Le sardine protestano contro l’inscatolamento di Zaki

Gli studenti, da che mondo è mondo, sono sempre stati in prima linea nelle battaglie contro i regimi autoritari di destra e di sinistra. La loro età, i loro strumenti culturali, il loro entusiasmo, il loro coraggio li portano a ribellarsi e quindi ad esporsi a gravi rischi di repressione personale e sociale. La regola è confermata dal recente caso di Patrick George Zaki, il ragazzo egiziano studente a Bologna arrestato al Cairo.

Come scrive “Il fatto quotidiano”, il team difensivo di Patrick George Zaki è passato al contrattacco, dopo che il tribunale del riesame di Mansoura ha respinto la richiesta di scarcerazione, e denuncia ufficialmente le torture da parte della sicurezza egiziana nei confronti dello studente dell’università di Bologna. E proprio per stabilire la verità sull’arresto, si chiede l’acquisizione dei filmati di sicurezza dell’aeroporto del Cairo nella giornata del 7 febbraio scorso, quando lo studente è stato fermato dagli uomini di Abdel Fattah al-Sisi. Una mossa che ha permesso loro di entrare in possesso delle accuse ufficiali, messe nero su bianco sul verbale di fermo, mosse nei confronti dello studente: “Tentativo di rovesciare il regime”, “uso dei social media per danneggiare la sicurezza nazionale, propaganda per i gruppi terroristici e uso della violenza”. Inoltre, nelle due pagine si trova anche la smentita del Cairo alle accuse di tortura avanzate da più parti e la richiesta ai media di non diffondere informazioni in contrasto con quelle ufficiali. Tutto come da solito copione.

Dalla piazza romana delle sardine è venuta una forte protesta: i quattro fondatori bolognesi all’ultimo minuto hanno dato forfait perché bloccati a Bologna, a preparare con l’ateneo una manifestazione in sostegno del giovane. «Di Maio era vergognosamente qui a farsi i selfie mentre ogni ora che passa Patrick è nelle mani dei suoi torturatori e l’Italia perde l’occasione di essere capofila in difesa dei diritti umani», attacca Donnoli: «si fanno prevalere gli interessi commerciali». Un attacco violentissimo al ministro degli Esteri: «Gli chiediamo di ritirare il nostro ambasciatore e lavorare perché lo facciano anche gli altri Paesi democratici, e che si attivi a dichiarare l’Egitto Paese non sicuro».

In questi casi rispunta sempre la dicotomia tra la difesa dello stato di diritto e il ripiegamento sulla ragion di stato. Diventa poi oltre modo difficile coniugare la fermezza della protesta con la morbidezza della diplomazia. Sono portato istintivamente, anche se non sono affatto giovane, a schierarmi a favore di una linea decisamente forte e chiara. La storia insegna che le vie troppo diplomatiche hanno creato autentici disastri ai danni della democrazia. Si stanno alzando voci di condanna verso i comportamenti antidemocratici di questo Paese, anche considerando i precedenti della gravissima vicenda della morte in Egitto del giovane ricercatore Giulio Regeni.

Attenti però a non farne una questione di polemica politica di carattere interno, solo una occasione di attacco contro il pur penoso ministro degli Esteri, il grillino Luigi Di Maio, tutto intento alle proprie tattiche movimentiste più che alla difesa della dignità nazionale. Capisco perfettamente l’ansia distintiva delle piazze sardine rispetto a quelle grilline e la volontà di allargare la visuale critica, fino ad ora troppo schiacciata su Matteo Salvini e la sua Lega, per arrivare a chiedere che destra e sinistra cambino strada. Se i decreti sicurezza targati Matteo Salvini «vanno abrogati», il ministro degli Esteri Luigi Di Maio è «indecente» e anche il Pd ha la sua parte di colpe per il memorandum Italia-Libia che è una vergogna.

Ho la netta impressione che le sardine urlino in piazza ciò che il popolo di sinistra pensa da tempo. Governare però è qualcosa di diverso e di molto più problematico: ciò non toglie che il partito democratico debba accettare la sfida e che le sardine debbano dialogare dignitosamente col PD. E con chi dovrebbero confrontarsi, se non col PD. I furbetti intravedono il movimento delle sardine come una costola barricadiera del PD e le sardine più barricadiere temono di essere strumentalizzate dal PD. Lasciamo che ognuno faccia il proprio mestiere: mi sembra presto per fare una sintesi. Intanto proviamo a fare qualcosa per Zaki, anche se dobbiamo ricordare che le battaglie per la libertà non sono passeggiate e chiedono purtroppo di mettere a repentaglio anche la stessa vita. Contestare i regimi dittatoriali, più o meno camuffati, non è uno sport, è una testimonianza durissima a cui tutti dobbiamo partecipare nei limiti del possibile, facendo magari anche un pensierino all’impossibile.