. Un mio carissimo amico, quando gli viene chiesto come sta, risponde sistematicamente con una parola: sopravvivo. Bisogna sapersi accontentare, soprattutto ad una certa età ed in certe situazioni. La politica ha bisogno di sopravvivere e per ottenere questo risultato minimale non servono gli apprendisti stregoni del M5S, né gli aspiranti asceti del Pd, né le spregiudicate verginelle di Leu, né i gufanti scacciapensieri della Lega, né i pragmatici nostalgici di FdI. Bisogna affidarsi a personaggi che la sanno lunga, turarsi il naso, piegare il capo e sperare nel miracolo.

Mi si dirà: D’Alema è fuori dai giochi a sinistra e Berlusconi a destra sta giocando a “ciapa no” (in termini di voti). Pensate se Mattarella, ancor più nauseato di me, si concedesse un folle tentativo di mettere in piedi un governo D’Alema-Berlusconi. Sono sicuro che i mercati prenderebbero il volo; l’Europa festeggerebbe il ritorno dell’Italia alla “normalità” (socialisti e popolari che governano insieme); con la Cina ce la caveremmo benissimo; in medio oriente Berlusconi tranquillizzerebbe Israele e D’Alema garantirebbe gli arabi; si troverebbe la quadra di una pragmatica politica per l’immigrazione; persino il coronavirus si calmerebbe.

I ministri non sarebbero peggio degli attuali. In Parlamento Berlusconi saprebbe destreggiarsi a destra recuperando gente che non aspetta altro, D’Alema taciterebbe tutti gli scontenti della sinistra, il M5S troverebbe finalmente la sua identità (né di destra né di sinistra) e farebbe l’opposizione in piazza. E gli Italiani tacerebbero di fronte ad un simile scenario politico mozzafiato. Resterebbe il problema del premier: chi lo farebbe? D’Alema o Berlusconi? Un bel rompicapo per Mattarella. Una staffetta e non se ne parla più. Se qualcuno non se ne fosse ancora accorto, sto scherzando, anche se…

Facciamo un po’ di revisionismo spicciolo? Berlusconi non aveva tutti i torti su tre questioni: quando sosteneva che per fare i conti in tasca agli italiani bisognava partire dai ristoranti stracolmi; quando osservava come gran parte dei politici non si fosse mai cimentato in un lavoro vero e proprio; quando riteneva Gheddafi un male necessario.

D’Alema non era così lontano dalla verità quando pensava che la Lega fosse una costola della sinistra; quando voleva portare Walter Veltroni a fare il missionario in Africa; quando agli albori della cosiddetta seconda repubblica rimpiangeva la Democrazia Cristiana.

Forse è meglio che ci dia un taglio, perché, se proseguo, va a finire che nel governo D’Alema- Berlusconi ci credo veramente… E pensare che mi sono sempre dato arie da aberlusconiano e da spietato antidalemiano. Avevo ragione, ma, quando uno sta per affogare…