Il mio mostro della “biosocioetica”

Ho seguito con un certo interesse il mega seminario promosso dal Centro Universitario di Bioetica di Parma su “La tempesta del Covid. Dimensioni Bioetiche”. Dai numerosi (troppi!) interventi sono uscito quasi stordito, sballottato tra un soffio idilliaco su quanto è stato fatto nelle strutture sanitarie e un vento disperante sulle prospettive future a tutti i livelli possibili e immaginabili. La interdisciplinarietà, la vera e caratteristica ricchezza dell’Istituzione Universitaria, a volte rischia purtroppo di inflazionare la problematica e, nella peggiore delle ipotesi, di confondere le idee, già anche troppo confuse. Ecco perché durante e alla fine di questa ridondante passerella, mi sono rifugiato nella mia nicchia culturale, vale a dire le (non) scienze economiche (per la verità dal convegno è uscito un concetto assai relativizzato di scienza e di etica, che però non autorizza gli scienziati a vivere in una sorta di libera uscita perpetua in attesa di rientrare in una caserma dove non si dovrebbe scherzare col fuoco).

Il professor Eugenio Pavarani ha tracciato un quadro economico molto fosco, quasi tragico ed apparentemente senza vie d’uscita. L’Europa esce lacerata, indebolita, ancor più fragile, bloccata nel suo già difficile cammino verso la federazione. Il nostro Paese soffre un declino economico in cui il Covid esaspera la situazione di crisi preesistente. Il tenore di vita si sta abbassando notevolmente. Torneremo solo nel 2038 ai livelli economici del 2007. La crisi si scaricherà sui poveri (9 milioni di poveri assoluti). E lasciamo perdere il Pil…

Roba da far tremare le vene ai polsi. Se possibile, personalmente sono ancor più pessimista, ma bisogna anche sforzarsi di guardare avanti con l’ottimismo della volontà. A differenza del secondo dopoguerra, l’attuale crisi, per certi versi assimilabile ad una vera e propria emergenza ricostruttiva, non può contare su una facile ripresa della domanda: allora bastava rimettere in moto la produzione  e la domanda poteva seguire automaticamente (il boom economico si poté avvalere  di un virtuoso collegamento fra “le cantine” della grandi città in cui si lavorava alacremente e la “smania” di consumare da parte dei poveri invia di affrancamento dalla loro condizione). Oggi non basta pompare risorse a livello produttivo se non si creano contemporaneamente i presupposti per una significativa ripresa della domanda, vale a dire occupazione e insorgenza di bisogni ecologicamente e culturalmente nuovi.

Al nostro Paese mancano indubbiamente le risorse finanziarie: sugli aiuti Usa non si può fare alcun affidamento, su quelli europei bisogna fare affidamento senza scrupoli e con decisione. Ma non basterà! Bisognerà trovare il modo di far piangere i ricchi senza compromettere la loro capacità produttiva. Occorrerà far sorridere i poveri senza illuderli con misure di mera e pigra sussistenza. Sarà necessario che lo Stato riesca ad eliminare gli sprechi e faccia pagare finalmente le tasse a chi non le paga da una vita.

Per avviare simili percorsi ci vorrebbe una classe politica all’altezza del compito. Non c’è, è inutile girarci intorno! E allora? Le nozze coi fichi secchi non sono il massimo, ma l’importante è sposarsi. Dobbiamo rassegnarci e lavorare con pazienza ad un futuro carico di incognite. Dalle pur estremamente interlocutorie risultanze del seminario di cui sopra ho tratto l’impressione che la scienza non debba, a ragione, assumere responsabilità seppure indirette di governo, ma non voglia più di tanto elaborare proposte utili che vadano al di là della mera e forbita analisi della realtà.

La bioetica è indagine speculativa su problemi morali ed etici sollevati in campo medico e biologico da interventi o esperimenti che coinvolgono più o meno direttamente la vita umana o anche animale. Bisognerebbe allargare la visuale ai problemi della società. Forse è questa, provocatoriamente parlando da incompetente, la nuova ed allargata dimensione bioetica: non si tratta tanto di fissare dei protocolli in base ai quali scegliere di quadrare il cerchio delle risorse limitate a fronte dei bisogni illimitati, ma di darsi un colpo di reni per trovare proposte scientificamente valide per allargare il cerchio delle risorse in modo da farci star dentro le serie ed imprescindibili necessità esistenziali della gente. Sto ipotizzando una sorta di mostro, la “biosocioetica”, e chiedo umilmente scusa delle sciocchezze che sto scrivendo anche se il discorso che intendo fare mi sembra chiaro: la scienza deve accettare le sfide, senza interferire, ma correndo il rischio calcolato di sporcarsi le mani.