La tavolozza europea

Ho sempre ritenuto che il partito dei verdi a livello europeo abbia una sua ragion d’essere anche perché riesce a sintetizzare la sensibilità alle tematiche ambientali con una convinta ma critica adesione all’integrazione europea e con una visione socio-economica modernamente di sinistra. Non ricordo con precisione ma per ben due volte alle elezioni europee ho votato per questo partito anche se in Italia presenta solo una pallida e confusa immagine del movimento ecologista.

La storia politica italiana contiene due anomalie rispetto a quella europea: nel secondo dopoguerra nel nostro Paese, a differenza del resto d’Europa, non si è affermata una presenza significativa del socialismo democratico, che ha fatto prima da sgabello al Pci e poi alla Dc, senza trovare una sua ragion d’essere autonoma.

Mio padre, per mentalità e cultura, era un socialista senza socialismo (almeno a livello nazionale) e questo lo si deduceva da come spesso sintetizzava la storia della sinistra in Italia, recriminando nostalgicamente sulla mancanza di un convinto ed autonomo movimento socialista, che avrebbe beneficamente influenzato e semplificato la vita politica del nostro Paese. ma credo fosse stato assai deluso dal vizio storico dei socialisti italiani di legarsi acriticamente al carro comunista prima e di giocare al miglior offerente tra comunisti e democristiani poi.

L’altra più recente anomalia riguarda proprio la scarsa e fragile proposta ecologista relegata nei salotti e lontana dall’anima popolare: una credibilità politica verde ci avrebbe probabilmente risparmiato certo avventurismo protestatario e avrebbe offerto una proposta agibile per il mondo giovanile. Non è un caso infatti che i verdi siano il partito che, europeisticamente parlando, riesce a trovare anche un minimo di continuità positiva con le idealità e le lotte sessantottine.

Niente di strano che a livello di Parlamento europeo i verdi abbiano messo il dito nelle piaghe grilline, rifiutando sdegnosamente e motivatamente un’alleanza con il M5S. Mentre gli italiani sono caduti nella trappola dei vaffa, salvo uscirne alla spicciolata negli ultimi tempi, i verdi hanno perfettamente capito l’antifona delle contraddizioni di un antipartito, che ha tutti i difetti dei partiti tradizionali e nessun pregio. Sono sostanzialmente due i pesanti appunti che vengono fatti ai pentastellati: l’equivoco e condizionante  cordone ombelicale con la Casaleggio Associati fino a rappresentare, come sostiene Jacopo Iacoboni nel suo lucido, disincantato e documentato libro “L’esperimento”, una vera e propria moderna configurazione di partito-azienda; la mancanza di retroterra storico e culturale che li mette in balìa degli “ismi” in voga e che li induce in brutte compagnie a livello, prima interno e poi internazionale.

Stupisce la lucidità con cui da lontano i verdi riescono a interpretare la politica italiana: se in sede nazionale quel che resta del grillismo mantiene un suo seppur clamorosamente calante appeal, fuori dai confini italiani le balle stanno in poco posto e le sue contraddizioni emergono chiaramente. Non è un caso se il M5S non riesce ad accasarsi dignitosamente nel Parlamento europeo: noi pensiamo di essere i più furbi del gruppo, ma invece siamo i più ingenui allo sbaraglio dilettantesco. Le critiche verdi (non provenienti dalla Lega autrice di un vero e proprio scippo cromatico) ci dovrebbero interessare anche se non riusciranno a rigenerare i gialli: il giallo è infatti un colore primario, lo dovrebbero ben sapere i piddini rossi, che rischiano l’arancione.