Uno degli effetti positivi dell’epidemia, che ci sta brutalmente quanto invisibilmente aggredendo, lo si può registrare sul piano etico: un ridimensionamento della nostra presuntuosa autosufficienza che ci porta alla umana solidarietà, alla condivisione, alla consapevolezza di essere tutti uguali e bisognosi di aiuto. Di fronte ai cataclismi naturali o volontari, l’uomo trova insperate risorse che lo spingono a fraternizzare nella sofferenza. Mi limito a registrare, senza soverchie illusioni, questa conseguenza positiva della nefasta esperienza del coronavirus: non si tratta di un ripiegamento all’indietro, ma della vera e forse unica luce, che si intravede alla fine del tunnel.
La politica, almeno quella in cui io credo da sempre, dovrebbe governare democraticamente la società partendo proprio dai valori e dai sentimenti positivi e costruttivi della gente. L’attuale vicenda purtroppo sta dimostrando la incapacità della classe politica ad interpretare la gente, sprecando l’occasione per rinsaldare i vincoli unitari e solidali della popolazione. Al di là delle enormi difficoltà, chi ci governa sembra molto preoccupato della difesa della propria immagine, di annunciare rimedi, di sparare dati più o meno attendibili. Alla, tutto sommato, disciplinata attesa dei governati alla ricerca di qualche chiara indicazione, risponde una scombinata, confusa e contraddittoria risposta dei governanti.
Prendiamo il continuo susseguirsi di stucchevoli conferenze stampa: non servono a rassicurare la gente, ma soltanto a creare alibi, più o meno attendibili, di fronte alle proprie responsabilità. Meno chiacchiere e più fatti concreti.
Guardiamo i provvedimenti di legge snocciolati: cosa sta arrivando e cosa arriverà al cittadino di tutto ciò non è dato ancora capire. A cifre da capogiro corrispondono, almeno per ora, miserevoli aiuti. Si abbia il coraggio di promettere quel che si può e di non gonfiare le concrete possibilità, creando deleterie e illusorie aspettative.
Esaminiamo le decisioni adottate in sede governativa centrale e quelle prese a livello regionale: una collaborazione scoordinata e continuativa frutto di scaricabarile e di corsa a ben figurare di fronte ai cittadini. Quando il governo decide di aprire i cordoni, le regioni li stringono, quando le regioni chiedono riaperture, il governo risponde con la reiterazione delle chiusure. Non si fa così! Si discuta, ci si scontri in riservata sede e poi si cerchi di parlare ad una sola voce. Non mi preoccupa la diversità delle idee, ma il modo scorretto di portarle avanti. Facciamo un esempio. Il governo decide di rimediare ad una demenziale discriminazione fra esercenti attività di vendita al pubblico: tabaccherie sì, librerie no. Apriamo quindi le librerie, anche perché acquistare e leggere libri in questo momento non può che fare particolarmente bene. Nossignori, in Piemonte e Lombardia le librerie non riapriranno, perché i dati del contagio non lo consentono: come se il virus si annidasse fra le pagine dei libri…
Pensiamo alla problematica combinazione fra scienza e politica: bisogna tenere conto delle indicazioni degli esperti, i quali tuttavia farebbero bene a parlare meno ed a trovare maggiore unitarietà nelle analisi e nelle indicazioni. Attenzione però a non creare governi paralleli, che potrebbero finire col deresponsabilizzare l’unico governo che deve esistere e col creare attese esagerate e miracolistiche verso la scienza al momento, peraltro, piuttosto brancolante nel buio.
Vogliamo infine parlare di trasparenza? Non sarà certo la superficiale ed insistente sbornia mediatica a garantircela. Meno interviste, meno salotti, meno futilità! E chi ci governa non strizzi l’occhio alle varie casse di risonanza in competizione fra di loro. Nella gente aumenta la stanchezza anche per l’autentico logorio della (dis)informazione.
Veniamo da ultimo ai rapporti con l’Europa: non è possibile che il presidente del Consiglio dia l’impressione di seguire una linea dura, mentre il ministro dell’Economia segue una linea morbida. La tattica del poliziotto buono e cattivo non dà risultati seri quando l’indagato è forte e si sa difendere molto bene. E il nostro commissario Ue la smetta di fare il panegirico di un brodo lungo e insipido. Per non parlare dell’opposizione, che spara a vanvera alla ricerca di qualche cadavere da mettere in cassaforte.
Sono stato poco complimentoso? Pur riconoscendo le difficoltà oggettive e la buona fede soggettiva, ho espresso soltanto grossi dubbi e perplessità. Credo che gli Italiani, i quali, tutto sommato, stanno facendo la loro parte, almeno in questa fase, meritino governanti più seri, autorevoli e credibili, che rispondano presente alla domanda di solidarietà e condivisione proveniente dal basso.