Le donne e i cani in moschea

Stando al bel reportage del mensile Jesus, nel Kosovo, il più giovane Stato d’Europa, i leader religiosi hanno deciso di invertire la rotta: cento mualime, predicatrici femminili dell’Islam, si adoperano come guide spirituali e con le altre donne discutono di diritti e di Corano. Per consuetudine, le donne islamiche dovrebbero pregare a casa e non in moschea, ma in Kosovo le autorità religiose stanno contrastando questa tendenza, promuovendo la presenza di donne come insegnanti spirituali nelle moschee. La decisione di incoraggiare la presenza delle donne nelle moschee rivelerebbe un modo per rendere l’approccio del Kosovo all’Islam più equilibrato, in un momento storico in cui la fede coranica è percepita come opprimente nei confronti delle donne e di tutta la società. Infatti sembra che il discorso femminile faccia da detonatore a tutta una serie di novità culturali, miranti all’evoluzione dell’intera società condizionata dall’interpretazione ed applicazione retrograda della fede islamica.

In Iran un religioso ha denunciato due donne perché portavano a passeggio i cani e loro lo hanno aggredito. Dal gennaio scorso Teheran ha deciso di attuare una dura repressione verso tutti i proprietari di cani, imponendo una serie di regole per vietare la presenza degli animali domestici in ogni spazio pubblico della capitale dell’Iran. Un divieto giustificato per le autorità dal fatto che i cani “creano paura e ansia” tra i cittadini, ma in realtà i cani vengono considerati “sporchi” e un “simbolo della politica filo-occidentale della monarchia estromessa”. Si tratta di un portato della Rivoluzione Islamica del 1979. A prescindere dal merito della questione canina e dalla reazione violenta delle donne di cui sopra, fa piacere notare come un tabù più o meno riconducibile all’Islam tradizionale sia messo in discussione proprio dalle donne.

Sono da sempre convinto che i Paesi arabi, soprattutto quelli a forte incidenza islamica, troveranno un loro riscatto democratico solo se le donne sapranno diventare protagoniste sociali e non si accontenteranno del ruolo matriarcale all’interno della famiglia e della casa. Ricordo di avere partecipato, molti anni or sono, all’assemblea di una cooperativa agricola situata in una zona montana del nostro appennino. Mi stupì l’attenta e folta presenza di donne in un ambiente ancora piuttosto maschilista. Mi spiegarono che il fatto era conseguenza del faticoso lavoro delle donne, a cui veniva delegata la gestione delle stalle, mentre i mariti si dedicavano ad altre attività (si potrebbe fare un po’ di ironia al riguardo rilevando in questa apparente e positiva novità partecipativa un trucco maschilista per scaricare fatica e responsabilità sulle donne con la riserva mentale di dominare comunque il resto delle aziende e della società).

Resta comunque il fatto che se le donne hanno il coraggio di uscire di casa, vuoi per lavorare, vuoi per pregare, vuoi per portare a passeggio i cani, la religione, la cultura e l’assetto sociale possono fare un virtuoso balzo in avanti. Il discorso femminile è il termometro per misurare la febbre (in)civile delle diverse società e dei diversi sistemi politici. In pratica tutte le società trovano purtroppo un filo in comune nella violenza contro le donne e di conseguenza la loro evoluzione positiva dovrebbe basarsi sulla emancipazione femminile.

La portata della questione femminile e sessuale è veramente grande e decisiva nella nostra cultura, ma anche e soprattutto in quella islamica, non solo quella dei fanatici fondamentalisti, ma di tutto l’Islam a cominciare dai cosiddetti musulmani moderati: la loro moderazione vuol dire rispetto per la donna, la sua dignità, il suo ruolo, la sua persona, la sua libertà? Se sì, dopo esserci dati anche noi una bella e sana regolata in materia, possiamo ragionare e percorrere un tratto di strada insieme; se no, tutto diventa un ipocrita gioco delle parti e diventeranno retoriche le domande seguenti. Basterà ai musulmani scendere in piazza per cambiare drasticamente l’atteggiamento pseudo-religioso e anti-culturale verso il mondo femminile? Cosa vorrà dire il fatto che in Kosovo ci sono donne impegnate in un progetto di secolarizzazione? Cosa significherà la reazione anche violenta delle donne iraniane al divieto di tenere al proprio fianco un cane? Cosa potrà dirci il fatto che a Ventimiglia una donna musulmana, entrando in chiesa, si sia tolta il velo in segno di rispetto, pur soffrendo quando cammina per strada e la chiamano terrorista? Che portata potrà avere l’ingresso delle donne in moschea? Sarà importante per le donne islamiche avere il diritto di nascondersi in tutto o in parte sotto un velo quasi a sottrarsi dal manifestare apertamente la loro corporeità femminile?

Le donne tutte, quelle musulmane, quelle cristiane, quelle ebree, quelle atee, non si illudano di ottenere diritti per gentile concessione, ma soltanto con lotte pacifiche, ma decise e coinvolgenti. Il mondo non cambia senza la protesta, la proposta e la partecipazione femminile. Riflettiamo gente…sapendo comunque che il “nuovo” viene dalle donne. Lo sapeva prima e più di noi Gesù di Nazaret.