I partiti frettolosi fanno i ministri ciechi

Qual è il dato politico emergente dal dibattito in Parlamento sul cosiddetto “salva-stati”, vale a dire un accordo europeo per la concessione di aiuti ai Paesi che versano in difficoltà finanziarie? La bile leghista vomitata dal suo leader Salvini e l’imbarazzo del M5S e soprattutto del suo presunto capo Luigi Di Maio di fronte a quanto esposto dal premier Conte: la trattativa con la UE era stata aperta e condotta quasi a termine dal precedente governo, mentre le due forze che lo esprimevano e lo sostenevano affermano di non essere stati informati della cosa e di averne preso le distanze con un documento approvato a babbo morto in Parlamento, che invitava appunto il governo a rivedere la questione.

La querelle viaggia sul filo della comicità. È possibile che ministri e sottosegretari non avessero alcuna informazione e non si fossero resi conto della partita che si stava giocando a livello europeo? Ammettiamo pure che non abbia funzionato il tam-tam ufficiale del governo, ma è credibile che i due vice-presidenti del Consiglio (Di Maio e Salvini), i quali marcavano strettissimo il premier al punto da sembrare autentici commissari, si fossero distratti mentre Conte e Tria discutevano in sede europea i patti su importanti questioni di carattere politico-finanziario? Se ne parlava e se ne scriveva. Al cittadino medio può anche essere sfuggito, a chi siede al governo del Paese e vuole rivoltarlo come un calzino non è ammissibile che sia sfuggito. Con ogni probabilità questi signori mentre stavano al governo, anziché governare pensavano a fare propaganda elettorale sui temi a loro cari e a tirare l’esecutivo per la giacca sugli argomenti a loro preferiti. Non trovo altra plausibile spiegazione.

Allora i casi sono due: o leghisti e pentastellati non erano in grado di assolvere responsabilità di governo per incapacità, incompetenza, impreparazione, inesperienza, oppure intendevano governare non il Paese ma gli elettorati di riferimento, propinando loro ricette virtuali e miracolistiche a prescindere dai veri problemi sul tappeto. Scelgano la versione più adatta, altre sinceramente non ne vedo. Di conseguenza cadono nell’assurdo le accuse a Giuseppe Conte di falsificare le carte e le procedure. La Lega sfoga l’imbarazzo con invettive offensive ed indecenti; Di Maio sembra un cane bastonato accucciato ai piedi dell’attuale governo e pensa di azzannarlo per ricuperare dignità e identità. Lega e FdI si pongono il problema di individuare il mentitore tra Conte, Tria e Gualtieri: in realtà sono loro che stanno raccontando un film partendo dalla fine e non dall’inizio.

Dopo di che nel merito si continua a truccare gli argomenti. La Lega se lo può permettere in quanto ha scelto a priori di duellare sempre e comunque: contro gli alleati di qualche tempo fa, contro il premier, contro l’Europa, contro il PD, etc. etc. Il M5S non se lo può permettere perché è ancora sulla barca governativa, anche se ha una voglia matta di farla affondare, perché è in netto calo di consensi, anche se muore dalla voglia di tornare alle urne, perché si vede scavalcato dalle “sardine”, anche se chissà cosa pagherebbe per metterci sopra il cappello, perché sente di aver bisogno di un bagno demagogicamente rigeneratore, anche se il bagno aprirà ancor più le ferite.

Mentre Salvini ha scelto di cavalcare le paure stando sulla riva e gridando continuamente “aiuto!” (uno strano bagnino), i grillini sono rimasti sulla nave e viaggiano sull’orlo dell’ammutinamento (uno strano nostromo). Mentre la Lega si è spostata sulle piazze e tratta il Parlamento alla stregua di una qualsiasi piazza, i pentastellati si trovano spiazzati e litigano tra di loro sui banchi parlamentari. Tra le due forze non si capisce chi sia più di opposizione. In compenso in questo gioco al massacro li sta aiutando anche Matteo Renzi: in grossa difficoltà, probabilmente maledice il giorno in cui ha deciso di fondare un nuovo partito, che sembra stare sulle palle a tutti.