La (s)quadratura della prescrizione

Tutto è politica, ma non tutto può rientrare nella bagarre partitica. Uno dei motivi su cui le forze, che sostengono o dovrebbero sostenere l’attuale governo, per la verità succedeva anche per quello precedente, stanno litigando è la riforma legislativa dell’istituto della prescrizione. La cosiddetta prescrizione della pena si basa sull’idea che sia incongruo far eseguire una pena nel caso in cui dalla pronuncia del provvedimento di condanna (o dalla sottrazione volontaria del reo all’esecuzione della pena) sia decorso un dato periodo di tempo. Questo periodo di tempo lo si vorrebbe allungare per evitare di premiare, con i tempi biblici della giustizia, i furbi che tergiversando finiscono col farla franca.

Non entro nei meccanismi giuridici e nemmeno nel merito dei principi: troppo difficile per me. Lo stanno già facendo, con poca o tanta cognizione di causa fior di esperti e di commentatori. Voglio solo soffermarmi su una questione pregiudiziale. Non credo che un simile argomento possa formare oggetto di un programma di governo e di una trattativa a tale livello. Sono in gioco questioni troppo elevate e troppo delicate per farne oggetto di diatriba partitica. Occorrerebbe l’umiltà di discutere, prescindendo dalle scelte di schieramento, uscendo dalla fasulla contrapposizione fra garantismo e giustizialismo che da tempo imprigiona la legislazione, la giurisprudenza e la dottrina.

L’esigenza di salvaguardare il diritto dell’imputato alla ragionevole durata del processo deve essere coniugata con la necessità di assicurare alla giustizia chi si rende responsabile di reati penali: il compromesso deve essere trovato mediando fra questi sacrosanti principi, non con patti partitici del do ut des, non cercando medaglie elettorali nella lotta alla corruzione e alla delinquenza.

Esistono questioni che vanno stralciate dalla lotta politica ed affrontate con una visuale di livello superiore. Credo che le regole sulla prescrizione rientrino appunto in questa categoria. Il governo dovrebbe rimettere il problema al Parlamento e il Parlamento dovrebbe affrontarlo al di fuori degli schemi di partito, non abdicando al proprio ruolo, ma ascoltando il parere di esperti per poi decidere a ragion veduta e non sulla spinta contingente e faziosa. Ci si provi almeno, abbassando i toni della discussione ed approfondendo cause ed effetti della materia.

Invece purtroppo stiamo assistendo ad una battaglia squisitamente politica fra i partiti e squisitamente ideologica fra le diverse correnti di pensiero. Forse chiedo troppo alla bassa politica, vale a dire di fare un passo indietro e all’alta politica, vale a dire di usare il fioretto di tipo costituzionale e non la clava di carattere polemico. C’è un clima tale per cui alle argomentazioni prospettate da una parte si collega immediatamente un interesse di partito, se non addirittura personale. Alla fine in qualche modo troveranno la quadra. In qualche modo!