I pulpiti, le prediche e…le piazze

Se in tutto il mondo le formazioni politiche collocabili a sinistra soffrono un consistente calo di consensi e regalano alle destre categorie di cittadini, intere zone e periferie tradizionalmente schierate a sinistra, ci saranno motivazioni non solo di ordine tattico, ma di carattere ideale e politico. Non sono quindi certamente fra coloro per i quali “tutto va ben madama la sinistra”. È inoltre una caratteristica dei partiti di sinistra esercitare una forte autocritica al limite del purismo ideologico e del masochismo tattico.

Non essere soddisfatti di un certo andazzo dei partiti progressisti costituisce per me lo sfondamento di una porta aperta. In politica nessuno ha la verità in tasca, da tutti c’è da imparare e non sopporto chi con tanta supponenza spara ricette facili e decisive. Il cammino da compiere dovrebbe essere quello di ascoltare anche e soprattutto le voci critiche, rifletterci sopra seriamente e approfonditamente per poi arrivare a decisioni significative sul piano strategico, programmatico e della conquista del consenso.

Sono però stanco di ascoltare raffiche di prediche a livello giornalistico e politologico rivolte snobisticamente alla sinistra, come se fosse rappresentata e costituita ai vertici da un’armata Brancaleone di coglioni alla ricerca di mera sussistenza. Tutti questi solerti critici sputano sentenze da dubbi pulpiti e con improvvisata vena di analisti: a loro dire mancherebbe l’identità, la spinta a rapportarsi con i ceti sociali di riferimento, la capacità di incarnare i valori nella storia contemporanea, il coraggio di coniugare la tradizione con la modernità, l’abilità di tradurre in pratica le idee fondanti, l’acutezza di capire la novità e di cavalcarne gli spunti.

Sono critiche generiche ed inconcludenti, molto spesso contraddittorie, secondo le quali la sinistra sbaglia se è radicale, sbaglia se è manovriera, sbaglia se è pragmatica, sbaglia se è ideologica. In poche parole sbaglia sempre. Mio padre, con la sua abituale verve ironica, così sintetizzava lo scontro fra generazioni: «Quand j’éra giovvon a säve i véc’, adésa ch’a són véc’ a sa i giovvon…». Intendeva sdrammatizzare gli insopportabili schemi sociologici, che ci assillano con le loro sistematiche elaborazioni dell’ovvio. D’altra parte è come nella vita di coppia. Quando non c’è accordo, qualsiasi parola o azione è sbagliata. Meglio tacere e non fare nulla. È quanto, in fin dei conti, molti “falsi criticoni” desiderano ardentemente. Concludeva rassegnato: Con chil bàli chi, mi an so mai…».

Ecco perché, quando ascolto tanta e poco credibile gente, che vuole insegnare a fare la sinistra alla sinistra, cambio canale, esco da internet, chiudo il giornale. Ecco perché invece sono molto interessato alle piazze “sardinere”, che non pontificano, ma gridano un desiderio di cambiamento e vorrebbero spingere la sinistra a rivedere tanti suoi schemi di comportamento. Sono credibili queste persone più o meno giovani? Certamente più dei frequentatori abituali dei salotti televisivi, perché, a differenza dei soloni catodici, sono spontanee, vere, sincere e provocatorie. Cantare “bella ciao” per i commentatori della politica è un anacronismo imperdonabile e infruttifero e loro la cantano a squarciagola. Chiedere giustizia sociale per gli osservatori della politica è pura demagogia e loro la chiedono insistentemente. Potrei proseguire, ma penso di avere chiarito il concetto. Occorre togliere il monopolio delle piazze al populismo di destra per restituirlo al popolarismo di sinistra.

Non si tratta di fare un bagno di giovanilismo, ma di cogliere le spinte popolari e di farne tesoro. Ho ripetutamente ricordato e lo rifaccio volentieri ancora una volta: durante le animate ed approfondite discussioni con alcuni carissimi amici, uomini di rara coerenza etica e politica, agli inizi degli anni novanta si constava come alla politica stesse sfuggendo l’anima, come se ne stessero andando i valori e rischiasse di rimanerci solo la “bottega” ed al cittadino non restasse che scegliere il “negozio” in cui acquistare il prodotto adatto alla propria “pancia”. Fummo facili profeti. La gente preferisce comprare da chi vende facili illusioni e allora forse bisogna recuperare in magazzino la merce di qualità, quella che stupisce e affascina anche se costa cara, ma di cui vale la pena pagare il prezzo. La gente capirà? Bisogna almeno provarci seriamente.