La tentata festa truffaldina a mamma rai

Ho letto con una certa curiosità della tentata truffa ai danni della Rai tramite un trappolone teso al suo presidente, che stava per cascarci dentro. Sinceramente non capisco la reazione scandalizzata verso Marcello Foa, reo di essere stato un po’ troppo ingenuo e facilone. Fortunatamente è andata bene nonostante la cosa fosse stata ben cucinata da autentici specialisti. Che il presidente Rai debba andare in Parlamento a riferire su questa vicenda mi sembra una richiesta eccessiva e strumentale. Forse si vuole ridicolizzarlo, facendolo passare per un pressapochista indegno di occupare quell’importante posto di comando. Certo non ci sta facendo una bella figura, ma non credo esistano gli estremi per incolparlo di grave ed omissivo comportamento.

Se la politica vuol fare le pulci alla Rai non ha che l’imbarazzo della scelta: un carrozzone pazzesco in cui si mescolano alte e basse professionalità, le nebbie clientelari si tagliano col coltello, gli sprechi sgorgano dal video, i condizionamenti sono la regola d’oro, etc. etc. È peraltro una storia molto vecchia, che nel tempo ha attraversato i governi e le istituzioni, impermeabile alle (finte) riforme succedutesi, caratterizzata da pantomime elettoralistiche, mescolata in senso deteriore alla storia del Paese di cui è specchio in senso deformante. A parlare male della Rai non si fa fatica e quindi non c’è bisogno di ricorrere allo scandalismo da quattro soldi per intentare un processo all’Ente e a chi lo governa e gestisce.

In estrema sintesi la Rai, quale servizio pubblico, si differenzia troppo poco dalle emittenti private concorrenti per quanto concerne l’impostazione e i contenuti dei suoi palinsesti, assomiglia molto ad esse confondendo la concorrenza con la piatta acquiescenza alle regole aziendali e di mercato. Esistono alcune eccellenze culturali e giornalistiche, che purtroppo non bastano a dissipare il grigiore in cui si dibatte la Rai.

Mi sono sempre chiesto perché questo ente sia così intoccabile, non a caso si parla di mamma Rai, a cui qualcuno in questi giorni evidentemente voleva fare una festa sui generis. Si è provato a sganciarlo dalle nomine politiche inserendo personaggi di grande spessore culturale e manageriale: la musica non è cambiata. Si è tentato di scollegarlo istituzionalmente dal governo per collocarlo sotto il controllo del Parlamento: non è cambiato nulla. Si è cercato di dargli un’impostazione manageriale neutra rispetto agli equilibrismi partitici: la politica è rientrata puntualmente dalla finestra dopo esser stata messa alla porta.

A volte ho concluso amaramente che la Rai dovesse pagare un prezzo alla politica pur di rimanere in ambito pubblico e quindi almeno parzialmente indenne dalle malattie del mercato. Il gioco però ha rivelato di non valere la candela, in quanto la politicizzazione ha condizionato e burocratizzato ulteriormente i difetti comunque esistenti nel tessuto Rai, costretto a fare i conti con un mercato epidemico, coinvolgente ed avvolgente.

Qualcuno intende la riforma della Rai nel senso della sua privatizzazione: sarebbe inutile cioè intestardirsi per combinare insieme i difetti del pubblico e del privato, meglio buttarsi nella padella del privato senza cadere nella brace del pubblico. Non sono d’accordo con questo pur rispettabile ragionamento: mi sembra molto l’atteggiamento della volpe nei confronti dell’uva.

I nodi (inestricabili) della Rai sono questi. Ben venga parlarne seriamente, senza partire col piede sbagliato, vale a dire senza sputtanare l’ultimo arrivato nel parterre di comando per il gusto di squalificare chi glielo ha messo. Certo Foa deve stare più attento, ben sapendo però che di profittatori dentro e fuori ce ne sono parecchi al di là delle gang delle mail truffaldine.