A piedi nudi nel porcile di Johnson e Trump

Scrive Antonello Guerrera, corrispondente da Londra de “La Repubblica”: “Premesso che nessuno sa come andrà a finire la Brexit oppure se sarà benefica o malefica per il Regno Unito (e per l’Ue), c’è già chi ha calcolato il costo dell’uscita dall’Ue per il Regno Unito: secondo un’analisi di Bloomberg Economics, il conto sarebbe di almeno 200 miliardi di sterline. In pratica, Londra avrebbe già bruciato più o meno l’equivalente dei contributi versati a Bruxelles nei 47 anni di appartenenza all’Ue (1973-2020): una cifra che, secondo i calcoli dalla Biblioteca della Camera dei Comuni di Londra, sarebbe di 215 miliardi.

 Il problema, secondo Bloomberg Economics e l’autore dello studio Dan Hanson, è l’incertezza di questi ultimi anni oltremanica che avrebbe generato “molti meno investimenti di quanto vi sarebbero stati in caso di appartenenza all’Ue”, oltre alla fuga di vari imprenditori spaventati dal limbo, come ha dimostrato qualche tempo fa anche uno studio di Ernst e Young che ha addirittura quantificato in un triliardo di sterline la perdita potenziale e totale di asset in Regno Unito. Secondo Bloomberg, queste circostanze avrebbero abbassato la crescita britannica dal circa 2% all’anno all’1%, ovvero la metà. E la forbice potrebbe continuare. 

Tuttavia, secondo un recente studio del Fondo monetario internazionale, il Regno Unito potrebbe crescere comunque di più di Francia e Germania nonostante la Brexit, qualora dovesse strappare un accordo favorevole nelle prossime trattative con l’Ue. Ecco perché ora siamo a un punto decisivo. Dal 01 marzo, infatti, inizieranno i delicatissimi negoziati tra Regno Unito ed Unione Europea sui rapporti futuri tra i due blocchi.

C’era da aspettarselo, anche se questi dati hanno tutto il carattere della provvisorietà e della parzialità. Gli inglesi si sono infilati in un brutto tunnel, non c’è stato verso di farli ragionare, stanno perseverando nei loro errori. Se lo scotto di questa scelta sbagliata lo pagassero solo i diretti interessati, me ne rammaricherei fino ad un certo punto: chi si loda s’imbroda! Lo hanno voluto e ne soffrano tutte le conseguenze.

La brexit soffre però di due caratteristiche molto inquietanti. La prima riguarda la sua irreversibilità: è pur vero che al mondo non esiste niente di immutabile, ma tornare indietro sarà quasi impossibile e quindi l’Europa dovrà ripensarsi in aperta conflittualità economica, e non solo economica, con il Regno piuttosto disunito della Gran Bretagna. La domanda impertinente è: l’uscita della Gran Bretagna spingerà i restanti paesi europei a stringere nuovi e più importanti patti fra di loro oppure aprirà culturalmente e politicamente una breccia attraverso la quale tenteranno di passare altri, quanto meno per allentare i già deboli vincoli comunitari e retrocedere la UE a mero coacervo di affaristi in vena di scannarsi a vicenda?

La seconda caratteristica della brexit è quella di globalizzare i danni e le beffe di una scelta sconsiderata operata da un solo paese. Come per la elezione di Donald Trump, anche per l’uscita dalla UE molti ributtano la palla nella tribuna inglese: si arrangeranno, l’hanno voluta, se la godano tutta. I dati richiamati in premessa potrebbero ulteriormente indurre in questa tentazione dello scaricabarile. Purtroppo gli effetti saranno a cascata su tutti i paesi europei, anche perché la brexit coincide, non a caso, con l’avvento dell’era trumpiana, con lo spirare cioè di un vento sovranista le cui raffiche si sentono e si soffrono in tutto il mondo. Trump ha soffiato e continua a soffiare sul fuoco antieuropeo, mettendo a soqquadro la storica alleanza tra il vecchio continente e gli Usa, pilastro dei pur faticosi equilibri post bellici.

L’ultima considerazione la riservo alla classe dirigente protagonista della brexit e del suo svolgimento. C’è modo e modo per uscire di casa: si può farlo in punta di piedi, si può chiedere scusa, ci si può separare rimanendo più o meno amici. Si è scelto di sbattere violentemente la porta fregandosene altamente di tutto e di tutti. Gli ultimi dettagli contrattuali li gestirà Boris Johnson, garanzia di trivialità, irresponsabilità e incompetenza. Fra qualche mese avremo purtroppo la rielezione di Trump e tutto sarà ancor più difficile. Quando osservo le facce e gli atteggiamenti di questi due personaggi, mi prende una sorta di angoscia: non riesco a fregarmene, lasciando la palla alle giovani generazioni. Ci vorrebbero le sardine anche a livello europeo e mondiale. Battere Salvini in Emilia-Romagna è stato relativamente semplice. Per mandare a casa Johnson e Trump la vedo dura.

Non mi stancherò mai di ricordare cosa successe in Scozia durante la campagna elettorale referendaria sulla brexit.  Per quanto concerne gli scozzesi assistiamo infatti al paradosso di un acceso indipendentismo che si spegne sulla soglia dell’Europa, come se un individuo non sopportasse di vivere in una casa con tre o quattro abitazioni e finisse col preferire un grosso condominio: ma non è così semplice, anche se risulta curiosa la rabbia degli scozzesi, i quali si  butterebbero volentieri nelle caute braccia dell’Europa, a sua volta preoccupata di innescare processi a favore di tutti gli indipendentismi sparsi nel continente. La propensione scozzese, seppure almeno in parte strumentale rispetto alle loro mire indipendentiste, verso l’Unione europea, è sfociata in rabbia ed ha trovato, per ironia del destino, un ulteriore motivo di ribellione nelle parole proferite proprio in Scozia nei giorni del referendum dall’aspirante candidato repubblicano alle presidenziali americane, Donald Trump: «Vedo un reale parallelo fra il voto per Brexit e la mia campagna negli Stati Uniti». Come riferiva Pietro Del Re, inviato di Repubblica, nel pub di John Muir a Edimburgo, quando Trump è apparso in tv, tutti i clienti si sono avvicinati allo schermo. Poi, hanno tutti assieme cominciato a urlargli insulti di ogni genere, il cui meno offensivo è stato senz’altro pig, porco. Adesso la porcilaia è aumentata nei protagonisti: si è aggiunto Johnson.

Rimanendo in tema di porcilaie, riprendo la gag tra due supponenti progettisti, due ingegneri che si scambiavano complimenti, ma che si erano dimenticati di prevedere l’uscio della porcilaia.  “Méstor mi e méstor vu e la zana d’indò vala su?”  direbbe mia nonna. Individuare i due goffi costruttori non è difficile, più problematico è il discorso della “zana”, la recalcitrante scrofa che dovrebbe entrare: speriamo non si tratti dell’Unione europea…