Una ministra a ruota libera

“Le risorse che saranno stanziate dal prossimo decreto le ritengo del tutto insufficienti per rispondere alle reali esigenze delle famiglie. La mia richiesta non è stata accolta, non sono stati stanziati sufficienti soldi”. Lo ha detto il ministro per le Pari Opportunità e la Famiglia Elena Bonetti su Tgcom.24 ai microfoni di Paolo Liguori durante ‘Fatti e Misfatti’.

“Avevo proposto un assegno per ogni figlio che non è stato accolto dalla maggioranza” ha ricordato la ministra Bonetti. “Avevo chiesto – ha sottolineato – risorse adeguate per i congedi parentali e i voucher baby-sitter da estendere però per un maggior utilizzo per i servizi educativi.  Credo sia un errore, in questo momento le famiglie italiane necessitano davvero di investimenti. Da esponente del Governo devo accettare fatiche e battaglie perse, anche se giuste”. La ministra ha poi spiegato: “Ci saranno delle risorse, non tante, per costruire una rete di servizi educativi, cioè attività come i centri estivi in aiuto per le famiglie e sono convinta che queste risorse sapranno attivare quella comunità educante che non è presente solo nella scuola ma anche fuori e che comprende il terzo settore, le comunità locali, il volontariato, il mondo dello sport. Non lasceremo sole le famiglie”.

Non entro nel merito della congruità degli stanziamenti governativi a favore delle famiglie in gravi difficoltà a causa della pandemia che ci sta torturando. Prendo solo in considerazione l’atteggiamento politico-istituzionale di questa gentile ministra. Sono oltre cinquant’anni che seguo, dal di dentro e dal di fuori, la politica e quindi non mi scandalizzo certamente di contrasti all’interno del governo su materie complicate e delicate come il contrasto socio-economico al coronavirus.

Però mi sento di valutare negativamente l’atteggiamento della ministra sul piano del metodo e dell’opportunità. Dal punto di vista procedurale, mai come in questo momento, sarebbe necessario osservare i percorsi corretti, che non si possono individuare in dichiarazioni mediatiche rese in libertà. Il ministro faccia la sua battaglia all’interno del governo, parli col presidente del Consiglio, alzi la voce a palazzo Chigi, minacci le dimissioni, sbatta i pugni sul tavolo, ma non la butti sul piano pubblico. Questa non è trasparenza, è autentico casino.

In secondo luogo la posizione di Elena Bonetti sa molto di timbratura del cartellino: mera difesa della causa famigliare senza considerare le compatibilità e le risorse a disposizione. Se ogni ministro si mette a perorare pubblicamente la causa del suo retroterra alla stregua di un sindacalista, non se ne esce. I ministri non devono essere meri raccoglitori e rappresentanti di istanze, ma si dovrebbero sforzare di elaborare risposte agibili a tali domande. Altrimenti, piano-piano, mandiamo in crisi il governo, già sufficientemente debole a livello parlamentare per i noti contrasti fra partiti; se ci aggiungiamo anche contrasti fra ministri e col capo del governo, completiamo il penoso quadro che già abbiamo davanti.

Ricordo ai tempi della cosiddetta “prima repubblica” come si venissero a creare dure contrapposizioni a livello governativo, ma si trattava di questioni di linea politica, se si vuole ancora più gravi, ma sicuramente più serie. I dilettanti allo sbaraglio emergono prepotentemente e nemmeno il coronavirus ha il potere di dare una regolata a chi la politica non sa neanche dove stia di casa. Può darsi che alla fine Elena Bonetti riesca a strappare qualche ricorsa in più per la famiglia, ma a prezzo di sacrificare ulteriormente la credibilità dell’intero governo.