Quando è iniziato il periodo emergenziale con tutte le intravedibili conseguenze del caso, mi sono detto: forse è la volta buona per ricominciare a collaborare a livello di partner europei, dopo aver superato annose e incallite diffidenze reciproche. Voglio vedere, pensavo, chi si sfilerà da un patto comunitario per superare le enormi difficoltà che nessuno a casa propria riuscirà ad affrontare autonomamente.
Non sta andando così. Uno straccio di accordo finanziario lo troveranno dopo gli indecenti tira e molla, ma la solidarietà che doveva scattare non è scattata. Ogni Paese europeo ha ottenuto grossi vantaggi nel passato recente e remoto: tutto dimenticato. Vale più che mai, anche in questo caso, la sindrome del beneficiato, che porta a dimenticare e rimuovere dalla propria coscienza i benefici ricevuti. Mia madre mi ha dato un prezioso insegnamento al riguardo: quando ricevi anche il più piccolo aiuto, te ne devi ricordare per tutta la vita per contraccambiarlo nel momento giusto.
Messo da parte lo spirito di collaborazione, si ricade in una logica meramente mercanteggiante in cui trova posto soltanto quel che torna egoisticamente e immediatamente utile. La cosa grave è che la difficoltà a quadrare il cerchio degli aiuti reciproci non dipende forse tanto dalle sfiducie interconnesse (i Paesi del Nord virtuosi e rigorosi, quelle del sud spendaccioni e inaffidabili), ma dai calcoli di pura convenienza a cui non si riesce neanche minimamente a rinunciare.
Scrive Enrico Grazzini su MicroMega: “In Europa, e nell’Eurozona in particolare, si litiga sugli eurobond, le obbligazioni comuni europee che verrebbero garantite con i soldi della Banca centrale europea: la cosa buffa (apparentemente) è però che i soldi non costano nulla alla Bce. La moneta è fatta al 95% di bit che costano zero, e al 5% di carta che costa quasi nulla. Stampare moneta è gratis ma la moneta ha un formidabile potere magico: può fare ripartire l’economia, l’occupazione e i redditi. La Bce potrebbe stampare tutta la moneta necessaria per rilanciare l’economia europea che si avvia verso una recessione a precipizio. Invece è frenata e congelata dalla Germania che ha tutto l’interesse all’austerità monetaria. Infatti, più i Paesi mediterranei cadono in recessione, più i capitali fuggono verso Deutschland. Così lo spread – il differenziale del costo del debito con la Germania – sale per i Paesi più fragili. In questo modo l’economia tedesca può avvantaggiarsi dalla speculazione finanziaria e indebitarsi a tassi negativi o irrisori.
Prima della moneta unica, se i capitali fuggivano verso il marco questo si rivalutava, e la corrispondente svalutazione della lira faceva sì che l’Italia rimanesse a galla grazie all’aumento dell’export. Ora invece, con la moneta unica, la pressione di mercato sui titoli del debito pubblico fa sì che i Paesi periferici dell’euro – come l’Italia – rischiano di non potersi più finanziare e di fallire, o di dovere ricorrere alle “amorevoli cure” della Troika”.
Chiedo scusa per la lunga ma opportuna ed autorevole citazione. Tempo fa mi raccontavano di un personaggio assai ricco e molto avaro. Se qualcuno dei suoi debitori osava chiedergli di mettersi una mano al cuore, lui rispondeva all’interlocutore di mettere la mano al portafogli. Non voglio essere patetico, ma siamo più o meno a questo punto. Il coronavirus ha colpito duro l’Italia, sta colpendo duramente la Spagna e la Francia. Nessuno però è direttamente e/o indirettamente esente da questa tremenda situazione. Nei momenti gravi c’è sempre chi specula o almeno approfitta delle disgrazie altrui. Se, sul piano finanziario, chi sta meglio riesce a sfruttare una sorta di rendita di posizione, sul piano economico e commerciale il discorso è alquanto diverso. Se i deboli si indeboliranno ulteriormente, andranno fuori mercato, non consumeranno e non offriranno opportunità produttive ai ricchi: andrà in crisi l’intero sistema e anche i ricchi piangeranno.
Questo discorso è stato ben sintetizzato e provocatoriamente lanciato alla virtuosa Olanda: chi acquisterà in prospettiva i suoi tulipani? Se li mangeranno in casa? Li butteranno in mare? Mio padre, arrivando in modo colorito al dunque della solidarietà, lanciava la sua regola d’oro e sosteneva: “S’a t’ tén il man sarädi a ne t’ cäga in man gnan’ ‘na mòsca”.
Qualcuno pensa che la durezza dei Paesi nordeuropei sia dovuta a motivazioni politiche interne: la forte presa dei nazionalisti e sovranisti, che lucrerebbero consensi e voti reazionari rispetto ad un’apertura di credito europea verso il sud. Calcoli miopi, quasi vomitevoli. A proposito, come la mette Salvini con questi finti alleati, che gli si ritorcono contro nel momento del bisogno? Forse pensa al tanto peggio tanto meglio per dare la picconata definitiva all’Europa? Qualcuno farnetica minacciando che il nostro Paese possa fare da solo: si sbaglia di grosso. Chi fa da sé, fa per tre, dice un noto proverbio. Preferisco quello che dice: l’unione fa la forza. Questione di gusti…