Renzi morde e non si capisce se fugge

Qualcuno, riferendosi a Gianfranco Fini, sputava questa amara sentenza: “Non sa un cazzo, ma lo dice bene”. Discorso che peraltro potrebbe essere tranquillamente applicato a parecchi esponenti politici passati, presenti e (speriamo non) futuri. Parafrasando la sarcastica espressione per applicarla a Matteo Renzi protagonista di questa tremenda fase politica, potrei azzardare così: “Sa parecchie cose, ma ne dice troppe e, soprattutto, nel modo e nel momento sbagliato”.

Faccio al riguardo di seguito alcune citazioni letterali riconducibili all’intervento di Renzi in Parlamento durante il dibattito sulle comunicazioni del presidente del Consiglio sulla cosiddetta fase due nella lotta al coronavirus.

“Glielo diciamo in faccia: siamo a un bivio. Se sceglierà il populismo non ci avrà al suo fianco”. “Non siamo dalla parte del coronavirus quando diciamo di riaprire. La gente di Bergamo e Brescia che non c’è più, se potesse parlare ci direbbe di riaprire”.

Renzi ha incalzato il premier: “E’ stato bravo a rassicurare gli italiani. Il punto però è che nella fase 2 della politica non basta giocare su paura e preoccupazione. C’è una ricostruzione da fare che è devastante e richiederà visione e scelte coraggiose. Sia più prudente quando parla agli italiani: lei ha detto 11 volte ‘noi consentiamo’. Un presidente del Consiglio non consente, perché le libertà costituzionali vengono prima di lei. Lei non le consente, le riconosce. Io ho negato a Salvini i pieni poteri: non l’ho fatto per darli ad altri”.

“Il suo intervento – ha affermato ancora il leader di Italia Viva rivolgendosi al premier – esige risposte in nome della libertà e della verità: gli italiani per l’emergenza sanitaria sono in uno stato che ricorda gli arresti domiciliari. Non ne usciamo con un paternalismo populista o una visione priva di politica. Nessuno le ha chiesto di riaprire tutto, abbiamo chiesto riaperture con gradualità e proporzionalità”.

“Non possiamo delegare tutto alla comunità scientifica – ha affermato ancora Renzi -. Figuriamoci se non sono contento di vedere questa grande passione per la comunità scientifica che sta prendendo tutto il parlamento, anche chi negli anni scorsi attaccava i virologi o addirittura si proclamava no vax. Il nostro Paese ha avuto momenti in cui la politica ha abdicato rispetto alle sue responsabilità, nel 92-93 ha abdicato alla magistratura, nel primo decennio del 2000 ha abdicato ai tecnici, ora non possiamo abdicare ai virologi, non possiamo chiedere loro come combattere la disoccupazione, tocca alla politica”.

“La presidente Cartabia ha detto con chiarezza che in queste situazioni di emergenza la Costituzione è la bussola: nemmeno durante il terrorismo abbiamo derogato così tanto alla Costituzione – ha detto -. Richiamarla a un uso più prudente dei Dpcm non è lesa maestà. Non può essere un Dpcm a dire se l’amicizia è vera o no, se il fidanzamento è saltuario o stabile, sennò ci avviciniamo allo stato etico”.

Vorrei analizzare nel merito, sinteticamente e per sommi capi, le aspre e (quasi) ricattatorie critiche rivolte da Renzi al presidente del Consiglio.

Quanto al rischio di populismo sinceramente non mi sembra che Giuseppe Conte lo corra più di altri, Renzi compreso. Se si vuole imputare a Conte una eccessiva preoccupazione di curare la propria immagine e di salvaguardare il consenso a sé indirizzato, posso essere in parte d’accordo: troppe e talora inutili conferenze stampa, troppa ed enfatica attenzione ai media e, tramite essi, ai cittadini e poco riguardo verso il Parlamento. Se però avesse parlato meno ai cittadini, gli verrebbe imputato un atteggiamento di aristocrazia istituzionale, di lontananza dalle sofferenze della gente. Mio padre sosteneva che, quando non si va d’accordo, a parlare si sbaglia sempre. Conte ha parlato e sta parlando troppo, spende molte parole ed effettivamente sarebbe meglio che privilegiasse non tanto i fatti, ma l’attenzione alla corretta concretizzazione delle decisioni fattuali operate (mi riferisco a tutte le pastoie burocratiche che stanno pregiudicando e rallentando l’effetto di tanti provvedimenti adottati).

