La folle guerra estiva dei post-grillini

Uno statista guarda alle prossime generazioni, un politico guarda alle prossime elezioni, i pentastellati guardano al prossimo settembre. Non ho ben capito, ma tutti parlano di settembre come del momento della verità della situazione socio-economica conseguente alle drammatiche vicende della pandemia, che essa stessa a settembre potrebbe riservare qualche spiacevole ulteriore sorpresa (il virus per la verità non aspetta e si è rifatto vivo in Cina, continua a mietere migliaia di vittime in India e Brasile, etc. etc.).

Un tempo si parlava di autunno caldo a livello sindacale, oggi si prefigura un autunno caldo a livello globale, anche se la crisi è già clamorosamente in atto in tutti i suoi aspetti eclatanti e “misteriosi”. L’appuntamento settembrino sembra quindi più un modo di dire che un’effettiva scadenza: i problemi sono già sul tavolo e non vedo il perché si debba aspettare qualche mese prima di affrontarli. La scusa delle ferie non tiene e appare come una rituale e superata scansione di tempi. Spero che governo e parlamento abbiano il buongusto di non andare in ferie, di non chiudere i battenti, c’è ben altro a cui pensare.

Ho introdotto questa leziosa riflessione sui tempi della politica, perché i politologi trovano una plausibile motivazione alla “guerra interna dei grillini” nella preparazione tattica al redde rationem autunnale. Il ragionamento è questo: si scatenerà il finimondo e i pentastellati temono di essere sommersi dai problemi e di andare in ulteriore crisi di consensi, tanto vale prepararsi a prendere le distanze dalle responsabilità di governo, rituffandosi nel recupero dell’identità populista e antisistema alla ricerca della credibilità protestataria. Mentre Beppe Grillo sembra aver sposato la causa governativa e, prima ancora, quella della collocazione nell’area di sinistra dello schieramento, i “dibbattistiani” vogliono recuperare le mani libere per poter cavalcare le piazze in fermento. Resto dell’dea che i contestatori avranno poco spazio e poco successo: qualcuno ipotizza addirittura una scissione, che metterebbe in difficoltà il governo. Gli italiani potrebbero persino apprezzare l’ira funesta del grillino Di Battista che infiniti lutti adducesse al centro-sinistra?

Che la maggior forza parlamentare potesse un bel giorno fare calcoli di questo tipo, forse nemmeno Alcide De Gasperi, autore della distinzione tra statisti e politici, poteva immaginarlo e infatti mi sono permesso all’inizio di parafrasarlo introducendo l’inopinata variabile pentastellata. Al di là degli imbarazzi provocati dalle fangose ipotesi di finanziamenti assai poco trasparenti proveniente dall’estero, da una parte abbiamo la fazione barricadiera del M5S che pensa di salvarsi cavalcando la protesta e rinunciando a governare, dall’altra abbiamo la fazione filo-governativa, che intende rimanere sui banchi di combattimento del governo Conte. In mezzo il presidente del Consiglio che butta gli stati generali dell’economia oltre l’ostacolo, attirandosi le critiche di tutti. Si va dal libro dei sogni all’ennesimo escamotage de “la pubblicità è l’anima della politica”. Il partito democratico tira la giacca a Conte per riportarlo alla politica dei fatti concreti: tutto ancora da stabilire quali siano questi fatti concreti.

Massimo Cacciari, sempre a metà strada tra filosofia e politica, un incrocio piuttosto strano ma interessante, sottolinea, con la sua solita vena tranchant, come il piano presentato da Vittorio Colao con la sua task force sia un documento politico, che scombina il discorso delle competenze. I tecnici infatti dovrebbero essere chiamati a studiare tempi e modi concreti per la fattibilità delle scelte politiche adottate dal governo e non viceversa. Su tutto, a giudizio di Cacciari, regna la più assoluta astrattezza e incompletezza. Le forze politiche di opposizione sono altalenanti tra le smanie barricadiere di Salvini e Meloni e le malcelate velleità filogovernative di Berlusconi; i partiti di governo devono fare i conti con le continue ma imprescindibili incertezze pentastellate. E Conte deve fare i conti con tutti. Speriamo senza tirarla troppo per le lunghe: settembre è troppo lontano. Auguri e governo maschio!