I guardiani del destino

Mio padre assistette con malcelata ammirazione ad un summit dei tre zii materni (i cognati pieni di coraggioso spirito imprenditoriale) alle prese con un rischioso affidamento bancario, indispensabile ad uno di essi per poter proseguire l’attività dell’azienda, inizialmente in forte difficoltà finanziaria. Dopo alcune impegnative valutazioni, sbloccò la situazione Bonfiglio, apponendo per primo la firma di garanzia ed accompagnandola con queste parole: “A v’rà dir che s’ l’andrà mäl andremma descälsa tutti”. Mio padre rimase sbalordito da tanta generosità associata a tanto coraggio. D’altra parte lo stesso Bonfiglio era solito esorcizzare il futuro con una delle sue proverbiali battute: “Mäl cla vaga a restarò coi mej äd quand són partì”.

Quando si vuole veramente aiutare qualcuno non ci si mette a fare le pulci ai suoi comportamenti alla ricerca di un motivo per dire di no, che esiste sempre e comunque. Bisogna avere coraggio e spirito di solidarietà, caratteristiche che purtroppo mancano a livello europeo.

Riporto di seguito quanto scrive Alessandro Di Matteo su “la Stampa” al riguardo dello stanziamento e dell’erogazione dei fondi europei in seguito alla pandemia, così come previsto dalla proposta della Commissione ora al vaglio del Consiglio europeo: “L’Italia non intende sprecare i soldi che arriveranno dall’Ue, non si tornerà alle cattive abitudini di un tempo, ma l’Europa non può fare marcia indietro sulla proposta di “Recovery fund” elaborata dalla Commissione. Il premier Giuseppe Conte prova a ribadire i paletti dell’Italia, di fronte all’offensiva dei Paesi “frugali” al Consiglio europeo. La prospettiva di un ridimensionamento dei fondi per aiutare i Paesi in crisi a causa del Coronavirus per palazzo Chigi è inaccettabile e il presidente del Consiglio lo dice chiaramente a margine di una riunione non facile.

I guardiani del rigore, guidati dall’Austria, chiedono che venga ridotta soprattutto la quota di finanziamenti a fondo perduto, da sottoporre comunque a rigidi controlli e condizioni, e di fatto cercano di smontare l’impianto definito dalla Commissione guidata da Ursula Von der Leyen. Un problema enorme per l’Italia, e infatti Conte avverte che la proposta della Commissione «è equa e ben bilanciata. Sarebbe un grave errore scendere al disotto delle risorse finanziarie già indicate».  Risorse che, per l’Italia, dovrebbero ammontare a circa 170 miliardi, di cui quasi la metà a fondo perduto. Soldi indispensabili, che peraltro rischiano di arrivare troppo tardi.

Il governo sa che l’Austria e gli altri paesi che frenano hanno gioco facile a sfruttare la fama poco lusinghiera dell’Italia in materia di efficienza della pubblica amministrazione e di trasparenza della spesa pubblica. Per questo Conte assicura: «Sul fronte interno, l’Italia ha già avviato una consultazione nazionale con tutte le forze politiche, produttive e sociali per elaborare un piano di investimenti e riforme che ci consenta di non ripristinare la situazione pre-Covid 19 ma di migliorare il livello di produttività e di crescita economica». Tradotto, appunto, significa dire: non sprecheremo i soldi che arriveranno, stiamo elaborando un piano serio per usare le risorse in base ad una strategia e mettendo a posto, nel frattempo, le tante cose che non funzionano come dovrebbero”.

Se ogni paese pretende di fare i conti in casa dei propri partner, se si vogliono porre rigidi ostacoli preventivi e consuntivi alla concessione degli aiuti, non si va da nessuna parte, perché si parte col piede della diffidenza e non con quello della solidarietà. L’Italia, come sosteneva giustamente il presidente Sandro Pertini non è né prima né seconda rispetto agli altri Stati. Certamente ha tanti difetti, ma chi non ne ha? Se ci mettiamo ad aprire gli armadi della storia europea, non si salva nessuno.

Ripenso al discorso pronunciato da Alcide De Gasperi alla Conferenza di Pace di Parigi del 10 agosto 1946. L’Italia che si presentava a quella conferenza di fronte alle potenze vincitrici non era solo un Paese in miseria e devastato dal conflitto mondiale, ma anche un Paese portatore di una fama non certo ragguardevole: voltagabbana, incapace di servare i pacta, e per di più anche ex-alleato dei nazisti. Fu grande in quell’occasione il discorso dell’allora presidente del Consiglio De Gasperi, il quale ostentò non la falsa umiltà di chi è costretto a supplicare, bensì quella vera di chi ha fatta propria la convinzione di essere in debito. Un discorso che ha fatto conoscere al mondo quello che probabilmente è stato il più grande statista italiano del ‘900, il simbolo di un’Italia democratica, antifascista, e soprattutto tanto bramosa di riscattarsi.

Auguro a Giuseppe Conte di tenere una simile, umile, dignitosa e decisa posizione. Ammettiamo i nostri errori, accettiamo lezioni da tutti e da nessuno: solo da chi ce le può impartire in modo credibile, serio e costruttivo. Qui si fa l’Europa o rischiamo di morire tutti.  Durante l’incontro con i rappresentanti del governo italiano in vista del Consiglio europeo, Mattarella ha espresso la sua soddisfazione per i passi fatti dal governo. Le posizioni iniziali dell’Italia sugli aiuti per i singoli Paesi per la crisi legata all’emergenza coronavirus sono oggi, ha detto il presidente della Repubblica, “patrimonio comune dell’Europa”, anche se c’è la consapevolezza delle residue difficoltà che vanno ancora superate in sede di negoziato. Come al solito mi sento in perfetta sintonia col presidente della Repubblica. Grazie!