In materia di rispetto delle libertà costituzionali, qualcosa di meglio si poteva fare. Forse non bastava governare a suon di decreti amministrativi, occorreva disegnare a livello parlamentare, compatibilmente con i tempi strettissimi di intervento, un quadro legislativo tale da giustificare una interpretazione restrittiva di certe libertà sacrificate al bene comune.

Relativamente al rischio di delegare tutto alla comunità scientifica c’è da essere abbastanza preoccupati. La politica deve mantenere la sua capacità di ascolto, di sintesi e di decisione. Ognuno deve fare la sua parte ed assumersi le sue responsabilità. Effettivamente a dare troppa retta ai virologi, si può rischiare di paralizzare il Paese all’infinito, ma è altrettanto vero che sottovalutare i rischi, sottolineati, seppure in modo a volte contraddittorio e confuso, dalla scienza, sarebbe un errore imperdonabile e irreversibile. Trovare una via di comportamento che sappia coniugare coraggio e prudenza di fronte alle centinaia di morti che si verificano giornalmente è impresa ardua al limite dell’impossibile.

In conclusione, Renzi ha acutamente messi il dito nelle piaghe dell’azione di governo, ma pur ricordando che il medico pietoso fa la piaga puzzolente, non è il caso di assumere toni così pesanti, quasi distruttivi. Si può criticare con maggiore obiettività e lealtà. Nessuno ha la verità in tasca.

Sulle parole relative ai morti di Bergamo e Brescia Il primo a scagliarsi contro l’ex premier è stato l’europarlamentare M5S Fabio Massimo Castaldo “Sono rimasto inorridito. Ma stiamo scherzando? Ma come si permette questo personaggio in cerca d’autore, malato di visibilità, di strumentalizzare la sofferenza delle persone per fare propaganda?”. Indignato anche il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori: “Mi pare un’uscita a dir poco infelice. Se Renzi voleva rendere omaggio ai nostri morti, il modo – coinvolgerli a sostegno della sua proposta di riapertura delle attività – è decisamente quello sbagliato”. Non credo che Renzi intendesse strumentalizzare i morti, ma certo un po’ di prudenza nel linguaggio, un po’ di moderazione nei toni non guasterebbe.

Poi è arrivata la ciliegina sulla torta, vale a dire l’affondo politico di Renzi: nel caso in cui Italia Viva dovesse lasciare “penso che in Parlamento ci sarà una nuova maggioranza. Se Conte ha i numeri con Berlusconi per andare avanti io non ho nessun problema” ha detto da Bruno Vespa. Due errori in uno: l’ingiusto e inopportuno svaccamento dell’atteggiamento criticamente moderato di Silvio Berlusconi e della sua residuale Forza Italia, da non cestinare tout court (in questo momento più che mai, c’è bisogno di tutti, anche della moderazione del Cavaliere, senza farsi illusioni, ma senza pregiudiziali chiusure); la subdola presa di distanza dalla maggioranza di governo giustificata pretestuosamente con il pericolo di inquinamento politico destrorso (storia vecchia quella di mettere strumentalmente le mani avanti per preparare  dialetticamente scelte che covano nel petto).

Ecco perché ho esordito dicendo ““Renzi sa parecchie cose, ma ne dice troppe e, soprattutto, nel modo e nel momento sbagliato”. Mi permetto di aggiungere che la parola che dice non si comprende se sia “vóce del sén fuggita pòi richiamàr non vale” o se sia voce dalla mente partorita per un disegno politico preciso, che non capisco e, se capisco, non condivido.