Un fiume di aiuti, ma il mare è lontano

L’ultimo decreto del governo in materia di coronavirus, intitolato al “rilancio”, soffre, come del resto anche i precedenti, di due angustianti e vecchi limiti metodologici: la demenziale farraginosità dello stile legislativo e la scoraggiante rigidità burocratica. Per dirla in modo brutale, non ci si capisce dentro un tubo e, se si capisce qualcosa, sorge immediatamente il dubbio che possa concretizzarsi in tempi e modi ragionevoli ed efficaci. Non si può pretendere di togliere miracolosamente queste barriere, ma la situazione emergenziale imporrebbe comunque uno sforzo notevole a livello di semplificazione e di concretezza. Sarebbe come se a un malato grave il medico imponesse di leggere un trattato sulla sua malattia e gli prescrivesse una terapia complessa e difficile da assorbire e da applicare: il malato nel frattempo potrebbe rischiare anche di morire.

Vorrei però spostarmi dai pur preoccupanti limiti metodologici a considerazioni, seppur di carattere generale, sul merito del provvedimento fiume adottato in questi ultimi giorni. Gira e rigira le critiche più serie e motivate sono riconducibili ad un discorso e ad un interrogativo: siamo in una logica di “rilancio” o di “sostegno”. In teoria i due concetti non sono in contrasto, ma rappresentano comunque due logiche diverse di intervento legislativo. Per continuare nella similitudine sanitaria, siamo ancora nella fase in cui bisogna togliere la febbre rimuovendo l’infezione che la provoca o siamo già nella cura ricostituente che dovrebbe portare il malato sulla via della ripresa?

Non sottovaluterei i numerosi e corposi interventi a sollievo finanziario delle imprese e delle famiglie, che soffrono le ristrettezze conseguenti alla pandemia in modo tale da barcollare nel presente e rischiare grosso nel futuro. Un brodo caldo non può essere l’alimentazione duratura e definitiva per chi vuole recuperare energie, ma può essere comunque di qualche aiuto, soprattutto se il brodo è sostanzioso, come lo sembrano le misure adottate seppure in una logica di pioggia benefica che cade un po’ su tutti.

Basterà? Certamente no, anche se le risorse messe in campo sembrano molto consistenti e dovranno prima o poi trovare copertura di bilancio, pena una bancarotta facilmente intuibile. Molti chiedono maggiori interventi a fondo perduto: sarebbe oltre modo utile, ma alla fine chi pagherà il conto. Non è giusto bloccarsi su questi problemi di copertura finanziaria, ma chi governa dovrà pure pensarci e programmare un certo rientro, seppur graduale, nei canoni di bilancio.

Cosa significa “rilancio”?   Nel gioco del poker è l’atto di chi aumenta, in una delle due fasi fondamentali del gioco, la somma puntata da uno qualsiasi dei giocatori che lo precedono, dopo che si sia pronunciato chi aveva dato inizio al gioco. Nelle aste si tratta di nuova offerta, aumentata rispetto a quella precedente.  Nel linguaggio economico e politico si intende la riproposizione di linee programmatiche e di iniziative accompagnata da modificazioni e miglioramenti intesi a rivalutarle e ad assicurarne l’attuazione. Potremmo immaginare che nel rilancio post-coronavirus ci sia un po’ di tutte queste tre interpretazioni: il rischio che si deve prendere chi vuole giocare fino in fondo, la convinzione di chi vuole raggiungere il risultato, la consapevolezza di dover mettere in campo qualcosa di molto innovativo ed impegnativo.

Molti commentatori fanno riferimento alla fantasia e allo spirito di intrapresa di cui sono dotati gli italiani: basterà aiutarli lasciandoli lavorare? Temo proprio di no. L’esempio del dopo-guerra è significativo, ma non è perfettamente calzante. È infatti relativamente più facile costruire dal nulla che ristrutturare partendo dalle fondamenta. Soprattutto non potremo avvalerci dell’euforia del nuovo boom economico, perché dovranno cambiare molte cose a livello di sistema. Forse dovremo partire dai sacrifici per creare i presupposti della ripartenza. Nel calcio l’azione riparte nella misura in cui si riesce a togliere la palla dai piedi dell’avversario, altrimenti si gioca in difesa e ci si accontenta di non prendere gol. Nel nostro caso stiamo purtroppo perdendo già due a zero e quindi…Per ora siamo nella fase di contenimento, non illudiamoci di poter buttare palla in tribuna e tanto meno di poter sperare nella partita di ritorno che potrebbe non esserci.