Il trucco non serve alle facce di tolla

Mia sorella era grande ammiratrice di Indro Montanelli, non per le sue idee politiche, ma per il suo approccio ai fatti e soprattutto alle persone. Quindi, quando apparve in prima battuta sulla scena fiorentina Matteo Renzi con tutto il suo profluvio di ambiziose e bellicose mire, andò a prestito dal criterio sbrigativo suggerito dal grande giornalista per giudicare le persone: “guardategli la faccia…”. E infatti mia sorella d’acchito sentenziò riguardo a Renzi: «Che facia da stuppid!». Non ebbe purtroppo tempo di vederne la scalata ai massimi livelli del partito e del governo e quindi non sono in grado di sapere cosa ne avrebbe pensato in seguito e cosa ne penserebbe oggi.

Io fui stranamente, fin dall’inizio, assai più possibilista e tentai di apprezzarne il piglio decisionista, perdonandogli la evidente e spregiudicata ansia di potere nonché la riprovevole scorrettezza nei rapporti con i colleghi a tutti i livelli. La pur breve fase governativa renziana mostrava non pochi aspetti interessanti di novità e di cambiamento. Poi, strada facendo, l’esagerazione nel personalizzare e generalizzare la spinta riformista, la chiusura nel guscio della propria cerchia di pochi e discutibili eletti, l’incapacità di tenersi collegato al territorio trascurandone la classe dirigente, la narcisistica, logorroica e irrefrenabile ricerca del consenso, la smisurata autostima e la pericolosa disistima verso gli altri hanno fatto esplodere il pallone gonfiato. Ci rimasi male, molto male, gli avevo concesso consenso e voto e mi trovavo molto deluso.

Da quando è uscito dalla scena governativa Matteo Renzi non ne ha più imbroccata una, dando libero sfogo ai suoi peggiori difetti. È costantemente alla ricerca di una ribalta fine a se stessa, ha perso il controllo e mi stupisce che tanti (per la verità pochi e non buoni) lo seguano, intestardendosi a considerarlo un leader, quando in realtà e leader solo ed unicamente di se stesso.

L’ultima apparizione a Porta a Porta, tribuna ideale per chi vuole stupire col nulla, ha portato il vaso al massimo della pienezza: ha detto tutto e il suo contrario. Da rottamatore di provata esperienza a sindaco d’Italia di velleitaria prospettiva; da dinamitardo antigovernativo a riformatore istituzionale; da uomo di parte a uomo al di sopra delle parti; da politicante a stratega, da anticontiano a vittima contiana; da pannolone assorbente a crema repellente. E non è ancora finita. Ogni giorno una polemica vecchia di zecca. Ogni occasione è buona per sparigliare le carte e cominciare un gioco nuovo.

Posso essere stanco? Tutti i media lo prendono in considerazione e mi costringono a seguirlo nel suo assurdo tourbillon politico: parla, parla, parla…Basta! Un po’ di protagonismo ci vuole, ma tutto dovrebbe avere un limite. Non mi sento più nemmeno di valutare le sue cangianti proposte. Lo lascino dire e se avrà qualche seguito, ne riparleremo. Due deputati, una proveniente da Liberi e uguali, l’altro dal Pd, hanno portato la consistenza dei gruppi parlamentari di Italia viva rispettivamente a 30 deputati e 18 senatori. Poca roba, sufficiente però a creare scompiglio e confusione. Il problema è che Renzi non vuole (per furbizia) e non può (per ostacoli procedurali e tempi istituzionali) puntare ad elezioni politiche anticipate e ravvicinate, quindi tende a tenere a bagnomaria governo e parlamento collocandoli sopra la sua pentola in continua ebollizione.

Non è l’unico politico che concepisce la politica solo in funzione della sua protagonistica presenza. All’inizio ci si può anche cascare, poi… Sono sicuro che, se oggi, a distanza di parecchio tempo, chiedessi a mia sorella un giudizio su Matteo Renzi, mi risponderebbe alla sua maniera: «Non mi ero sbagliata, aveva ragione Montanelli, quando uno ha la faccia da stupido purtroppo col tempo si rivela tale”. Giudizio politico s’intende!  Non mi permetterei mai e poi mai di parlare male della persona: ci sta pensando già lui a parlare.