Il catastrofismo di maniera

Le notizie catastrofiche sulla situazione economica si rincorrono: al 90% è roba trita e ritrita. La caduta del Pil, la drastica diminuzione delle vendite, l’occupazione in calo, i settori in crisi, la povertà in aumento, il malcontento montante. Vorrei capire cosa c’è di nuovo rispetto alla prevedibilissima crisi post-coronavirus.

Si tratta di un esercizio retorico che non serve assolutamente a niente e nessuno: tutti vogliono dire la loro scontata verità e sparare cifre alla viva il parroco, mentre sta dilagando la sindrome del disastro settembrino. Fanno meno audience i dati preoccupanti sulla diffusione del virus in tutto il mondo, ormai tirano le notizie sulla crisi economica: il sadismo mediatico non guarda in faccia a nessuno. Non è però solo una degenerazione a livello informativo, c’è anche la corsa di istituzioni, enti ed associazioni ad enfatizzare la realtà facilmente prevedibile e difficilmente arginabile e combattibile.

Durante una rappresentazione teatrale a livello parrocchiale, un attore improvvisato, che non aveva imparato a dovere la sua parte, ad un certo punto, nel momento di massima tensione drammatica della vicenda, si bloccò su una battuta: “questa casa va a catafascio”. Di lì non ci si muoveva, la frase veniva ripetuta alla ricerca dell’imbeccata da parte degli altri protagonisti che non arrivava, il suggeritore non sapeva più che pesci pigliare, la recita si impantanò, venne calato il sipario, sperando che il pubblico apprezzasse il colpo di scena, mentre invece si scatenò in urla e fischi contro tutto e tutti. La commedia finì malissimo: un fiasco pazzesco.

L’economia sta andando a catafascio! Lo si poteva facilmente prevedere e lo si sa benissimo. E allora? Se gli attori sul palcoscenico non recitano la loro parte, se chi deve proporre vie d’uscita è nel pallone, si pensa di risolvere la questione tirando il sipario e dichiarando fallimento totale? Se continuiamo ancora un po’, va a finire così. Qualcuno si illudeva che bastasse riaprire i battenti per rimettere in moto l’economia? Qualcuno pensa che continuando a suonare le campane a morto il funerale possa risolversi in positivo. Ai funerali si suonano le campane a morto all’arrivo del feretro in chiesa, poi all’uscita si suonano le campane a festa a significare la fede della comunità nella risurrezione dei morti e nella vita eterna.

Dobbiamo trovare un minimo di fiducia in noi stessi, nelle istituzioni, negli imprenditori, nei lavoratori, nei governi, altrimenti siamo perduti. Continuare a recitare il ritornello della crisi ci deprime e ci paralizza. Non sto chiedendo una irresponsabile ventata di ottimismo: ci stanno già pensando le migliaia di cittadini che si comportano in modo scriteriato volendo vedere a tutti i costi il bicchiere mezzo pieno. Non sto ipotizzando una fuga generale alla ricerca di una qualche distrazione di massa. Sto pensando alla disponibilità a fare dei grossi sacrifici e alla capacità di chiederceli, prospettando meccanismi che sconfiggano l’inequità, termine un po’ sgrammaticato, ma molto efficace, usato da papa Francesco, che definisce appunto l’inequità come la radice dei mali sociali.

Quando in una famiglia le cose vanno male si è portati, sbagliando, a drammatizzare la situazione come se bastasse per scuotere le menti e i cuori. Serve solo a deprimersi e a peggiorare la situazione. Anche le proposte di sacrifici fatte dal capo-famiglia cadono spesso nel vuoto, perché tutti si guardano e pensano che l’altro faccia meno sacrifici e sia avvantaggiato. Succede come a Coppi e Bartali al campionato del mondo di ciclismo. Sembra di assistere allo storico tira e molla tra i nostri due campioni: parti tu che parto io, non partì nessuno dei due e vinse, se non erro, Rik Van Steenbergen. Bisogna che chi propone i sacrifici abbia la credibilità per garantire una loro equa ripartizione prima ancora di una loro qualche efficacia.

Un tempo si diceva che questo ruolo dovesse e potesse svolgerlo la sinistra politica: non ne sono più così sicuro anche perché rischia di diventare la questione dell’uovo e della gallina: è la sinistra che fa l’equità o l’equità che fa la sinistra. Certo non fa niente di buono continuare col rosario dei dati negativi.