I sovrani(sti) senza corona(bond)

È gravissimo quanto successo al Parlamento europeo in materia di coronavirus, anche se non è facile capire bene i contenuti precisi dei deliberati su cui i rappresentanti di alcune forze politiche italiane si sono comportati in modo a dir poco strano.

Innanzitutto è perfettamente inutile attaccare l’Unione europea in quanto coacervo extra-istituzionale basato sui compromessi fra i partner e/o lussuoso e oligarchico catafalco burocratico lontano dagli interessi ed alle aspettative della gente. Chi cavalca queste accuse, peraltro non del tutto infondate, quando è il momento di valorizzare le istituzioni europee, come appunto il Parlamento, e il loro potere (?) di indirizzo, si rifugia su posizioni meramente strumentali e propagandistiche.

Chiedo scusa se faccio un rapido riferimento alla mia vita professionale assai legata all’impegno nel sociale nel campo cooperativistico. Mi è capitato di rappresentare la struttura provinciale del movimento a livello regionale e nazionale. Ciò che riuscivo a fare di positivo era direttamente proporzionale alla capacità di entrare in una logica di livello superiore, abbandonando il concetto asfittico e campanilistico della mera riproposizione degli interessi locali: acquistavo credibilità ed autorevolezza nella misura in cui sapevo affrontare i problemi con la necessaria competenza e in una logica allargata.

Quindi, se si vive la realtà parlamentare europea, bisogna avere il coraggio di superare le logiche nazionalistiche e di sganciarsi dai calcoli politici emergenti in sede nazionale, cercando un diverso filo da cui dipanare la matassa europea. Su questo piano i partiti italiani sono molto carenti in quanto tendono a nascondersi dietro una mera contrapposizione di comodo.

Questa situazione è clamorosamente emersa con leghisti e forzitalioti contrari all’emendamento presentato dal gruppo dei Verdi, che chiedeva la creazione dei coronabond per condividere il debito futuro degli Stati membri. Le delegazioni dei cinquestelle e del Pd hanno votato a favore, mentre quella di Italia Viva si è astenuta. La mozione è stata bocciata con 326 voti contro, 282 a favore e 74 astenuti. Con il voto positivo di Lega e FI sarebbe invece passata. Gli eurodeputati di Fratelli d’Italia hanno invece votato a favore dell’emendamento dei Verdi.

I cinquestelle hanno gridato al Tradimento ai danni dell’Italia, i democratici hanno accusato la destra di non aiutare il Paese, i verdi hanno parlato di falsi patrioti che si alleano con i nemici dell’Italia. La replica difensiva della Lega è arrivata in chiave altrettanto polemica: “Noi, a differenza del M5S e di Conte, che cambiano ogni settimana idea sull’argomento, non siamo mai stati a favore dello strumento coronabond, che corrisponderebbe alla totale cessione di sovranità all’Ue”. E hanno aggiunto: “Anzi, indichiamo sin dal principio la proposta più semplice, ovvero un ruolo più attivo da vero prestatore di ultima istanza della Bce per comprare Btp”.

Berlusconi ha usato toni assai più contenuti: “Oggi al Parlamento europeo abbiamo invitato la Commissione Ue a proporre un massiccio pacchetto per la ripresa e per la ricostruzione. Abbiamo ottenuto un risultato positivo sui recovery bond, che chiedevamo da tempo: si tratta di uno strumento garantito dal bilancio comunitario, ampiamente condiviso, e che pertanto avrà maggiore efficacia rispetto a superati eurobond proposti dai Verdi ma irrealizzabili”.

Mi sembra che i leghisti siano prigionieri dello schema sovranista a cui hanno sconsideratamente aderito e cerchino disperatamente di riproporre a livello europeo il gioco disfattista, che purtroppo finora ha funzionato in patria. Forza Italia si barcamena tentando di fare il pesce competente e pragmatico nel barile del velleitarismo di sinistra: il solito ormai quasi trentennale ritornello berlusconiano. Tutto sommato gli europarlamentari di Giorgia Meloni, a dispetto del nome del loro partito, rischiano di essere i meno nazionalisti della compagnia di destra.

Anche i partiti di governo non si sono distinti per chiarezza e compattezza. Lasciamo stare il prurito distintivo di Italia Viva, che ha trovato anche nei coronavirus la possibilità di tenere i piedi in due paia di scarpe.  In una giornata, che qualcuno ha definito di ordinario caos al Parlamento europeo, Pd e M5S si sono divisi sul Mes. Mentre Lega e Forza Italia hanno votato contro i coronabond, i cinquestelle hanno detto no a un articolo sul Recovery Fund, vale a dire, se non ho capito male, contro l’invito ai Paesi dell’eurozona ad attivare i 410 miliardi del Mes con una linea di credito specifica. Gli europarlamentari del Movimento 5 Stelle si sono poi spaccati nel voto all’Eurocamera sulla risoluzione finale per la crisi del coronavirus: 10 si sono astenuti, mentre tre hanno votato contro e uno non ha invece preso parte al voto. La risoluzione è comunque passata a larga maggioranza: i voti favorevoli sono stati 395, i contrari 171, gli astenuti 128, fra cui appunto i cinquestelle.

In conclusione un gran casino, fatto di assurdi distinguo e di sottigliezze propagandistiche, in cui, fortunatamente il partito democratico si è distinto per prudenza, ragionevolezza e concretezza. Poi non continuiamo con l’antifona dell’Europa matrigna, dei burocrati di Bruxelles, degli egoismi rigoristi: tutte brutte realtà a cui noi rispondiamo con idee poco chiare, con velleitarismi sovranisti, con striminzite logiche partitiche e con gravi incoerenze. Facendo cioè i “pirlamentari” europei.