Vincoli o sparpagliati

L’avvio della fase due della battaglia contro il coronavirus ha cominciato a scoprire gli altarini, che durante la prima fase erano coperti dall’emergenza sanitaria ed ospedaliera. Il governo centrale all’inizio è intervenuto pesantemente, al limite della legalità costituzionale, e, in un certo senso, ha unificato drammaticamente le cose che non andavano per affrontarle e rimuovere il clima del “si salvi chi può” trasformandolo in “si salva chi sta in casa”.

Quando si è cominciato a ragionare di riapertura sono venuti a galla i limiti statali. consistenti nello storico, oserei dire ancestrale, vizio burocratico e nella debolezza di una compagine governativa piuttosto raffazzonata e litigiosa, anche se, purtroppo, senza alternativa politicamente seria.

A quel punto le regioni hanno cominciato a scalpitare rivendicando la loro pur confusa autonomia e chiedendo di poter autogestire la riapertura: da una parte il governo centrale ha mostrato la corda rivelandosi incapace di finalizzare e concretizzare i necessari sostegni al sistema economico piegato sulle ginocchia e dall’altra ha dovuto riconoscere che la situazione è a macchia di leopardo e non può essere affrontata con “le grida” di manzoniana memoria.

In questo cambio di marcia sono venute in primo piano le enormi differenze tra le regioni nei loro rapporti tra pubblico e privato, tra politica e società, tra struttura amministrativa e assetto economico. Sono sostanzialmente venuti a confronto due modelli profondamente diversi di società regionale: la Lombardia e l’Emilia-Romagna.

La Lombardia ricalca dal punto di vista ideologico, storico e politico un’impostazione di tipo squisitamente liberista: una sorta di moderno laissez-faire laissez-passer, un principio proprio del liberalismo economico, favorevole al non intervento dello Stato nel sistema economico; secondo questa teoria, l’azione egoistica del singolo cittadino, nella ricerca del proprio benessere, sarebbe infatti sufficiente a garantire la prosperità economica dell’intera società.

L’Emilia-Romagna ha preso invece la piega di una società molto strutturata, governata e controllata di stampo riformista in cui il cittadino è accompagnato nel suo incedere da una sorta di patto tra la rappresentanza dei pubblici poteri e quella delle categorie socio-economiche.

Entrambi i modelli hanno loro pregi e difetti: la Lombardia scantona nella confusione, l’Emilia rischia la paralisi. In un momento come quello attuale l’Emilia, tutto sommato, dimostra di avere una marcia in più. Riesce molto meglio a pilotare la società da una situazione di blocco ad una fase di ripartenza graduale e controllata. Basti pensare ai protocolli stipulati per tempo fra regione e categorie economiche sulla base dei quali ci si avvia a riprendere una certa normalità di vita con l’osservanza di sensate norme di sicurezza.

La Lombardia vuole invece velleitariamente ripartire a tutti i costi senza un quadro di riferimento attendibile e garantista. Nelle due regioni hanno giocato e giocano anche le capacità politiche dei governanti, perché, come sempre, le idee camminano sulle gambe degli uomini. Tuttavia è normale che le situazioni più difficili vengano meglio affrontate in una società strutturata.

Un tempo si diceva che la destra va bene per governare in periodi di floridezza economica, mentre alla sinistra ci si deve affidare nei periodi di ristrettezza economica. Oggi potremmo dire che la destra va bene per lasciar fare alla gente ciò che vuole, fallisce clamorosamente quando alla gente bisogna imporre certi comportamenti virtuosi in senso collettivo. E allora, perché le cose sembrano andar molto meglio in Emilia che in Lombardia, ma anche il destrorso Veneto si sta rivelando all’altezza della situazione? Quando mi è sporadicamente capitato di bazzicare la società veneta, mi sono trovato totalmente in un altro mondo rispetto alla regione in cui vivo da sempre.

Sembra quasi che Luca Zaia, governatore veneto, sottoposto alla mia inquisizione di cui sopra, e da me “torturato” per essere parte della destra leghista, alzando lo sguardo al cielo e giù verso terra e battendo il piede, con animo contemplativo dica: eppur si move; ossia, ancora si muove, intendendo il Veneto del dopo coronavirus.  Rispondo che mi fa molto piacere essere smentito nelle mie banali analisi, anche se l’eccezione conferma la regola e forse le nostre regioni sono tutte un’eccezione: ecco (un altro) perché è così difficile governare l’Italia.