I capponi pentastellati di Grillo

Pur con tutta la possibile e pietosa comprensione, pur con il doveroso rispetto verso gli sconfitti, non posso esimermi dall’osservare, con ironica ed umoristica puntualità, la reazione litigiosa all’interno del M5S dopo l’ennesima debacle elettorale, che sta portando questa formazione politica dagli altari della protesta alla polvere del consenso in via di sparizione.

Il movimento ha potuto reggersi sulla facile e generica onda protestataria, sull’equivoco del “né di destra né di sinistra”, sulla verve affabulatoria di Beppe Grillo, sulla imprenditoriale e rivoluzionaria informatizzazione di Casaleggio, sulla dabbenaggine dell’insicurezza di tanti, sulla strumentale omertà di molti. Poi, bruciando le tappe, è entrato nella stanza dei bottoni e lì è cascato l’asino: non ne hanno più indovinata una e la gente ha fatto presto a scrollarseli di dosso.

Gli osservatori ed i commentatori politici si chiedono se la sorte pentastellata sia ormai segnata o possa essere in qualche modo e in qualche misura recuperabile. Bisognerebbe, come minimo, mettere indietro le lancette del tempo, riandare al dopo elezioni del 2018 e ricominciare tutto daccapo. È impossibile, quindi…

L’unica dignitosa via di uscita sarebbe quella di ripensare una umile strategia fatta di contenuti plausibili, sulla base della quale dialogare e governare con l’unica forza politica potenzialmente disponibile, vale a dire il partito democratico, al quale occorrerebbe fare iniezioni di pazienza a base di paura elettorale. Invece la litigiosità, tenuta fino ad ora relativamente sotto traccia, sta esplodendo e dà l’impressione di chi pensa già alla spartizione delle spoglie piuttosto che l’idea di chi punta a tenere in vita il moribondo in attesa del miracolo.

Sì, perché occorrerebbe proprio un miracolo per rimettere in piedi il M5S. Ebbene a fronte di questa emergenza il penoso reggente pentastellato ha trovato il modo di rivendicare ancora il numerico primato parlamentare e il conseguente peso a livello governativo. Pura follia politica! Questi sono i testardi atteggiamenti di chi si vuol far cacciare fuori con onore (?). Luigi Di Maio, il comandante che abbandona la nave quando comincia a sprofondare, rimprovera a Giuseppe Conte di appoggiarsi troppo al Pd nella sua azione di governo. E a chi dovrebbe fare riferimento? All’armata Brancaleone dei grillini in rotta? Qualche grillino duro e puro parla di scissione? Dividere quel che non c’è risulta un’operazione molto difficile. Altri pensano di tornare al vecchio amore “litigarello” con la Lega: ve li immaginate i reduci che si presentano al nemico per chiedere pietà? I più gettonati parlano di rilancio e di ritorno allo spirito iniziale. Come detto sopra, la storia non torna indietro e quindi queste sono parole velleitarie, che servono solo a perdere tempo o, se si vuole, a guadagnare il tempo necessario per morire lentamente e nel modo più indolore possibile.

Mi piacerebbe avere un colloquio franco e amichevole con Beppe Grillo: chissà cosa direbbe fuori dai denti. Forse l’unica soluzione sarebbe proprio che Grillo riprendesse in mano la situazione, facesse pulizia di nani e ballerine, si spendesse in prima persona, si liberasse cioè in fretta dei capponi. Qualcuno si ricorderà della metafora suggerita dal Manzoni ne “I Promessi Sposi”, quando descrive Renzo che va dall’avvocato Azzeccagarbugli portandogli in dono quattro capponi, che tiene in mano stringendoli per le zampe legate insieme e a testa in giù, con le povere bestie “le quali intanto s’ingegnavano a beccarsi l’una con l’altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura”. Il problema è però che Grillo assomiglia molto all’avvocato Azzeccagarbugli e allora…