Il corto circuito delle paure

Non sono uno zoologo e, per la verità, non ho alcuna simpatia per gli animali, che tuttavia rispetto anche se non ammetto certe esagerazioni affettuose nei loro confronti, che spesso finiscono col diventare torture precipitose. Mi dicono che i cani abbaino soprattutto quando hanno paura e contro le persone di cui hanno paura: un modo istintivo per sfogare le loro tensioni rabbiose. Me lo aspettavo e sta succedendo: si sta creando un pericoloso corto circuito tra paura del coronavirus e insofferenza verso gli immigrati. Prendo e riporto la notizia dall’Ansa.

Alta tensione nella cittadina casertana di Mondragone dopo l’esplosione di un focolaio Covid.  Un gruppo di bulgari, residenti ai palazzi Ex Cirio, ha protestato uscendo fuori dalla zona rossa istituita nell’area per la presenza di quasi 50 casi di positività al Covid. Le forze dell’ordine che presidiano i varchi sono riuscite a riportare dentro gli stranieri. Sono arrivati a quota 49 i casi di positività nel complesso residenziale.

Si tratta in massima parte di cittadini bulgari residenti in quattro dei cinque palazzoni divenuti off limits da lunedì 22 giugno, dopo che è entrata in vigore l’ordinanza della Regione. Vanno inoltre avanti, anche se a rilento, le operazioni di trasferimento delle persone positive, peraltro tutte asintomatiche, al Covid Hospital di Maddaloni, dove sono diciannove quelli attualmente ricoverati; ieri sono stati trasferiti sei contagiati, ne mancano all’appello altri tredici, cui si aggiungono i nuovi positivi. Qualcuno tra i positivi, però, non si riesce a rintracciare; molti inquilini, specie tra gli stranieri, non risultano censiti, e si ipotizza che abbiano fatto perdere le tracce, anche per timore di perdere il lavoro; molti sono braccianti agricoli, spesso sfruttati dai caporali di nazionalità bulgara, alcuni dei quali vivono anche agli ex Palazzi Cirio.

Un altro momento di tensione c’è stato successivamente tra i manifestanti italiani che presidiano il varco d’accesso e i bulgari che abitano all’interno della zona rossa. Un bulgaro ha lanciato una sedia dal balcone, gli italiani hanno risposto lanciando pietre e sfondando i finestrini delle auto dei bulgari parcheggiate. Poi hanno mostrato le targhe delle vetture a mo’ di trofeo. Sotto al palazzo si è radunata una folla che accusa anche la polizia di “essere stata troppo permissiva coi bulgari”.

Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, ha annunciato l’arrivo dell’esercito: “Questa mattina ho avuto un colloquio con il Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese in relazione alla zona rossa istituita negli ex palazzi Cirio di Mondragone. Ho chiesto l’invio urgente di un centinaio di uomini delle forze dell’ordine per garantire il controllo rigoroso del territorio. Il Ministro ha annunciato l’arrivo di un contingente dell’Esercito”.

Di questa gente finora nessuno si è curato più di tanto, vuoi per verificare le loro condizioni di lavoro, vuoi quelle abitative ed igienico sanitarie. Ora che questo ghetto è diventato un focolaio di possibile diffusione del coronavirus, tutti contro gli immigrati che diventano gli untori del caso. Dal punto di vista psicologico è un classico il ribaltamento delle proprie paure sui soggetti deboli. Eloquente al riguardo la favola del lupo e dell’agnello, forse vale la pena ricordarla. Un agnello era giunto a un ruscello per bere; più in alto, stava un lupo che lo vide e, ingolositosi, decise di mangiarlo; pertanto cercò un pretesto per litigare. Lo accusò di stargli sporcando l’acqua, impedendogli di bere. L’agnello gli disse che stava bevendo a fior di labbra, e poi non poteva intorbidare, da sotto, l’acqua a lui che stava sopra. Il lupo, respinto da questa ragione, incalzò che l’anno prima l’agnello lo aveva insultato. Ma quello ribatté che non era ancora nato. Allora il lupo esclamò che se non era stato lui, di certo era stato suo padre. E subito gli saltò addosso e lo sbranò fino a ucciderlo ingiustamente.

Socialmente parlando, se si consente l’emarginazione di certe categorie di soggetti, diventa automatica la creazione di ghetti e prima o poi la situazione esplode con scontri violenti e vere e proprie ribellioni. Sul piano politico ci ostiniamo a non gestire seriamente il fenomeno migratorio, se non per esorcizzarlo e/o cavalcarlo dal punto di vista strumentale quale esca per l’ottenimento di facili consensi. Le mine vaganti prima o poi esplodono e l’esplosione può avere effetti a catena.

Adesso partirà il gioco allo scarico delle responsabilità tra governo centrale e governi locali, l’immigrato diventerà il portatore di virus da isolare e combattere, qualcuno diventerà razzista anche se fino ad ora magari non lo era. Perché si dice chiodo scaccia chiodo? L’espressione ha un significato intuitivo piuttosto semplice: per cacciar via un chiodo piantato male bisogna spingerlo via battendolo dall’altra parte con un altro chiodo. Nel nostro caso qualcuno vorrebbe far funzionare questo proverbio, rimuovendo il problema coronavirus con l’aiuto di quello dell’immigrazione. Ma è vero proprio il contrario.